L’area di confine con la Serbia è come uno specchio per l’Occidente. In gioco non solo gli interessi regionali ma anche quelli di Ue, Russia e Cina

Gli scontri che si sono riaccesi nei giorni scorsi, e in cui sono rimasti feriti anche militari italiani della missione Kfor, portano a dire che, purtroppo, niente di nuovo si registra sul fronte serbo-kosovaro.

 

Oltre alla precaria stabilità, ciò che colpisce del Kosovo è la sua globalità, dal momento che praticamente tutte le agenzie e le organizzazioni internazionali sono lì presenti. Perché il Kosovo è così globale? Perché rappresenta un vero e proprio microcosmo della politica internazionale contemporanea.

 

Dagli anni ’80, il Kosovo, territorio a maggioranza albanofona, ha cercato l’autonomia dalla Serbia con mezzi non-violenti e, dagli anni ’90, con azioni di guerriglia. Il governo di Belgrado ha sempre osteggiato tale prospettiva, fino al punto d’intraprendere una sanguinosa repressione conclusasi con il bombardamento Nato a difesa della popolazione kosovara nel 1999. Da allora, la situazione politica si è sviluppata su tre piani d’azione.

 

A livello locale, la maggioranza kosovara albanofona vuole consolidare la propria autorità sui territori occupati dalla minoranza interna kosovara serbofona; quest’ultima è invece desiderosa, forte della propria etnicità serba, di una maggiore autonomia, ed è supportata in questa politica dalla confinante Serbia. Al meccanismo locale, si associa un secondo livello, regionale, incentrato su Ue e Serbia. Per la prima, un rapporto amichevole con la Serbia è essenziale poiché quest’ultima ha una grande influenza sulle minoranze etniche serbofone in Kosovo e Bosnia-Herzegovina. Bruxelles vuole dunque scongiurare secessioni interne ai Paesi balcanici. Belgrado ha a sua volta bisogno dell’Ue, suo primo partner commerciale, e ha iniziato, sin dal 2009, la procedura d’ingresso nell’Unione.

 

Tuttavia, se la Serbia mantiene una “strada europea”, non manca di alimentare anche una “strada russa”. E qui entra in scena il terzo livello, quello globale. Alla luce di interessi strategici e legami storici, Mosca è sistematicamente vicina a Belgrado - cosa avvenuta anche in occasione degli ultimi scontri - mentre un esempio recente della vicinanza di Belgrado a Mosca è il non allineamento serbo ai pacchetti di sanzioni occidentali contro la Russia. Inoltre, il piano d’analisi globale ha acquisito ulteriore peso a fronte di una crescente collaborazione finanziaria tra Serbia e Cina. Con il loro supporto alla Serbia, Mosca e Pechino obbligano gli Usa a mantenere alto il proprio interesse verso la regione balcanica in chiave di contenimento sino-russo.

 

Al di là delle singole valutazioni strategiche, tuttavia, la problematica profonda è che il confine serbo-kosovaro è come uno specchio per l’Occidente, poiché l’intera vicenda si fonda sul principio di autodeterminazione dei popoli. Da un lato, disinteressarsi di questo principio significherebbe negare uno dei capisaldi di un’autoproclamata identità occidentale; dall’altro, a eccezione degli attori locali, le parti in gioco hanno interessi che non sono prioritari nelle rispettive agende interne. Vittima di ciò, la “questione Kosovo” è lungi dall’essere risolta.