Il governo propone di innalzare il tasso di fertilità per compensare il fabbisogno di immigrati. Ma la strategia non regge e a dirlo sono gli studi

Torno sul tema delle conseguenze dell’invecchiamento della popolazione italiana alla luce di un lavoro pubblicato pochi giorni fa dall’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano. Il lavoro risponde alla seguente domanda: è possibile affrontare le questioni poste dall’invecchiamento della popolazione non attraverso l’immigrazione ma attraverso un aumento della natalità? Questa soluzione è stata proposta di recente dalla presidente Giorgia Meloni. Perché importare giovani adulti da altri Paesi, con i conseguenti problemi di inserimento in Italia, quando invece possiamo “produrre” noi giovani italiani? Certo, ci vorrà del tempo, ma se cominciamo ora fra vent’anni vedremo i risultati.

 

Il lavoro in questione, di Rossana Arcano e Leonardo Ciotti, analizza il problema con riferimento a un aspetto, specifico ma essenziale, della questione: la sostenibilità del nostro sistema pensionistico. Le previsioni sull’evoluzione a lungo termine del rapporto tra spesa per pensioni e Pil, contenute nel Documento di economia e finanza (Def) presentato dal ministro Giorgetti lo scorso aprile, ci dicono che per contenere l’aumento della spesa per pensioni rispetto al Pil nei prossimi decenni sono necessarie tante cose, tra cui un flusso di immigrati che, nella media dei prossimi decenni, sia pari a 213.000 unità l’anno, un afflusso imponente che aumenterebbe il rapporto tra immigrati e popolazione in modo significativo nei prossimi decenni.

 

Questi immigrati contribuirebbero all’aumento del Pil e quindi al contenimento del rapporto tra spesa per pensioni e Pil. Un altro modo per vedere la stessa cosa è che gli immigrati pagherebbero i contributi per finanziare le pensioni degli italiani che invecchiano.

 

La domanda che lo studio si pone è: di quanto dovrebbe salire il tasso di fertilità, cioè il numero medio di figli per donna in Italia, per evitare la necessità di aumentare la presenza di immigrati? Anche concentrandosi soltanto sul lungo periodo (e quindi tralasciando il fatto che, anche se si fanno più figli ora, il numero dei lavoratori aumenterebbe solo dopo un paio di decenni), la strategia di puntare solo sull’aumento del tasso di fertilità sembra scontrarsi coi numeri. Già nel Def il tasso di fertilità è previsto crescere dall’attuale 1,24 figli per donna a 1,55 nel lungo periodo. È dal 1983 che non osserviamo un valore simile.

 

Per evitare che la presenza di immigrati in Italia cresca rispetto al resto della popolazione, il tasso di fertilità dovrebbe salire rapidamente a 2,1: più o meno il valore che aveva alla fine degli anni ’60, un valore, peraltro, superiore a quello di qualunque altro Paese avanzato e vicino a quello di molti Paesi emergenti. L’Italia dei prossimi decenni dovrebbe essere simile a quella della metà del secolo scorso, in termini di natalità, cosa piuttosto difficile da realizzare anche dispiegando ingenti risorse finanziarie a sostegno della natalità.

 

Attenzione a non interpretare male questo risultato: un aumento del tasso di fertilità è necessario ed è infatti previsto anche nel Def. Per questo servono asili nido e altre misure (come i congedi parentali) per conciliare meglio la cura dei figli con le esigenze lavorative. Ma puntare solo su questo aumento, per evitare una maggiore presenza di immigrati in Italia (che comunque rimarrebbe contenuta) non è realistico, anche nel lungo periodo.