Dal meeting al giardino del Pharo al grande dibattito televisivo prima del voto, la corsa dei due candidati per dirigere la Francia

« Né destra né sinistra »: con questo slogan il presidente francese Emmanuel Macron ha vinto le elezioni nel 2017. Cinque anni dopo, i due partiti storici che hanno governato la Francia per sessant’anni sono polverizzati : il Partito socialista con l’1,7% dei voti, e il Partito Repubblicano con il 4,7%. Al primo turno delle elezioni presidenziali, le tre personalità politiche in testa sono Emmanuel Macron, cresciuto al 28%, seguìto da Jean-Luc Mélenchon e Marine Le Pen. Oggi la media dei sondaggi per il secondo turno vede Macron al 54,9% e Le Pen al 45,1%.

Pochi giorni prima dell’elezione, l’obiettivo del capo di stato francese è convincere gli elettori di Mélenchon e gli astensionisti a conferirgli il voto, in un duello che lo oppone per la seconda volta alla leader del partito di estrema destra. Questa volta però, la vittoria non è scontata: reduce da cinque anni di governo tra crisi dei gilet gialli, tensioni per la riforma della pensione, gestione della crisi sanitaria e guerra in Ucraina, Macron è l'oggetto di una forma di risentimento popolare. Lo confermano i quasi 16 milioni di elettori che hanno votato estrema destra ed estrema sinistra, un voto definito "di protesta". Diversi insegnanti intervistati dall’AFP, storicamente vicini ai socialisti, stanno ancora esitando sul da farsi, andare alle urne o astenersi?

Lo scrutinio di domenica potrebbe quindi ribaltare gli equilibri internazionali, come in passato l’elezione di Trump e la Brexit. Qualsiasi sarà il risultato, bisogna aspettarsi nuove agitazioni e importanti manifestazioni popolari.

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Come Macron sta provando a convincere gli elettori? Il progetto di Mélenchon, leader del partito di estrema sinistra La France Insoumise, alla sua terza elezione, mette al centro l’ecologia, la riduzione della povertà e una domanda etica sul ruolo del lavoro nelle nostre vite. In breve "vivere per lavorare o lavorare per vivere"?: questo programma ha convinto circa un terzo dei giovani votanti (fino a 34 anni), nonostante un forte tasso di astensione, al 40% in questa fascia della popolazione. Mélenchon è stato superato da Marine Le Pen per soli 421.420 voti: il passaggio al secondo turno è stato frenato anche dalla mancata alleanza con le sinistre di Jadot (ecologisti), Hidalgo (socialisti) e Roussel (comunisti).

A una settimana dal voto, a Marsiglia si è giocato il futuro dell’Europa: prima di Pasqua, circa 2500 militanti e curiosi si sono riuniti al meeting del candidato Macron al giardino del Pharo. Da questo promontorio che si affaccia sul Mar Mediterraneo si ammirano il vecchio Porto e la chiesa Notre Dame de la Garde, che protegge i marinai. Già a settembre il presidente francese è venuto qui per annunciare un piano di investimenti e sviluppo di circa un miliardo di euro. Ed è qui che Mélenchon ha ottenuto uno dei suoi migliori risultati al primo turno arrivando in testa con il 31% dei voti.

“Qui Macron parla ai francesi, non solo ai marsigliesi” commenta Castaner, l’ex ministro dell’interno venuto a sostenere il candidato.

 

Marsiglia è la seconda città di Francia per numero di abitanti dopo la capitale, e il secondo porto per flussi di container dopo Le Havre. Nella città di Zinedine Zidane vivono quasi 900.000 stranieri, soprattutto algerini, ma quello che più colpisce è l’eccezionale struttura urbana. Intorno al porto si diramano tantissime strade che formano il centro città, abitato soprattutto da immigrati, molti in situazione precaria o di povertà. Le classi più agiate, preferiscono invece abitare appena fuori dalla città, in contesti calmi, con un comodo accesso alla spiaggia; qui vivono molti parigini stanchi del ritmo frenetico e dell’inquinamento della capitale. La “Napoli francese”, come viene spesso soprannominata, sorprende per la sua opposizione alla “Ville lumière”. Qui le strade brulicano di persone di ogni età e origine: nel centro città si avverte immediatamente un’energia umana, una necessità di stare per strada con gli altri. Alcuni commercianti appollaiati all’ingresso del loro negozio scrutano i passanti, tra loro ci sono donne di avvenenza gitana. Si incontrano e scontrano turisti, dealer, marinai, giovani diretti alla spiaggia. Questa energia è anche il riflesso di una forma di sensualità mediterranea. Nel contrasto tra l’intellettuale Parigi e la seducente Marsiglia, che anche il calcio oppone, si riflette la frattura tra centro e periferia, tra zone rurali e urbane, la tensione tra classi istruite e borghesi e classi popolari che faticano a far fronte alle difficoltà delle nuove crisi.

Alcuni “Giovani con Macron” arrivano in treno da Parigi per sostenere il loro leader. Manon, 21 anni, iscritta alla facoltà di diritto, è seduta accanto ad altri compagni di una scuola di business “seguo Macron dal 2017 e non potevo mancare” racconta. I giovani militanti consultano articoli sul cellulare, ben vestiti e pettinati sorridono, hanno un aspetto sano e sportivo: molti di loro saranno la nuova classe dirigente.

