Da domani Salvini dovrà fare i conti con le fratture all'interno del partito oltre che con le grane giudiziarie, che coinvolgono la nuova Lega: l'inchiesta per riciclaggio dei 49 milioni, quelle sul finanziamento illecito e per finire l'indagine della procura di Milano sul Russiagate leghista

Una giornata particolare per la Lega quella del 26 gennaio 2020. Nel pomeriggio elettorale di domenica, la portavoce di Matteo Salvini, Iva Garibaldi, ha pubblicato una foto su Facebook: abbracciata alla candidata presendete Lucia Borgonzoni, caricava i suoi con il motto di Mussolini dell'entrata in guerra, «Vincere e vinceremo», senza riflettere sul fatto che il giorno dopo si sarebbe celebrata la giornata della memoria per ricordare le vittime della Shoa. La carica con lo slogan del Ventennio, però, non ha funzionato. L'Emilia ha risposto. E non si Lega. La Calabria neppure, nonostante abbia vinto il centrodestra, dove peraltro il risultato era scontato. Lo era non tanto per meriti del leader leghista, piuttosto perché è dal 1995 che ogni cinque anni si alternano governi di colore diverso: una legislatura al centrodestra e una al centrosinista. Il partito di Salvini, quindi, non può esultare come avrebbe voluto. Il dato politico, dunque, è doloroso per il Capitano: la Lega non conquista la roccaforte del Pd e il risultato elettorale calabrese non incorona Matteo Salvini leader della destra italiana. Una sconfitta pesante per il capo leghista, che sognava l'Emilia e la Calabria sovraniste e si è ritrovato schiacciato dalla sua stessa e stanca retorica.

La Lega ha fallito l'operazione lungo la via Emilia. Qui gli elettori hanno bocciato Lucia Borgonzoni, oscurata dal leader leghista durante i comizi e nei giri di piazza. Del resto Borgonzoni non ha mai amministrato neppure un condominio e per gli emiliani chiamati a votare alle amministrative l'inesperienza ha un peso.

Seminare il panico su Bibbiano, poi, non ha sortito alcun effetto. La conferma ufficiale sta nei voti ottenuti dal Pd nel paese ostaggio della propaganda nazionalista. La narrazione oscura sui bambini strappati alle famiglie è stata respinta al mittente. È sufficiente farsi un giro per i paesi e le città della regione per comprendere quanto gli emiliani siano consapevoli dell'efficienza dei loro servizi sociali e delle politiche per le famiglie. Insomma, raccontare agli emiliani che Bibbiano incarna un sistema diffuso, una voragine che risucchia minorenni e li lascia orfani di mammè e papà, non solo non ha funzionato ma rasenta la fantascienza.

Resta, certo, la strumentalizzazione di questi mesi, questa sì sulla pelle dei bambini compiuta dalla Lega. L'ex ministro, in questo, è stato maestro di spregiudicatezza: il 23 gennaio sul palco di Bibbiano, in una piazza semivuota, ha invitato a parlare quattro genitori(solo una madre di Bibbiano) che hanno raccontato le loro storie di allontanamento forzato dai loro figli. Nella piazza del paese conquistata dalla Lega si faceva fatica a trovare un bibbianese. Un segnale di quanto sarebbe accaduto nelle urne. Tanto che il leader leghista,nella prima conferenza stampa dopo gli exit poll, nel lungo elenco di luoghi in cui è stato in campagna elettorale non cita Bibbiano.

Salvini sull'Emilia ha scomesso un pezzo della sua leadership. Ha polarizzato eccessivamente, come l'altro Matteo, Renzi, all'epoca del referendum costituzionale. Si è giocato tutte le carte possibili: dalla sofferenza delle famiglie, appunto, all'abito da sceriffo urbano alla ricerca di spacciatori nei quartieri popolari. Senza successo. E questo avrà conseguenze all'interno della Lega. Perché tra i militanti c'è ancora chi non ha digerito il nazionalismo. C'è chi attende la prima difficolta del segretario per provare a riportare il partito alla sua natura originaria: il partito del Nord.

Da domani Salvini, ormai ridimensionato, dovrà fare i conti anche con queste fratture. Oltreché con le grane giudiziarie che coinvolgono la nuova Lega per Salvini premier: l'inchiesta per riciclaggio dei 49 milioni, quelle sul finanziamento illecito e per finire l'indagine della procura di Milano sul Russiagate leghista.

Fratture interne alla Lega finora sopite dal successo di Matteo Salvini alle elezioni europee, un trionfo possibile soprattuto per il consenso raccolto al Sud. Come in Calabria, per esempio. Consenso che però alle elezioni regionali è calato molto. Ben lontano dall'oltre 22 per cento di maggio scorso, Salvini ha dovuto fare i conti con una classe dirigente per nulla nuova. E a poco è servito il tour del Capitano fin dentro la procura di Catanzaro per mostrarsi vicino al procuratore antimafia Nicola Gratteri, con foto annessa dell'ultimo libro scritto dal magistrato. Il problema della Lega calabrese sono i riciclati di altri partiti, in primis. Ma anche rappresentanti sul territorio con parentele ingombranti: dal deputato leghista con il suocero in carcere per estorsione aggravata dal metodo mafioso al consigliere comunale consuocero del boss del paese. In questa opacità è corso ai ripari dopo aver incassato ottimi risultati alle politiche del 2018 e alle europee del 2019. Ha nominato un commissario padano: Cristian Invernizzi, che ha dovuto però dirigere un'orchestra di rappresentanti molto ambiziosi.

Tuttavia la Lega calabrese proverà in tutti i modi a contare con gli assessori e con un forte vicepresidente, che farà da spalla alla governatrice Jole Santelli. Strategie politiche per contare anche senza i voti necessari per farlo. Salvini, insomma, da domani sarà un Capitano dimezzato.