Nel segno di Camaldoli occorrono spazi di confronto sul futuro del Paese e sui valori della politica

Sono passati 80 anni dal convegno di Camaldoli; per l’occasione sono venute dal Presidente della Repubblica Mattarella e dal Cardinal Zuppi parole molto sentite e ispirate. È giusto sottolineare il valore emblematico di quell’incontro svolto nel luglio del 1943. Partito con ambizioni prudenti, in corso d’opera è divenuto il centro di un’elaborazione di principi, da parte dei cattolici, sul futuro dell’Italia. Vi parteciparono intellettuali con varie competenze, giovani universitari e grandi personalità del pensiero cattolico. Quel lavoro è stato essenziale per definire la Costituzione italiana. Impensabile senza il nutrimento di una rinnovata volontà del mondo cattolico di affrontare la storia e tornare ad essere protagonista nella politica del Paese.

 

Nei testi di Camaldoli fondamentale è la valorizzazione della persona umana. L’esigenza di una sua libertà autentica. In questo spazio di libertà, il riconoscimento del carattere sociale di ogni individuo, e allo stesso tempo il rifiuto che tale spontanea predisposizione possa determinare un rapporto esclusivo tra l’individuo e lo Stato. Piuttosto la considerazione dell’importanza dei corpi intermedi, della società civile, di una rete di solidarietà per garantire forme di autonomia territoriale e di pensiero. Infine un’ispirazione progressista della dottrina sociale della Chiesa. C’è piena legittimità della proprietà privata. Essa, per certi aspetti, è una forma di diritto naturale. Ma deve avere dei limiti. Può accumularsi solo nel quadro di una dignità complessiva della vita dei cittadini; garantire una ridistribuzione della ricchezza verso il basso; impedire l’ostentazione provocatoria del lusso; assumere prioritariamente una dimensione di piccola media proprietà, combattendo ogni sorta di concentrazione monopolistica. Questi sono i binari lungo i quali la città “dell’uomo” si collega nella sua eticità e forza spirituale alla “città celeste”. La prepara e la annuncia.

 

Il lavoro di Camaldoli determina un terreno più avanzato di confronto; favorendo l’incontro nel lavoro sulla Carta con altri pensieri, almeno allora, ritenuti molto lontani. All’appuntamento costituente arrivarono anche le sinistre con un nuovo pensiero. Rinunciando all’ora fatidica della rivoluzione, prospettando un’azione graduale e riformatrice per arrivare ad una società diversa, spingendo all’organizzazione di partiti, cooperative e associazioni nella società; scegliendo l’Italia, e non la Russia, come il terreno storico e concreto su cui agire insieme ad un ampio campo di forze democratiche. Da Camaldoli, in un modo o nell’altro, scaturì direttamente la nascita della Democrazia cristiana. Un partito che ha governato per decenni il Paese. Ma che scaturisce dopo un confronto di altissimo livello culturale, storico e sull’avvenire. Oggi, al contrario, i partiti nascono per ragioni personali, in occasione di qualche manovra politica, persino per qualche modesto interesse concreto. Su tale processo di degrado si è scritto molto e ancora si dovrà scrivere. Ma sicuramente una cosa è certa. In un bel libro di Franco Vittoria, “I cattolici e la questione politica”, si rileva come la parola dei cattolici sia dispersa e persino spenta nella politica. Non c’è un partito credibile che la raccolga. Anche la sinistra ha perso voce. Ora sta risollevando giustamente le questioni sociali. Ma è priva di una visione del mondo. Sia per i cattolici sia per la sinistra (due dimensioni che spesso si intrecciano) la priorità è di nuovo pensare, incontrarsi, reimmergersi nella tradizione per poter arrivare ad una autentica innovazione, che ridetermini lo spazio pubblico e i luoghi di confronto e di elaborazione.