L'ambasciatore di Giorgia Meloni nell'establishment economico è presidente della federazione di Confindustria tra le aziende della Difesa. E anche se l'incarico è incompatibile con il seggio parlamentare, lui non intende dimettersi

Guido Crosetto non vuol saperne di mollare la poltrona. Dal 2014 il Polifemo (due metri per 130 chili) di Marene, paesino piemontese di 3.308 anime di cui è stato sindaco per 14 anni, è presidente dell’Aiad, federazione confindustriale tra le aziende della difesa (15 miliardi di fatturato). Ma il 28 gennaio scorso è diventato anche coordinatore di Fratelli d’Italia, partitino che ha fondato nel 2012 e che il 4 marzo l’ha riportato alla Camera.

Peccato che già quell’incarico (e figuriamoci il seggio parlamentare) non fosse compatibile con il vertice della federazione. In base a una delibera confindustriale (12 marzo 2003), Crosetto si sarebbe dovuto dimettere seduta stante. In alternativa, avrebbero dovuto accompagnarlo all’uscio entro 30 giorni i probiviri della Federazione, che però evidentemente dormono in piedi.

Come pure il capintesta di Leonardo, Alessandro “Arrogance” Profumo, l’uomo che pur non distinguendo un caccia da un aquilone è presidente d’onore dell’Aiad. Già giovane Dc, ricco di famiglia, un tempo vicino a Umberto Agnelli (oggi a Daniela Santanchè e Giancarlo Giorgetti) e ministro in pectore di Giorgia Meloni (li chiamano “Il gigante ?e la bambina”, copyright Lucio Dalla), Crosetto è pure recidivo.

Nel 2012, da parlamentare Pdl, colto in fallo dai radicali, era stato costretto a rinunciare alla guida dell’aeroporto di Cuneo. E aveva cinguettato giulivo: «ho studiato la legge sulle incompatibilità e...lascio».

Non era però riuscito a mantenere la stessa flemma mesi dopo, davanti all’accusa di aver inventato la laurea in economia citata nel curriculum della Camera. Allora aveva sibilato che erano stati i funzionari di Montecitorio ad averla inserita a sua insaputa. Così conquistando, per una volta a pieno titolo, il soprannome di “emulo” di Claudio Scajola.