Il presidente francese ha delle ambizioni personali, ma serve anche una presa d’atto che davanti al confronto tra Usa e Cina è necessario e urgente una politica estera e di difesa comune Ue

La proposta di Emmanuel Macron per un’Europa che abbia un’autonomia strategica e non sia semplice vassalla degli Stati Uniti, se suona velleitaria nell’attuale contingenza che vede il Vecchio Continente arrancare nell'irrilevanza davanti al conflitto in Ucraina, non è affatto sciocca e meriterebbe di essere accolta con maggiore serietà nelle cancellerie che fanno capo a Bruxelles.

 

Da tempo immemore si sente ripetere il ritornello della clamorosa assenza dell’Europa nei giochi geopolitici, tanto più penalizzante ora che il conflitto nel suo quadrante nord-orientale sta ridisegnando le aree di influenza e i rapporti di forza. La scelta è dunque tra la perpetuazione del vituperato status quo e, finalmente, una presa d’atto che davanti al confronto tra giganti, Usa e Cina, che segnerà il Ventunesimo secolo sarebbero necessarie e urgenti politiche estere e di difesa comuni dei 27 Stati membri della Ue, nessuno dei quali da solo è in grado di reggere il confronto con i pesi massimi che lottano per la supremazia.

 

Gli ostacoli sono evidenti. I Paesi che facevano parte dell’ex impero sovietico dimostrano di preferire l’ombrello americano e la sua conclamata potenza militare in funzione anti-russa, i nazionalismi al potere cercano in ogni modo di allentare i legami con Bruxelles in nome di una miope salvaguardia della sovranità nazionale. E sembrano i polli di Renzo che bisticciano senza valutare che vanno tutti insieme incontro alla stessa sventura.

 

In queste condizioni, la ricerca di una solida unione che dia un peso specifico importante all’Europa sembra utopia. Eppure è proprio nelle situazioni emergenziali che serve uno scatto di fantasia per deviare quello che sembra un destino ineluttabile. Non sorprende che la mossa arrivi dalla Francia. Macron è l’erede di una tradizione che, sebbene ancorata all’atlantismo, non ha rinunciato a uno scarto di giudizio rispetto a Washington. Nelle valutazioni negative è sciovinismo derivato dalla passata grandeur, in quelle positive la volontà di non rinunciare a un’indipendenza di giudizio. Nel 1966 fu il generale De Gaulle ad annunciare al presidente Usa Lyndon Johnson il ritiro di Parigi dal comando militare integrato della Nato (posizione corretta da Sarkozy nel 2009). Nel 2003 fu Jacques Chirac a capeggiare il fronte dei contrari alla guerra di George W. Bush in Iraq. Il quale Bush nella sua coalizione dei volenterosi vide aderire i paesi dell’Est Europa, oltre alla Spagna e alla Gran Bretagna, nella più spettacolare delle spaccature in seno all'Europa.

 

La Francia, decurtata nella sua grandeur, ha comunque al suo arco alcune frecce. È l’unica potenza nucleare rimasta in seno all’Unione, ha un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza Onu, ha sempre elaborato una propria visione del mondo. È il meno basso di statura tra i nani politici del Continente, Germania compresa che ha sempre preferito essere gigante economico.

 

Macron nel 2019 aveva decretato lo stato di “morte cerebrale” della Nato, ha sempre spinto per la formazione di un esercito europeo. Certo agisce anche per interesse personale. Nel 2027 quando terminerà il suo mandato all'Eliseo avrà solo 50 anni e coltiva il sogno di diventare il Presidente dell’Europa una volta che fosse varata una nuova Costituzione. E tuttavia sarebbe sbagliato bocciare la sua buona idea al solo scopo di frenare le sue ambizioni.