Il network Diverse women for diversity ha lanciato un documento per diffondere le proposte di contadine, attiviste, scienziate del mondo contro la mercificazione del cibo. Denunciando le responsabilità sociali e ambientali dell’agricoltura industriale

Fare pace con la Terra, per affrontare le tre più grandi minacce con cui dobbiamo fare i conti: collasso climatico, guerre e disuguaglianze. È l’obiettivo del “Manifesto ecofemminista” lanciato lo scorso 5 giugno a Roma presso la Casa internazionale delle donne. Un documento collettivo del network globale Diverse women for diversity (Dwd) per diffondere le proposte e le voci di contadine, attiviste, scienziate, conservatrici di semi di ogni parte della Terra. Una rete internazionale fondata nel 1997 per rafforzare i movimenti delle donne, unendole su una piattaforma comune contro la mercificazione della vita, del cibo e delle culture.

Il manifesto ecofemminista denuncia le responsabilità sociali ed ecologiche dell’agricoltura industriale e dell’economia neoliberista. Pesticidi, erbicidi, fertilizzanti chimici, monocolture intensive, sono responsabili di un vero e proprio ecocidio planetario. Gli alimenti industriali trasformati e provenienti da pratiche agricole intensive sono tra i principali responsabili dell’aumento delle malattie croniche. L’agroindustria si basa su innovazioni tecnologiche come unica soluzione al collasso climatico e all’aumento delle disuguaglianze, fingendo di non sapere che questo peggiora la situazione.

Dipendendo da pesticidi e fertilizzanti chimici, da combustibili fossili e monocolture, l’agricoltura industriale è tra i principali responsabili dell’impoverimento degli ecosistemi, della perdita di biodiversità e delle emissioni di gas serra. Tecnica e tecnologia a esclusivo servizio del profitto sono figlie di una visione meccanicistica che continua a immaginare la Terra come inerme. Come se la natura potesse essere continuamente adattata alle necessità degli interessi delle grandi multinazionali del settore alimentare. Un sistema economico energivoro e distruttivo. Un modello industriale che non offre risposte per rimettere insieme il diritto alla salute con quello al lavoro.

«Bisogna abbandonare il paradigma dell’avidità, dell’estrattivismo e della separazione dell’umanità dalla natura, per passare a un’economia orientata dall’ecologia integrale, alla cura, in grado di nutrire gli ecosistemi da cui dipendiamo, riparando i danni che abbiamo prodotto finora», ha affermato presentando il manifesto a Roma Vandana Shiva, la scienziata indiana punto di riferimento internazionale dei movimenti per la giustizia ecologica.

La cultura alla base del modello economico liberista premia la distruzione, trattata come atto creativo. Proprio Vandana Shiva è stata tra le prime al mondo a opporsi già dalla fine degli anni ’80 alla volontà delle multinazionali di brevettare sementi e grano, dando vita al progetto di Navdanya per proteggere la biodiversità, difendere i contadini e promuovere l'agricoltura biologica.

I movimenti delle donne sono all’avanguardia nella difesa della biodiversità, della libertà dei semi e della sovranità alimentare, dando gambe e prospettive concrete all’alternativa politica di cui abbiamo bisogno. Stanno lavorando per la sicurezza alimentare di tutto il mondo. Il Manifesto ecofemminista è l’unica alternativa per un sistema alimentare in equilibrio con le capacità e le risorse della Terra, in grado di proteggere la nostra salute, sempre più minacciata da guerre, povertà e collasso climatico, e promuovere giustizia sociale e ambientale. Facciamo Eco!