Dopo la morte del Cavaliere, i figli devono scegliere se continuare a gestire l’impero o assicurarsi una serena esistenza da milionari. Ma è impensabile che la famiglia vada avanti rinunciando al partito (e al governo)

Il finanziere bretone Vincent Bolloré non è chiamato a caso «requin». Lo squalo s’è avventato con ferocia predatoria su Mediaset e Telecom e su altri salotti ben più ovattati d’Italia. E se la rete unica di Telecom è ancora un enigma avvolto in un mistero poiché il primo azionista Vivendi di Bolloré pratica un ferreo ostruzionismo per tutelarsi, il duello con Mediaset s’è risolto un paio di anni fa. La pace fu siglata dopo un colloquio fra Vincent e il vecchio amico-nemico Silvio Berlusconi. I loro ragazzi, cioè i figli, non s’erano capiti. È toccato ai papà.

 

Vivendi aveva tentato una scalata a Mediaset rastrellando azioni fino a sfiorare il trenta per cento, il sistema Italia l’aveva respinta (determinante fu l’intervento governativo in Telecom) e per troppo tempo i francesi hanno bloccato l’espansione europea del Biscione, che oggi si chiama MediaForEurope (Mfe), sede legale olandese ad Amsterdam, scatola con le partecipazioni più rilevanti da Mediaset Espana alla concessionaria Publitalia ’80, sostanzioso investimento nella tedesca ProSibenSat (peraltro lievitato a maggio al 28,8%). Oggi Vivendi detiene ancora una quota totale – inclusa quella affidata alla fiduciaria Simon – sopra il ventitré per cento, l’accordo prevede che entro il ‘26 si riduca e rimanga un 4,6 vendibile a qualsiasi prezzo.

 

Il controllo di Mediaset traslocata in Olanda è blindato. La prospettiva è un gruppo europeo che fabbrica contenuti per un pubblico generalista e si avvale di economie di scala per competere in un settore globalizzato. Gran parte del merito è di Silvio. Questa opzione – sfruttare il carisma e l’influenza politica del fondatore per risolvere garbugli – non è più valida per la famiglia. Le volontà testamentarie diranno quale e quante famiglie per un uomo che ha avuto una quasi moglie, due mogli, cinque figli, sedici nipoti, un pronipote appena nato. Oggi Marina ha il partito per il tramite di Gianni Letta e la guida di Fininvest (Mondadori), Pier Silvio ha le televisioni e il progetto europeo, invece i figli di Veronica Lario (Barbara, Eleonora e Luigi), più giovani, non sono coinvolti.

 

Marina e Pier Silvio vogliono emulare il padre e proseguire la carriera di imprenditori; Barbara, Eleonora e Luigi potrebbero rinunciare al controllo di Fininvest e godersi una serena esistenza di «cassettisti», nessuna decisione, nessuna magagna, nessun pericolo, soltanto dividendi.

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Il futuro di Mediaset senza Berlusconi non spaventa la Borsa che si prepara alle grandi manovre: i titoli di MediaForEurope a Milano e di ProSibenSat a Francoforte sono in crescita. Il mercato è pronto per il post Berlusconi. A L’Espresso risulta che Bolloré e Berlusconi, siglato il primo patto, ne abbozzarono un altro: Mediaset è invendibile, ma se si dovesse vendere, il compratore sarebbe Vivendi.

 

È presto per stabilire cosa ne sarà di Mediaset o di Forza Italia o del rapporto tra i figli di Berlusconi e la politica nazionale. Certamente, però, Mediaset potrebbe diventare una televisione normale, non così direttamente implicata in un conflitto di interessi non degno di un regime democratico, e contaminare i programmi delle rivali. Lo stesso ruolo di Vivendi in Telecom è strettamente legato al ruolo di Vivendi in Mediaset.

 

Affari e politica per i Berlusconi si mescolano ancora assieme. È impensabile che la famiglia si tenga Mediaset e molli Forza Italia e viceversa. Tutto. O niente.