La leader della destra francese doveva incontrare a Strasburgo i portavoce degli schieramenti della neonata Alleanza per la Libertà europea. Ma dopo varie dichiarazioni anti-immigrati del Pvv olandese e  del Fpoe austriaco e non solo, ha cancellato la riunione. Per paura di sporcarsi l'immagine

Doveva essere la presentazione della piattaforma politica dei partiti noeuro in vista delle prossime elezioni europee. E invece il 15 aprile Marine Le Pen incontrerà a Strasburgo solo Matteo Salvini. Gli altri, dagli olandesi del Pvv ai fiamminghi del Vlaams Belang fino agli slovacchi dello Slovenská Národná Strana, dovranno aspettare il loro turno.

Quello che doveva essere un evento collettivo per la neonata Alleanza per la Libertà europea si è trasformato in uno spezzatino mediatico “per evitare che i giornalisti chiedano ai vari partner cosa ne pensano delle esternazioni dell'altro” stando alle parole della leader del Front National.

Ma che cosa è successo? E' presto detto. Marine Le Pen ha perso la pazienza e, nonostante l'esplicita richiesta ai suoi alleati di moderare i toni e di evitare riferimenti xenofobi, si è trovata a dover affrontare critiche e polemiche all'interno della coalizione di cui è promotrice insieme all'olandese Geert Wilders. Ed è stato proprio il fondatore del Partij Voor de Vrijheid (Partito della Libertà) ad accendere la miccia con imbarazzanti dichiarazioni contro la comunità marocchina residente nel Paese dei tulipani.

Il 19 marzo all'Aja, durante un comizio, Wilders chiede ai suoi sostenitori se vogliano “più o meno marocchini in Olanda”. “Meno, meno, meno!” è stata la risposta. Pronta la replica: “ce ne occuperemo”. Da lì una serie ininterrotta di proteste, dalla numerosa comunità marocchina e dall'interno del suo stesso partito. Il suo vice, Laurence Stassen, si dimette per protesta seguito da altri due deputati.

L'attenzione mediatica si sposta dalla battaglia contro Bruxelles all'ennesimo sproloquio di Wilders. I giornali e le tv olandesi prendono posizione. Il redattore capo di RTL, Pieter Klein, pubblica una lettera aperta all’indirizzo di Wilders. Vi spiega che, per la prima volta in 25 anni di esistenza, la redazione prende posizione contro un uomo politico : “A causa delle tue idee vieni minacciato da anni – scrive Klein – ma questa volta hai superato ogni limite. “Cerchi deliberatamente i confronti storici con Hitler e Goebbels e poi ti atteggi a vittima. Dovresti vergognarti.”

Wilders si schernisce (“non ho detto nulla di nuovo”) ma la frittata è fatta. E' costretto a rinunciare ad un comizio dagli alleati fiamminghi del Vlaams Belang per “gravi questioni interne al partito”. Dopo neppure una settimana ci pensano gli austriaci del Fpoe a far saltare sulla sedia Marine Le Pen. Uno dei fondatori, l'europarlamentare Andreas Moelzer, scatena il putiferio parlando di “un'Europa ridotta ad agglomerato di negri” e suggerendo una personalissima pubblicità comparativa tra l'Unione Europea e il Terzo Reich (“al confronto la Germania nazista appare come liberale e democratica rispetto a Bruxelles”). Anche a Vienna piovono pietre. Il Cancelliere austriaco Werner Faymann bolla Moelzer come “inadeguato a rappresentare il nostro Paese nel Parlamento europeo.”

A nulla valgono le scuse e le prese di distanza del leader del Fpoe Heinz-Christian Strache che annuncia provvedimenti disciplinari e l'esclusione dello stesso Moelzer dalla prossima lista elettorale per Strasburgo. Ma Moelzer non è un caso isolato. Altri esponenti del Fpoe elargiscono perle di saggezza durante i comizi parlando espressamente di “superiorità del popolo germanico”. Le polemiche nazionali travalicano i confini e creano tensioni con gli alleati del Sverigedemokratisk Ungdom (Democratici Svedesi) che informano Marine Le Pen della necessità di un giro di vite sulla comunicazione e sui contenuti, pronti a correre da soli se tali situazioni dovessero ripetersi. E la leader del Front National decide allora di prendere le redini e dettare condizioni ai partner.

A iniziare dalla presentazione del programma comune a Strasburgo fatto di sovranità monetaria, protezionismo economico e trasformazione della Ue in una confederazione di Stati sovrani. E soprattutto la Le Pen sa bene che il rapporto coi media e gli elettori è fondamentale per raggiungere l'obiettivo di 26 europarlamentari e almeno sette nazioni rappresentate per poter costituire un nuovo gruppo a Strasburgo. Ad oggi ne conta solo sei (Francia, Olanda, Belgio, Italia, Slovacchia, Austria), ancora in trattativa coi nazionalisti bulgari e reduce dal due di picche ricevuto dal britannico Ukip (United Kingdom Indipendence Party) di Nigel Farage. Partito quest'ultimo in forte ascesa elettorale per la sua avversione all'Unione europea ma storicamente ostile ad alleanze con movimenti di estrema destra.

Ma non per questo avulso da esternazioni razziste come nello scorso gennaio, quando alcuni dirigenti dello Ukip, commentando la morte di Nelson Mandela, parlarono di “negri destinati per nascita alla schiavitù.” Insomma, una strada ancora in salita quella di Marine Le Pen che deve assumere il comando prima che qualcuno dei suoi compagni di viaggio la faccia andare fuori strada. “Si vede costretta a ricoprire anzitempo una leadership dei movimenti populisti ed eurocritici.

Lei che ha trasformato il Front National rendendolo digeribile a nuove fette di elettori francesi, deve risolvere un problema di comunicazione degli alleati” spiega Sofia Ventura, politologa dell'Università di Bologna. “Una visione identitaria proposta con modalità più caute e meno aggressive. Certo è che molti di questi alleati si palesano per quello che sono realmente. Quando il Front National ha proposto di reintrodurre la carne di maiale nelle scuole lo ha fatto in maniera sottile e sotto il cappello della laicità senza generare polemiche. Ma resta una visione regressiva, che produce esclusione. Un nuovo Medioevo sotto le bandiere del noeuro a forte trazione francese.”