Scandali bancari, accuse a Consob e Bankitalia. Si propone di creare un altro organo di controllo. Ma bisogna far funzionare bene quelli che ci sono
Con una ciclicità che avrebbe reso felice Giambattista Vico, quando in Italia scoppiano scandali finanziari la cui origine viene ricondotta anche alla scarsa capacità di prevenzione e repressione di comportamenti illeciti da parte dei controllori pubblici si apre il dibattito sulla loro riforma.
Oggi, sull’onda del salvataggio delle quattro banche (Etruria, Marche, Ferrara e Chieti) che ha portato alla prima applicazione delle regole del
bail-in (secondo le quali obbligazionisti non garantiti, azionisti e correntisti sopra i 100.000 euro partecipano alle perdite in caso di insolvenza della banca) e del quasi azzeramento del valore delle azioni dei soci di Popolare Vicenza e Veneto Banca, riappare la domanda se le
authority abbiano fatto il loro dovere e se non sia il caso di cambiarle.
Glissiamo sulla prima questione: piovono accuse su Banca d’Italia e Consob (anche per alcune scelte discutibili e dichiarazioni un po’ improvvide del presidente della Commissione, Vegas), ma è troppo presto per dare giudizi definitivi.
Si può invece cercare di capire se sia il caso di riformare i controlli pubblici a tutela di investitori e risparmiatori tenendo conto che, invero, l’ordinamento giuridico presenta un fitto reticolo di norme, agenzie ed istituti a protezione delle cosiddette parti deboli. Limitandoci al campo bancario, assicurativo e finanziario, ricordiamo che oltre a Banca d’Italia e Consob (competenti per banche, intermediari e mercati finanziari ma con funzioni a volte incrociate quando la normativa guarda alla finalità dei controlli più che ai soggetti controllati), sono presenti l’Ivass (assicurazioni, oggi una costola di BankItalia), Covip (fondi pensione) e l’Autorità Antitrust (pubblicità ingannevole e commercio in genere ma con incursioni nel campo assicurativo-finanziario). Inoltre, sono stati istituiti sia l’Arbitro Bancario e Finanziario, organismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie banche-cliente, sia la Camera di Conciliazione e Arbitrato nonché l’Arbitro per le Controversie Finanziarie presso la Consob con simili compiti. Naturalmente, rimane ferma la competenza del giudice ordinario civile cui ci si può rivolgere con l’assistenza di un’associazione di consumatori (finanziate dallo Stato) che può agire anche in caso di
class action , prevista dalla legge anche se di difficile azionabilità. Per i casi più gravi, non dimentichiamoci l’attività di procure e tribunali penali.
Questo apparato poggia su un corpus normativo protettivo del cliente (nonostante le giuste polemiche sulla mancanza nei prospetti degli scenari probabilistici) e che sta sempre di più incidendo anche sul governo societario delle banche (di cui per le più grandi ora si occupa con severità, la Bce), degli intermediari e delle società quotate.
C’è bisogno di qualcosa di più, come ad esempio un autorità apposita per i consumatori sulla scorta di quanto si sta sperimentando negli Stati Uniti? Se tale agenzia avesse anche un potere regolamentare, si creerebbe un ente che sarebbe legislatore e pubblico ministero, difetto già insito in Consob e Banca d’Italia Inoltre, non è scontato che il cavaliere bianco dei consumatori farebbe la scelta giusta in loro favore: fino a poco tempo fa si pensava, ad esempio, che i fogli illustrativi dovessero essere dettagliatissimi (e nessuno leggeva niente) e non chiari e sintetici come si tende a preferire ora. I regolamentatori, ci insegna la scuola di
public choice , hanno un interesse ad acquisire più potere e autoperpetuarsi: un’agenzia solo pro-clienti, sarebbe naturalmente propensa a vedere le cose unilateralmente, creando inutili (e spesso dannosi) intoppi burocratici ed eccesso di regolamentazione.
Last but not least, nel lungo periodo intermedio di passaggio di consegne tra le autorità esistenti, restie a perdere funzioni, e quella nuova, l’attività istituzionale sarebbe quasi certamente bloccata se non schizofrenica. Migliorare il coordinamento tra autorità di vigilanza nonché l’efficienza e la competenza dei tribunali; attuare intelligentemente (guardandosi dagli eccessi di zelo) la normativa europea; impegnarsi per una maggiore consapevolezza del risparmiatore; assicurare la trasparenza degli intermediari (la trasformazione in spa delle popolari è stata una bella mossa): sono tutti passi che si debbono intraprendere ma in modo incrementale. Le palingenesi non si realizzano mai: figuriamoci se l’obbiettivo è l’apparato burocratico italiano.