Il Cavaliere ha fondato il proprio dominio politico e mediatico sul suo aspetto, facendone espressione dell’ideologia materialista ed edonista. E per esistere ancora, tenta la scalata finale al Colle

Nella straordinaria mostra dei Marmi dei Torlonia esposta al Campidoglio c’è anche il busto di Romolo Augustolo, l’ultimo imperatore romano, colui con cui finisce nel 476 d.C. l’Impero che aveva dominato per secoli il Mediterraneo e il mondo intero. La sua scultura è più piccola di quella degli altri imperatori che la precedono, e non poteva che essere così poiché Romolo fu nominato a capo dell’Impero adolescente. Mentre passavo in rassegna gli straordinari marmi della collezione, che raffigurano i grandi della storia romana, mi chiedevo come sia possibile che un uomo ultraottantenne possa ancora aspirare a guidare il nostro Paese ricoprendo la carica di Presidente, dopo che ne ha determinato i destini per oltre un ventennio, ben più degli anni in cui Benito Mussolini ha condotto l’Italia con gli esiti che ben conosciamo.

 

L’ambizione di Berlusconi non ha limiti. Com’è stato giustamente detto, ha superato ogni possibile immaginazione nell’ambito commerciale, mediatico e politico. Da re dell’etere ha costruito il suo piccolo impero televisivo e posto il proprio Ego al centro del destino stesso dell’Italia, operando in un modo che ha ben pochi precedenti se non nell’esaltazione fisica del corpo del Duce. Il corpo di Berlusconi è stato lo strumento principale del suo dominio: un corpo non bello, non seducente, non espressivo, ma che ha funzionato come il collante della sua stessa politica.

 

Nell’epoca dell’immagine, del dominio visivo dell’immagine fissa, la fotografia, e dell’immagine in movimento, il cinema e la televisione, Berlusconi s’è presentato sulla scena della politica come avevano fatto gli imperatori Romani, la cui bruttezza e persino volgarità è impressa nei marmi esposti in quella eccezionale rassegna di busti.

 

Da tempo il volto di Re Silvio non è più quello dell’uomo degli esordi, del palazzinaro di Milano 2, del fondatore della televisione commerciale, del padre e padrone di Forza Italia, che come Crono ha divorato i propri eredi restando alla fine solo. Le operazioni di chirurgia plastica hanno trasformato il suo viso in quello di una mummia. Al contrario dei faraoni, che si facevano mummificare per entrare nell’eternità grazie alla mediazione delle divinità dell’oltretomba, Berlusconi ha operato per conservare il proprio corpo in vita, poiché egli non crede in alcun modo all’esistenza di una realtà ultramondana. Per lui esiste solo questa vita. Questo è stato anche il messaggio posto al centro dell’ideologia materialista ed edonista che Silvio ha irradiato dal torracchione della sua antenna televisiva di Segrate, vero e proprio simbolo fallico del regno. Ma poiché nulla è eterno, neppure la fama degli imperatori romani, che pure si studiano a scuola e s’ammirano in ciò che resta delle loro mastodontiche ed ambiziose costruzioni, Berlusconi sa che l’unico corpo che possiede è quello che indossa ogni giorno.

 

A volte mi capita di chiedermi cosa Silvio veda ogni mattina al risveglio quando si rimira nello specchio del suo bagno privato, o quando si guarda nel riflesso delle superfici argentate della sua magione. Cosa vede? Un uomo anziano, immagino. O forse no.

 

Forse si vede come si è sempre visto a partire dall’età di trent’anni quando, mossa dopo mossa, ha costruito il proprio regno fondato sull’immagine. Come gli imperatori della distesa di statue esposte in Campidoglio vedrà sé stesso come era e non come è. A questo servivano i loro marmi: a fissare l’immagine del potere per l’eternità. Ma questa eternità non c’è più. Nell’età postmoderna incarnata perfettamente da Silvio Berlusconi l’unico tempo che conta è il presente. Come in quel disegno di Saul Steinberg, in cui è raffigurato un orologio che al posto dei numeri ha la parola Now, ora è sempre. Per questo Silvio cercherà di scalare il Colle. Ma l’ora negli orologi dorati della residenza presidenziale e quello della torretta del Quirinale scandiscono il tempo che passa battendo le ore con implacabile puntualità: Tempus fugit. E fugge anche per la mummia senza eternità del Capo.