 

Il contrasto con i ragazzi di Marsiglia è forte: qui si vestono in modo casual e hanno l’aria di essere in sintonia con le sfide e gli imprevisti della strada. Alcuni di loro sono disinteressati alla politica oppure pronti ad un voto di protesta. Solène, 23 anni, universitaria in studi teatrali, sta raggiungendo delle amiche al porto. Dopo un voto a Mélenchon ha deciso che non andrà a votare domenica « non ho molta voglia, non mi sento rappresentata e sono sconnessa da quello che accade. Ci sono questioni che vorrei fossero rappresentate e invece non lo sono ». E se Le Pen vincesse ? «Non sono preoccupata, magari potrebbe esserci un movimento popolare, un’insurrezione contro questa letargia generale». Questa posizione non è condivisa da Ychem Khayyour, 22 anni, iscritto alla facoltà di matematica, elettore di Mélenchon. Lui ha deciso di partecipare al meeting di Macron, mentre i suoi due amici sono partiti in skate verso la spiaggia. «Voterò Macron perché non c’è alternativa. Sono venuto per fargli delle domande sull’università, perché ha deciso di aumentare le rate e ha tagliato i fondi per la ricerca».

Sono i più adulti ad avere le idee chiare sullo scrutinio. Valérie, 50 anni, insegnante di francese, residente in rue Aubaigne, dove nel 2018 degli edifici fatiscenti sono crollati uccidendo otto persone, afferma « voterò Macron, dopo aver votato Roussel al primo turno. Sono molto preoccupata per le persone che non andranno a votare ». A Marsiglia « la pandemia, e poi l’aumento dei prezzi, hanno aggravato la tensione tra i cittadini e il potere centrale » spiega. Per Philippe, 62 anni, volontario in un’associazione per la promozione della bici, elettore di Mélenchon « l’ultimo buon presidente è stato Chirac, che non ha fatto niente ! Ora c’è un caotico ritorno di vecchie ideologie, Macron è il migliore dei meno peggio, voterò sicuramente per lui ».

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Sul palco esagonale installato nel parco di fronte al mare e ad un edificio napoleonico, Emmanuel Macron annuncia che l’ecologia sarà la sua priorità a differenza della "clima-scettica" Le Pen. Il suo primo ministro, ruolo che definisce la direzione politica del governo, sarà responsabile della “pianificazione ecologica”, concetto rubato dai programmi di Mélenchon. Prevede anche che la Francia diventerà "la prima nazione ad abbandonare gas, petrolio e carbone", pianterà 140 milioni di alberi entro il 2030 e creerà una carbon tax a livello europeo.

In questo modo il presidente candidato evidenzia una rottura con il programma di Marine Le Pen, che invece prevede di iniziare il suo mandato con un referendum per stabilire una "priorità nazionale", in particolare nei settori dell'occupazione, degli aiuti sociali e dell'edilizia popolare. E non solo. A una settimana dal voto, dopo aver parlato a destra per riprendere i voti di Valérie Pécresse (Partito repubblicano), ecco la svolta a sinistra per richiamare gli elettori di sinistra. Sarà troppo tardi?

 

Mentre a Marsiglia alcune bandiere della Francia e dell’Europa si agitano sotto il sole cocente intorno a Emmanuel Macron, a Parigi poco meno di 10.000 persone manifestano contro l’estrema destra, sostenute da alcune associazioni come Greenpeace e dai sindacati, che però non si sono schierati apertamente con Macron. Spuntano cartelli con la scritta “Né Macron, né Le Pen”. Niente di simile a quello che accadde invece vent’anni fa, quando un “fronte repubblicano” si oppose chiaramente all’estrema destra. Il primo maggio 2002, prima del duello elettorale tra Jean-Marie Le Pen e Jacques Chirac, le strade di Parigi vennero invase da una fitta folla di cittadini, un milione di manifestanti per dire "no" a Le Pen padre.

Ora, l’apparente normalizzazione del programma sociale ed economico di Marine Le Pen, sembra averla resa accettabile e meno pericolosa. Ma la sicurezza, la riduzione dell’immigrazione, la priorità nazionale e un distacco dall’Unione europea rimangono le sue priorità. Antiche idee che oggi, raccontate con il sorriso, fanno meno paura. Al punto che gli elettori di Mélenchon sono convinti di non andare a votare per il 29% e per il 37,6% di votare scheda bianca. Più definita la posizione del mondo dell’impresa. Il Medef, la Confindustria francese, ha aspettato i risultati del primo turno prima di schierarsi ufficialmente con Macron, comunicando che una vittoria di Le Pen causerebbe un “degrado della fiducia” degli investitori. Molti imprenditori rimangono cauti anche dopo il primo turno, altri, come i presidenti di “Voyageurs du Monde”, circa 1500 impiegati, e della banca Crédit Mutuel Alliance française, appoggiano ufficialmente il candidato.

Quello che davvero cambierà le carte in gioco è il grande dibattito televisivo di mercoledì 20 aprile, che precede il secondo turno di voto. Entrambi i candidati hanno deciso di prepararsi al grande rito elettorale inaugurato nel 1974, astenendosi da incontri nei giorni precedenti. Nel frattempo, però, Marine Le Pen potrebbe essere indebolita da quello che si annuncia come un nuovo fardello: l'Ufficio europeo per la lotta antifrode accusa la candidata del Rassemblement National, insieme ad altri ex deputati, di aver sottratto personalmente quasi 137.000 euro di denaro pubblico tra il 2004 e il 2017.