Per raggiungere l’accordo sui ricollocamenti tra Stati Ue, la premier dovrà mettere in campo la sua visione strategica e dimostrare di avere peso politico. Resta un nodo interno da sciogliere: un piano per l’occupazione per impiegare chi arriva sulle nostre coste

L’intesa preliminare raggiunta tra i ministri degli Interni dei Paesi dell’Ue, con il voto contrario di Polonia e Ungheria, che ispirano la strategia politica della presidente Giorgia Meloni, è un segnale positivo dell’Europa dopo tre anni di tira e molla sui ricollocamenti degli immigrati. Il ministro Matteo Piantedosi ha espresso il suo assenso dopo aver avuto rassicurazioni sul ruolo dei Paesi terzi nel frenare l’immigrazione verso l’Europa.

L’intesa preliminare sarà oggetto di un complicato negoziato tra il Consiglio e il Parlamento. Fondamentale sarà il comportamento di Polonia e Ungheria, che hanno votato contro. Sul negoziato si misurerà il ruolo di statista della presidente Meloni. Sarà la prima volta che il “gioco” nelle relazioni internazionali esce dai rituali dei rapporti cordiali e solidi tra Paesi.

Entrerà, invece, in quello vivo che tocca la visione strategica che la presidente Meloni vorrà applicare in Italia e seguire in Europa per avere peso politico. Una questione che, in ultima analisi, misurerà il reale cambiamento dalle posizioni oltranziste di Fratelli d’Italia, quale partito di opposizione, rispetto a quelle, in una certa misura rassicuranti sostenute passando a governare.

Mentre potrebbe essere sciolto un nodo a cuore di tutti i nostri governi che si sono succeduti dal mese di settembre 2020, resta inchiodato quello più rilevante per noi sul che fare con i migranti che arrivano sulle nostre coste in modo crescente e con quelli che continuano a battere le nostre strade senza dimora e senza possibilità di lavorare.

Tutto questo accade mentre le imprese riscontrano difficoltà insormontabili nel reperire del personale. Solo nel settore dei servizi i contratti di lavoro che le associazioni di categoria prevedono per il mese di giugno sono 434 mila e oltre 1 milione per il trimestre giugno-agosto. Il turismo, in fortissima ripresa dopo il Covid, fa la parte del leone con la ricerca di più di 450 mila lavoratori per il periodo del solleone.

Nonostante questi dati, anche per questa estate, che sarà prolungata, il settore terziario farà i conti con una difficoltà di reperimento che tocca un’assunzione su due (a giugno siamo al 46%). Pur trattandosi di occupazioni transitorie, qualora fossero tutelate dal salario minimo (non dal bonus del 15% della ministra Daniela Santanchè), costituirebbero un’opportunità che il governo dovrebbe cogliere per dare uno sbocco reale agli immigrati, creando apposite strutture per avviarli al lavoro stabile.

Da occupazioni precarie poi molte di esse, continuando la formazione professionale, potrebbero divenire a tempo indeterminato, non solo del settore terziario, ma anche di quello manifatturiero che registra grosse difficoltà nel trovare personale da occupare, facendosi anche carico della formazione professionale specifica.

Il governo di destra-destra bisogna si renda conto che richiedere ai Paesi terzi di frenare l’emigrazione verso l’Europa rischia di essere un pannicello caldo. L’emigrazione è una questione globale su cui bisogna che il governo faccia i conti, altrimenti, prima o poi, si troverà contro l’Italia che produce e i cittadini che non vogliono più veder tanti giovani immigrati ciondolare nelle strade, indipendentemente dall’inutile frastuono dell’opposizione.