Ci dev’essere una polverina che ?ha trasformato i predicatori ?dell’anticasta del Movimento 5 Stelle in esperti di Palazzo. E i casi iniziano a essere numerosi
Ma come, anche loro? I purissimi? Sarebbe il caso di cominciare a sperare che il leader italiano politicamente ideale sia un umano prima di tutto solo al mondo arrivato sulla terra grazie a una Cav, cicogna a alta velocità, o spuntato da un cavolo Ogm o creato in provetta da un genetista indigeno seguace del cinese He Jiankui di Shenzhen, capace di modificare il Dna dei pupi. Non s’intravede altra soluzione per fronteggiare la spada di Damocle rappresentata dalle gesta poco adamantine dei clan familiari che funestano la scena della politica e che si abbattono su chi ne ha fatto battaglie di principio. Tu quoque Di Maio (solo per non essere equivocati quoque, non è il nome di un altro nipotino di Paperino).
Nel caso del leader Cinque Stelle la trama è da manuale universitario di Nemesi rimembrando strali e anatemi alla volta di altri padri, Renzi e Boschi. Il copione è noto, secondo i grandi inviati delle “Iene” nell’azienda di famiglia a Pomigliano (al tempo il vice premier non era coinvolto nella ditta, ora la metà è a suo nome) il geometra
Antonio Di Maio genitore di cotanto figlio assumeva lavoratori in nero e non pagava i contributi. Uno di questi ex dipendenti si è presentato davanti alle telecamere e ha spifferato tutto. Riassunto tragicomico, il ministro del Lavoro che non ha mai lavorato ha un padre che avrebbe aggirato i diritti dei lavoratori. Se qualcuno racconta questa storia all’estero non ci crede nessuno, si penserà sia un’invenzione di “Iene” e «sciacalli».
Non solo il lavoro, anche la casa. Sul settore immobiliare presta il fianco un’altra autorità a Cinque Stelle, la vice presidente del Senato perfino,
Paola Taverna, santa dell’anti casta, vampira dei privilegi oltre che sado-fustigatrice della lingua italiana e dell’uso della fiducia da parte dei governi precedenti, quella dei giallo verde invece va bene. Taverna si diceva è stata colta in flagrante (da “Repubblica”) per l’affitto di una casa popolare abitata da mamma Taverna. Tuoni, fulmini, saette, satanassi della disinformatia nemica (che ha detto il vero) ha rumoreggiato Taverna che, inviperita, ha rigirato la frittata scegliendo uno degli articoli più efficaci della Costituzione grillina, ovvero il complotto dei poteri forti - che ora sono i suoi ma fa finta di non capire - per gettare una povera donna di ottant’anni per strada.
Dettagli insignificanti invece il fatto che da senatrice guadagni fior di dobloni come un manager, che possegga altri immobili di proprietà e possa procurare tranquillamente un tetto alla sua mamma lasciando libera la casa popolare perché sia destinata a persone davvero indigenti. È quello che avrebbe tuonato l’ex Taverna in versione pre-casta e anti Affittopoli quando diceva «io nun so’ politico». Ora sì, però.
La trasformazione dei predicatori arrivati al potere è da sempre questione antropologicamente affascinante. Sarà colpa di una polverina nelle stanze dei bottoni che inebria e modifica. Le alte poltrone annientano il senso del ridicolo e del ritegno. Anche il presidente della Camera
Roberto Fico è stato al centro di un polverone sollevato sempre dalle “Iene“ a proposito di una faccenda assai nebulosa di due collaboratori domestici della casa di Napoli dove vive con la sua compagna. Il presidente ha negato il rapporto di lavoro. Una, ha spiegato, è una cara vicina con la quale si scambiano reciproci favori, l’altro è un uomo in difficoltà incontrato a una fermata dell’autobus al quale ha fatto della beneficenza. Un vero peccato per le persone bisognose che Fico ora usi solo l’auto blu.
I purissimi dei Cinque Stelle hanno dimostrato anche una lestissima capacità di seguire le linee guida più azzardate del codice delle parentopoli inzeppando municipi, circoscrizioni, uffici comunali e regionali, Camera e Senato di parenti, affini, famigli e morosi già ampiamente documentata dai media nel corso degli anni delle varie vittorie elettorali. Un vero reddito di fratellanza.
Purissimi non proprio, furbissimi sicuramente.