Stretta sugli immigrati, soldi alle imprese, età pensionabile più alta. Così il presidente francese si prepara a una stagione di grandi proteste

I francesi, per dirla con Paolo Conte, si sono incazzati, hanno già dato una fiammata all’autunno che si preannuncia caldissimo e il presidente Emmanuel Macron che fa? Va in televisione e sposta decisamente a destra l’azione di governo, strizza l’occhio ai Républicains per puntellare la sua maggioranza traballante, consolida un asse di continuità con il loro fondatore e suo predecessore all’Eliseo Nicolas Sarkozy. Sfida insomma una piazza destinata a farsi bollente nell’inverno di uno scontento diffuso e segnato, come in una gara ad ostacoli, da una serie di crisi: energetica, sociale, politica, climatica. La Francia non si fa mancare nulla e, avendo una lunga tradizione di conflittualità e di panni sporchi che si lavano in pubblico, traccia il possibile destino prossimo venturo di un’Europa che condivide grosso modo gli stessi guai.

 

Assumendo una postura autoritaria, da uomo forte al comando, Macron declina la sua visione attraverso alcune parole chiave che, ascoltate da questo lato delle Alpi, suonano familiari dal 25 settembre scorso in poi: lavoro, ordine, merito. E bolla come «cinica» la sinistra che ha presentato una mozione di censura al governo raccogliendo il consenso anche della destra lepenista. È questa possibile manovra a tenaglia delle due ali estreme del Parlamento che lo ha convinto a seguire il suggerimento di Sarkozy, ormai quasi un consigliere personale, ed essere più audace. Scopo: consolidare un’alleanza dei moderati per rafforzare un esecutivo fragile e nella convinzione che non ci sarà «né oggi né domani una maggioranza alternativa».

 

Ha così usato argomenti che sono musica per le orecchie dei conservatori preannunciando anzitutto aiuti alle imprese altrimenti costrette a delocalizzare causa il prezzo abnorme dell’energia. Non rinuncerà alla madre di tutte le battaglie, l’innalzamento dell’età pensionabile, pur concedendo che il passaggio dai 62 ai 65 anni non è un dogma di fede e può essere rivisto (a 64?), e dunque si comincerà a discutere la relativa legge ad inizio 2023. Quanto al merito, la defiscalizzazione ulteriore delle ore straordinarie, in virtù dello slogan «lavorare di più per guadagnare di più» che fu sempre Sarkozy a coniare. Infine la stretta sugli immigrati irregolari, contro i quali saranno indurite le regole e saranno accelerate le pratiche di espulsione.

 

Al contrario che da noi, esiste tuttavia in Francia una sinistra unita in Francia, racchiusa sotto l’acronimo Nupes (Nuova unione popolare economica e sociale), forte di un ottimo successo elettorale seppur soccombente sei mesi fa. Una sinistra che è già riuscita a metà ottobre a paralizzare il Paese con uno sciopero per chiedere aumenti salariali in misura tale da poter neutralizzare l’inflazione galoppante. Anche ricorrendo ai proventi della tassazione degli extra-profitti delle grandi compagnie petrolifere, a cominciare dalla Total. Sono state le prove di un conflitto largamente annunciato e che toccherà il suo acme nel contrasto alla nuova legge sulle pensioni, vissuta come iniqua dai sindacati dei lavoratori. “Ce n’est qu’un debut”, non è che l’inizio, si urlava nel Sessantotto. I paragoni sono sempre zoppi, ma il combinato disposto delle troppe crisi è il terreno fertile per una stagione molto, molto turbolenta.