A un anno dai Giochi, fervono i preparativi per mostrare al mondo la grandezza della Cina. Ma pesa una incognita: che a vincere possa essere il dissenso. Alimentato da un esercito di dimostranti

Si può sempre contare sulle Olimpiadi per mostrare immagini televisive sensazionali. I Giochi olimpici di Pechino del prossimo anno non faranno differenza: anch'essi proporranno scene televisive avvincenti. Questa volta però le immagini non riguarderanno soltanto atleti impegnati a battere primati, bensì gli scontri tra la polizia cinese e una miriade di attivisti venuti da ogni parte del mondo per cambiare la Cina. Questi attivisti, spinti da alti ideali, lottano per cause che vanno dai diritti civili al surriscaldamento globale, dal Darfur al Tibet, dal Cristianesimo al Falun Gong. Gli scontri fuori dagli stadi saranno con molta probabilità intensi e spettacolari almeno quanto le competizioni sportive che si terranno al loro interno.

In effetti, gli atleti non sono i soli ad allenarsi duramente in preparazione della battaglia di Pechino. Anche il governo cinese e gli attivisti si stanno preparando. Secondo l'agenzia di stampa 'The Associated Press', i servizi segreti cinesi, la polizia e un gruppo di esperti del governo stanno compilando elenchi di organizzazioni straniere e di individui, facendo un lavoro che viene descritto come una delle "più imponenti offensive di raccolta di intelligence che Beijing abbia mai intrapreso nei confronti di gruppi di attivisti stranieri". Secondo 'Xinhua', l'agenzia di stampa cinese ufficiale, Zhou Yongkang, ministro della Pubblica sicurezza, ha ordinato alla polizia di "stare in guardia, difendersi e colpire sodo qualunque forza ostile che possa in alcun modo turbare i Giochi olimpici sia essa in patria o all'estero". A questo monito ha fatto eco quello di Luo Gan, massimo dirigente del partito comunista e responsabile degli Affari legali, il quale ha messo in guardia rispetto al bisogno di salvaguardare la stabilità sociale e ha sottolineato come occorra "guardarsi da attività distruttive e dirompenti messe in atto da varie forze ostili".

E difatti anche le 'varie forze ostili' si stanno preparando per l'estate calda del 2008. La China Aid Association, ad esempio, è un'organizzazione cristiana con base in Texas che ha di recente lanciato una campagna di preghiera per conto dei cinesi cristiani i quali, si teme, possano subire un incremento di persecuzioni come risultato delle azioni preventive del governo cinese nei confronti degli organizzatori religiosi. Anche altri gruppi cristiani stanno organizzando manifestazioni a Washington: chiedono al governo americano di usare le Olimpiadi per promuovere la libertà di culto religioso e per esercitare pressione su Pechino affinché ponga fine alla pratica di rispedire indietro i profughi nordcoreani che riescono a fuggire dal proprio Paese attraversando la Cina.

Nel frattempo, nel 2001, a Praga è stata fondata un'organizzazione chiamata Olympic Watch, il cui esplicito compito è quello di sfruttare l'occasione dei Giochi olimpici di Pechino per apportare cambiamenti nella politica cinese per ciò che concerne l'opposizione politica, la libertà di parola, la pena di morte, il Tibet, Taiwan, l'aborto, la libertà di culto religioso e i campi di lavoro forzato. Lo slogan delle Olimpiadi del 2008 è 'Un mondo, un sogno'. E lo scorso luglio, sei membri del Free Tibet Campaign, altra organizzazione attivista, sono stati arrestati dopo che due di loro, calandosi a corda doppia dal un lato della Grande Muraglia, hanno srotolato un grande striscione sul quale campeggiava una scritta con uno slogan molto diverso. Recitava: 'Un mondo, un sogno, Tibet libero 2008'.



Una variazione dello slogan ufficiale è stata utilizzata anche da un gruppo di attivisti cinesi che lottano per i diritti civili, alcuni dei quali sono al momento in prigione. I detenuti hanno reso pubblica una lettera aperta alle autorità, al Comitato internazionale per i Giochi olimpici, a varie agenzie delle Nazioni unite e ad altri leader mondiali chiedendo che i diritti civili universali vengano aggiunti al leit-motiv dei Giochi di Pechino. Tra le loro richieste ci sono anche: un'amnistia per tutti i detenuti di coscienza, il permesso di ritorno in patria per tutti i cinesi in esilio a causa di motivi politici o religiosi, libertà di stampa, risarcimenti per chi è stato sfrattato a causa della costruzione di impianti e strutture atte ad ospitare le Olimpiadi, il diritto di organizzare un sindacati liberi, il permesso per chi vive nell'entroterra cinese di recarsi a Pechino e presentare formale istanza di protesta circa la cattiva condotta dei dirigenti locali e la creazione di gruppi cittadini indipendenti che verifichino le spese e i costi associati ai Giochi olimpici.

