Sarà materia di forte scontro tra l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni e opposizioni. Tra semplificazione delle norme, tassa piatta ed evasione, ogni cambiamento tocca interessi consolidati

Quando il governo Draghi annunciò l’intenzione di riformare il fisco, previdi che non ci sarebbe riuscito perché sarebbe stato impossibile per una coalizione tanto variegata trovare un accordo su un tema così politico come le tasse. Ci avevo visto giusto. Per una riforma fiscale serve un governo politico come quello che abbiamo ora. La legge delega per la riforma fiscale dovrebbe arrivare in Parlamento fra un mesetto. Sarà un’area di forte scontro con le opposizioni, soprattutto per l’Irpef, l’imposta sui redditi personali. Vediamo perché.

 

Un primo terreno di scontro sarà la semplificazione dell’Irpef. Su questa tutti dovrebbero essere d’accordo. Anche quest’anno le istruzioni per il modulo 730 saranno di 400 pagine! Ma semplificare è difficile perché la complessità è frutto dell’accumularsi di leggi, leggine, regolamenti introdotti per far piacere a qualcuno. Semplificare allora vuol dire andare a toccare gli interessi di fasce particolari della popolazione che fanno riferimento a gruppi politici diversi.

 

Altro terreno di scontro sarà quello dell’equità orizzontale, il che significa che, a parità di reddito, l’imposta dovrebbe essere la stessa indipendentemente dal lavoro che uno fa. Al momento, invece, gli autonomi sono tassati di più soprattutto a livelli di reddito medio bassi. Il governo vuole eliminare questo svantaggio. Potrebbe sembrare desiderabile a tutti. Ma l’evasione da parte dei dipendenti è quasi zero, per via della ritenuta alla fonte, mentre gli autonomi evadono due terzi delle imposte (non lo dico io: lo dice il rapporto sull’evasione che questo stesso governo ha pubblicato in ottobre). Un’apparente maggiore equità orizzontale, senza ridurre l’evasione, porterebbe allora paradossalmente a una ancora maggiore differenza nel grado effettivo di tassazione. Le opposizioni daranno battaglia a difesa dei dipendenti.

 

C’è poi il tema della progressività dell’imposta sul reddito. Quanto dovrebbe differire il livello di imposizione tra persone con redditi diversi? La Costituzione richiede che il nostro fisco sia progressivo, ma quanto debba essere progressivo è una scelta politica. Probabilmente il governo riproporrà la tassa piatta, che è inaccettabile per tutte le opposizioni, alcune delle quali vorrebbero anzi aumentare il grado di progressività.

 

Infine c’è la questione di come il sistema fiscale debba incentivare certi comportamenti. In quest’area un tema delicatissimo è quello del “quoziente familiare” che il governo vorrebbe introdurre per favorire chi ha più figli. Col quoziente familiare la tassazione passerebbe da individuale a familiare, con la divisione del reddito complessivo per il numero di membri della famiglia. Questo sistema però disincentiva l’entrata nel mondo del lavoro delle donne perché con esso una donna che inizia a lavorare ricevendo come spesso accade un reddito più basso di quello del marito pagherebbe un’aliquota di tassazione più alta di quella applicata con la tassazione individuale. Anche qui lo scontro con l’opposizione sarà forte, anche perché si potrebbe facilitare chi ha figli in altri modi, per esempio aumentando l’assegno unico corrispondente.

 

Insomma, le aree di scontro sono tante e anche tali forse da creare, per la prima volta dalle elezioni, un fronte unito di tutte le opposizioni. Incredibile a dirsi.