Gli elementi disponibili sull'abbattimento del Boeing indicano la responsabilità di un semovente contraereo degli insorti filorussi. Un'arma catturata in un deposito dell'esercito di Kiev

Non sarà facile dimostrare chi ha sparato il missile letale che ha distrutto il Boeing 777 della Malaysian Airlines, facendo piombare il mondo sull'orlo di un conflitto. Satelliti e radar di più nazioni tengono continuamente sotto controllo la zona contesa sul confine orientale ucraino, a partire dagli occhi elettronici di Washington e di Mosca. Molto probabilmente hanno registrato la partenza dell'arma mortale e la posizione del lanciatore. Ma resta problematico determinare a chi era in mano la zona al momento dell'abbattimento.

I sospetti della prima ora sono concentrati su un sistema di produzione russa chiamato Buk, che la Nato indica con il nome in codice di Gadfly ossia tafano, uno degli insetti più fastidiosi. È un apparato semovente, che si muove su cingoli per colpire e poi spostarsi. Si tratta dell'unico tipo di batterie contraeree sicuramente presenti in quel territorio e capaci di arrivare a 11 mila metri di quota, l'altezza a cui volava l'aereo civile con 298 persone a bordo. Ma che ora potrebbero essere nascoste in qualunque capannone della pianura ucraina.

Adesso gli analisti occidentali stanno esaminando un'informazione diffusa dai separatisti filorussi il 29 giugno. Quel giorno i miliziani hanno annunciato la cattura della base di Donetsk della difesa anti-aerea ucraina che ospitava il “reggimento A-1402”. Per provare il loro successo guerriglieri si sono fatti fotografare in mutandoni e ciabatte davanti ai semoventi, carichi di missili pronti all'uso. La notizia venne confermata dal ministero dell'Interno di Kiev. L'unità A-1402 era dotata proprio dei semoventi Buk. Un apparato sofisticato e micidiale ma di uso semplice. Molti guerriglieri sono veterani dell'esercito ucraino e a loro si sono aggiunti “volontari” provenienti dalla Russia. Gli insorti possono essere riusciti a rendere operativi alcuni dei missili, ma non si esclude che si sia stata la manina degli specialisti arrivati dall'Armata Rossa. Il sistema dispone di un radar, anch'esso mobile, che sorveglia un'area di 150 chilometri. Spesso però le armi di questo tipo vengono sparate “a vista”, con un raggio di azione di venti chilometri. La testata del missile aggancia poi automaticamente il bersaglio fino a centrarlo.

Disporre di una contraerea efficace è stata nelle scorse settimane la priorità degli insorti filorussi. I progressi dell'esercito ucraino, che ha riconquistato una larga fetta di territorio, sono stati garantiti dal sostegno di caccia ed elicotteri da combattimento. Ma da metà giugno dopo la comparsa di missili terra-aria portatili che erano riusciti a distruggere diversi elicotteri e persino un quadrireattore Ilyushin in atterraggio, gli stormi di Kiev hanno cominciato a volare più in alto della portata di questi piccoli ordigni, dotando i velivoli di apparati che sganciano minuscoli ordigni (chaff) per ingannare i sensori delle armi anti-aeree. Questo aveva garantito agli ucraini una sostanziale immunità dalle difese.

Le cose sono cambiate sette giorni fa. La contraerea degli insorti è riuscita a tirare giù un cacciabombardiere Sukhoi 25, un velivolo corazzato con sistemi di protezione contro i missili a guida infrarossi. E lunedì scorso è stato distrutto anche un cargo Antonov delle forze speciali di Kiev che volava a 7600 metri di quota, oltre il raggio d'azione delle armi portatili della guerriglia.

Martedì scorso, inoltre, i caccia ucraini hanno bombardato la città di Snizhe sostenendo un'offensiva delle proprie truppe che avevano sottratto diverse posizioni chiave ai nemici. Da qui l'ipotesi – al momento teorica – che gli insorti possano avere schierato le loro armi migliori per impedire nuovi raid dal cielo. Un reporter dell'Associated Press sostiene di avere visto giovedì un semovente Buk in mano ai miliziani parcheggiato nella città. Ieri un sito ucraino ha diffuso il filmato di uno di questi lanciatori che viene spostato dai ribelli filorussi proprio in direzione di Snizhe: un documento di cui non si può accertare la veridicità. Ma le immagini mostrano il veicolo con i missili che si sposta da solo, senza essere accompagnato dal mezzo con il radar che dirige il tiro. Il villaggio di Grabovo, dove sono precipitati gran parte dei rottami del Boeing, dista pochissimi chilometri da Snizhe.

Insomma, tutti gli indizi disponibili sembrano portare alla responsabilità dei miliziani filo-russi. Dopo i raid ucraini – stando alla testimonianza dell'Associated Press – hanno spostato nella città bombardata un lanciatore Buk, privo di sistema radar. Hanno scorto un grande aereo avvicinarsi e lo hanno confuso per un jet ucraino, forse uno dei quadrireattori Ilyushin che Kiev usa per rifornire le truppe in prima linea. E hanno fatto fuoco sparando “a vista”, senza un radar che potesse identificare le caratteristiche dell'aereo.

L'unica ipotesi alternativa dovrebbe incardinarsi sul comportamento delle forze ucraine. Anche in questo caso, il solo documento su cui basarsi è una foto dell'Associated Press che mostra un semovente Buk dell'armata di Kiev schierato la scorsa settimana assieme alle avanguardie che stavano combattendo per riconquistare la zona contesa, sempre nell'area di Donetsk dove è avvenuto l'abbattimento del Boeing. L'immagine mostra un semovente caricato su un rimorchio, mentre “viene trasferito a Nord”. Gli ucraini hanno piazzato la loro contraerea migliore in prima linea nel timore di attacchi dell'aviazione di Mosca. E potrebbero avere scambiato il Boeing per un aereo spia russo, un quadrimotore Tupolev. Una ricostruzione molto meno probabile. La difesa aerea di Kiev è integrata con una rete radar abbastanza efficiente. E il velivolo malese proveniva da Ovest, non dalla Russia.

Ma in una guerra gli errori possono sempre accadere. Soprattutto quando a scontrarsi sono eserciti senza addestramento e milizie improvvisate. E dove la linea del fronte non esiste ma cambia di villaggio in villaggio, dimostrare le responsabilità è spesso impossibile. Nel settembre 1992 un bimotore G222 dell'Aeronautica venne abbattuto da due missili non lontano da Sarajevo, in un'area contesa tra croati e serbi. Morirono quattro militari italiani ma i colpevoli non sono mai stati individuati.