Il saggio Mattarella e il mediatore Conte sono più popolari degli urlatori Salvini ?e Di Maio. Vorrà dire qualcosa? Forse sì
È possibile che gli italiani vadano in brodo di giuggiole per gli inquilini del Quirinale e di Palazzo Chigi ma votino e continuino a votare - almeno secondo le previsioni sulle elezioni europee - per il partito del rottweiler sovranista Matteo Salvini e per i Cinque Stelle populisti pasticcioni? È un arcano ma è possibile.
A toccare il cielo dei sondaggi sono sempre e solo loro due, il presidente Sergio Mattarella e poco più giù, Giuseppe Conte, il premier del miracolo che l’ha portato dov’è. Due persone e due personalità diverse tra loro che rappresentano gli antipodi e le antitesi dei due leader politici del governo gialloverde sempre sull’orlo di qualche crisi in genere di nervi per loro, ma soprattutto per gli altri. Anche di fou rire quando per esempio si sceglie come rappresentante all’Unesco un collega di Beppe Grillo il comico Lino Banfi, pugliese come Conte, noto teorico della corrente filosofica “Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio” (finita in un suo film).
Il Capo dello Stato è a quota 65 per cento di popolarità. Dietro di lui a cinque punti di distanza il premier mentre i due vice premier Salvini e Di Maio, nonostante l’arruffato daffare - persino il tentativo di scatenare una guerra con la Francia, le provano tutte per mostrare i muscoli, arrancano poverini molto più giù nel faticoso trekking del gradimento.
Pur considerando il magistrale camaleontismo e l’opportunismo politico adolescenziale del Paese cosa accade agli italiani che da tempo apprezzano Mattarella e che, pian piano hanno cominciato a battere le mani a Conte, quando vanno a votare? Una parte si astiene è noto, ma l’altra?
Che siano le schede a esalare sostanze allucinogene - oppiacei, peyote, funghi magici - capaci di trasformare nell’immaginario dei votanti il sorriso da Ezechiele Lupo di Salvini e la faccia tosta di Luigino Di Maio in manifestazioni di una più pacata e nuova antropologia politica?
Mentre tornano a galla rigurgiti fascisti, mentre il ministro dell’Interno maramaldeggia e non batte ciglio davanti a naufragi biblici, Mattarella e Conte deplorano, mediano, compatiscono. Mentre Di Maio cerca l’incidente con la Commissione Ue e con i Paesi membri, il presidente (nei limiti della moral suasion) e il premier con il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ricuciono, rammendano, giustificano. Davvero possono convivere e convincere allo stesso modo sovranismo e populismo con pietas e saggezza europeista?
All’inaugurazione di Matera capitale della Cultura 2019 Mattarella ha fatto il bis, un’ovazione come alla prima della Scala, più di quattro milioni di telespettatori incollati a Rai1, il picco di ascolto con lui, più di Gigi Proietti, più di Rocco Papaleo. Una rock star.
Nell’analizzare la contraddizione tra popolarità quirinalizia e voto, qualche saggio ha ravvisato nel consenso del presidente, e di risulta anche quello del premier, la rappresentazione degli anticorpi della Repubblica rispetto alle istanze populiste, illudendosi che gli scalmanati gialloverdi avrebbero soppesato il risultato del successo del Colle. I gialloverdi no, il premier Conte sì.
Dopo essersi ripreso dallo shock della sua prodigiosa ascesa, sarà stato Padre Pio di cui è devotissimo, nonostante ciclici attacchi sulla nebulosità di curriculum, cattedre, fatture e dei suoi rapporti professionali con Guido Alpa, ora si è scelto il ruolo del premier samaritano sicuro di non occupare uno spazio che né Di Maio, né Salvini potrebbero invidiargli. Così il presidente del Consiglio bacia bambini del popolo e mani della Merkel, appare vicino ai sofferenti, la voce è dolente, i gesti curiali, il nodo della cravatta perfetto.
Intanto dal lunedì al venerdì su Rai3 va in onda “Nuovi Eroi”, storie consolatorie di un’Italia buona senza la “cattiveria” intercettata dal Censis. I protagonisti sono cittadini insigniti da Mattarella con l’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e finora lo share è stato ottimo.
Se la Rai anticipa ancora come è stato sempre dove gira il vento del Paese allora forse qualcosa si muove e i sondaggi su popolarità e populismo diventano meno arcani.