Il ministro delle Infrastrutture commenta la sconfitta del Milan nel derby di Champions mettendola accanto al dramma maltempo in Emilia Romagna. E poi cancella tutto. Non è la sua prima gaffe, ma il segno che la sua carriera è alle battute finali

Solo lui poteva mettere insieme nello stesso tweet una comitiva di milionari svogliati al soldo dell’Ac Milan e gli alluvionati di Cesena. Ormai Matteo Salvini, per usare un termine del trotto, è in rottura prolungata. Offuscato dalla prestazione dei suoi rossoneri e magari anche dai risultati delle ultime amministrative, il leader leghista ha twittato martedì 16 maggio: «Cuore e impegno (e telefono che squilla di continuo) dedicati ai cittadini di Emilia e Romagna che lottano con l’acqua e con il fango. Un Milan senza cuore, idee e grinta non merita neanche un pensiero».

 

Sono le 23.01 e il derby in semifinale di Champions league si è appena concluso con la qualificazione dell’Inter alla finale di Istanbul.

 

Resta l’immagine plastica di un uomo, un tifoso come tutti, che tenta di guardare la partita mentre continuano a distrarlo con telefonate sull’emergenza meteo e che, nonostante questo, ha abbastanza presenza di spirito da difendere i cittadini sommersi e, allo stesso tempo, fornire una disamina obiettiva sulla prestazione dei brocchetti rossoneri.

[[ge:rep-locali:espresso:400491396]]

Qualcuno, sicuramente un invidioso, gli avrà fatto notare che i due eventi sono sì simultanei ma non proprio della stessa gravità. Mezz’ora dopo la pubblicazione, il tweet viene cancellato con certificazione definitiva della gaffe. Non che sia la prima. Magari non è nemmeno involontaria.

 

Capitano di una squadra che viaggia a ritmo da retrocessione nell’irrilevanza politica, Salvini è alla ricerca quotidiana di un pretesto di visibilità a costo di un gradimento in picchiata non solo da parte degli elettori ma anche dell’underdog Giorgia Meloni. Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture interviene a tutto campo su argomenti che vanno dalla giustizia sportiva ai migranti.

 

Diviso armocromicamente fra le felpe da birreria e la giacca con cravatta delle ospitate da Bruno Vespa, Salvini si interessa di tutto, mette bocca su tutto. In fin dei conti, le infrastrutture pericolanti di un paese dissestato sembrano in coda ai suoi pensieri, un bel po’ dopo le carenze prestazionali di Brahim Diaz e Pierre Kalulu.

 

Il Capitano quest’anno ha festeggiato un doppio anniversario tondo: il compleanno dei cinquanta e l’esordio in politica nell’anno di grazia 1993, in consiglio comunale a Milano. È chiaro che il suo modulo di gioco è sperimentato e, al contrario della melina del Milan di Pioli, procede per sintesi ardite. Salvini non studia i dossier, li percepisce in via di intuizione e formula slogan capaci di attirare il massimo dell’attenzione, secondo i dettami della società dello spettacolo. A volte il giochino riesce. È andata bene con il ponte fra Sicilia e Calabria dove l’attenzione mediatica è stata calamitata da un progetto tecnicamente irrealizzabile, salito nei costi a quota 13,5 miliardi, senza coperture finanziarie e con la miseria di 50 milioni di euro stanziati per la progettazione. Altre volte, arriva il flop che, come la sconfitta nel calcio, fa parte del gioco.

 

Certo il protagonismo a tutti i costi di Salvini non piace a tutti, nemmeno all’interno di una Lega che si è decisa a tenere in panchina mister Matteo per mancanza di alternative. Con gli alleati il discorso è più spinoso. Se il capo leghista doveva essere il problema della coalizione di centrodestra, è chiaro che il pronostico è stato rispettato. Ma anche la politica è un torneo a eliminazione diretta. Non è detto che Matteo arrivi in finale di legislatura.