Nei territori che controlla, Daesh sprona i miliziani a unirsi con donne del luogo per legittimare l'occupazione delle città. Ecco un filmato che mostra come si svolgono le cerimonie tra le bandiere nere

La sposa potrebbe avere 15 anni. E non sorride mai. Pesantemente truccata ?e avvolta in un vaporoso abito bianco ?alla moda araba, si mette in posa per le foto ufficiali con i parenti e il neo marito , anche lui giovanissimo, sempre ?in presenza della bandiera nera. ?Una è appesa in salotto, l’altra le viene consegnata a più riprese, per sancire ?la sua e la loro appartenenza al Califfato.

È parte del video del matrimonio ?tra una ragazza probabilmente musulmana sunnita e il figlio di uno dei membri dello Stato Islamico di Bashiqa, sobborgo a dieci chilometri da Mosul, sulla piana di Ninive, liberato da ?un attacco delle Coalizione e dai combattenti peshmerga del Kurdistan iracheno il 7 novembre scorso.

Girate col telefonino da una delle ragazze invitate, le immagini raccontano i momenti privati della festa nuziale: la foto tradizionale in camera da letto, l’abbraccio del padre alla sposa (che poi si commuove), le attenzioni delle sorelle e delle amiche, ?la curiosità dei numerosi bambini della famiglia.

Compaiono pochi invitati, c’è musica in salotto e in giardino bambine ?e ragazze fanno a gara per ritrarre la giovane sposa. Le donne eseguono il tradizionale urlo zagharid, mentre fuori sulla strada gli uomini sparano colpi di arma da fuoco. Dopo i festeggiamenti, ?la sposa col suo abito bianco viene coperta col velo e accompagnata dalle parenti alla macchina addobbata di rosso. Tra le strategie dell’Isis per legittimare l’occupazione di città ?e villaggi, c’era il matrimonio tra i suoi membri e le ragazze del posto. Legami ?di sangue spesso ottenuti anche con ?la forza, dietro violenze, ricatti ai familiari e conversioni forzate.

Ma il matrimonio è servito anche a molte famiglie di fede sunnita ad accreditarsi sotto il nuovo regime, o semplicemente ?il destino di giovani e ragazze (e quindi ?di famiglie intere), è stato deciso ?dalla volontà del capofamiglia o di un componente della stessa di aderire ?allo Stato islamico.

Il video è stato postato sui social con impresso il nome di chi lo ha recuperato, insieme a molte foto di “spose del Califfato” e momenti privati di altrettante coppie con l’obiettivo di raccogliere informazioni e rintracciare i membri dell’organizzazione.

Materiale che proviene dai telefoni recuperati sui cadaveri di jihadisti, dai prigionieri catturati o rinvenuto nelle abitazioni abbandonate delle famiglie dei combattenti. Ma proprio la vendetta contro di loro, spesso donne e bambini rimasti soli, è uno dei più gravi problemi del dopo Isis, ed è emerso nella sua gravità proprio con la caduta di Mosul. ?

In un campo ad est della città sono trattenuti e rinchiusi i familiari sfollati dei miliziani. Gli altri civili fuggiti dai villaggi e dalle città si oppongono al loro rientro nella comunità. Le autorità locali hanno emesso ordinanze per tenerli nei campi e “rieducarli”, ma il rischio è che si crei in Iraq, e in Siria, una generazione di rifiutati, terreno fertile per odio e nuovi integralismi.