Un Sogno olimpico per il Darfur è un altro gruppo che sta usando le Olimpiadi per far pressione sul governo cinese e fermare il suo sostegno al governo sudanese. A detta del gruppo, "i due ruoli che gioca la Cina - da un lato nazione ospitante dei Giochi olimpici simbolo di pace, dall'altro Paese sostenitore di un regime genocida - sono incoerenti e contraddittori. Si tratta quindi di due ruoli che devono necessariamente essere conciliati". Altri attivisti per il Darfur hanno definito quelle di Pechino le 'Olimpiadi del genocidio'.

Non c'è certo carenza di cause e di campagne che sfruttano i Giochi come leva per apportare cambiamenti in Cina. Da Parigi, anche il gruppo Reporter senza frontiere sta organizzando manifestazioni di protesta e, recentemente, ha collocato su un ponte di Pechino un grande poster che ritrae i cinque cerchi olimpici come se fossero manette. Irene Khan, segretario generale di Amnesty International, ha detto: "A meno che le autorità cinesi intraprendano misure urgenti che mettano fine alle violazioni dei diritti civili nel corso del prossimo anno, rischiano di infangare l'immagine della Cina e delle Olimpiadi di Pechino".

E tutto questo a un anno dall'inizio dei Giochi. Cosa succederà quando i Giochi inizieranno e uno tsunami di stranieri arriverà a Pechino non per assistere a eventi sportivi, ma per essere protagonista di cambiamenti politici? Come faranno le autorità cinesi a sapere che quell'anziana vecchietta arrivata dalla Danimarca si trova in realtà a Pechino insieme al suo gruppo parrocchiale per protestare contro le politiche pro aborto del governo cinese, o che quella giovane coppia di austrialiani sono in realtà membri dell'organizzazione ambientalista che, con un'alzata d'ingegno e una trovata pubblicitaria, intendono denunciare la compiacenza cinese per le emissioni CO2? In breve, cosa succede se i 40 miliardi di dollari che il governo cinese sta spendendo nelle Olimpiadi per mettere in mostra una Cina moderna, fruttano invece un immagine globale brutta e sgradevole?

Il governo cinese ha soltanto tre opzioni: pubbliche relazioni, pacificazione e repressione. Nessuna delle tre opzioni sarà adeguata per minimizzare gli effetti derivati dei dimostranti olimpici. Nessuna campagna di pubbliche relazioni, per massiccia che possa essere, può alterare la realtà. E la realtà è che, durante i Giochi olimpici, migliaia di dimostranti spinti da ideali che godono del sostegno dell'opinione pubblica in ogni parte del mondo, Cina inclusa, organizzeranno manifestazioni di protesta altamente visibili e creative.

L'altra faccia di questa realtà è che il governo cinese cercherà di reprimere i dimostranti. Inevitabilmente, migliaia di videocamere filmeranno tutti i confronti e gli scontri che ne deriveranno. In alcuni casi, a filmare saranno giornalisti professionisti che lavorano per grandi network televisivi. Ma in altri casi, laddove non vi saranno giornalisti, saranno le macchine fotografiche e i cellulari di astanti e partecipanti a scattare foto e riprendere immagini che verranno condivise con il resto del mondo. Il cammino dalle strade di Pechino a YouTube sarà duro da interrompere e le comunicazioni saranno pressoché istantanee.

L'altra possibilità che ha il governo cinese è quella di scendere a patti e accordare qualcuno dei cambiamenti richiesti dai dimostranti. E, anche se lentamente, con una certa riluttanza e in modo assolutamente modesto, ha già iniziato a farlo. Ma le richieste sono troppe e di troppa varia natura. Molte poi cercano di alterare la vera natura del regime cinese e il modo in cui in quel Paese si ottiene, si usa e si mantiene il potere politico ed economico. Pertanto, il governo cercherà inesorabilmente di controllare e reprimere gli attivisti Sarà una nuova frustrante esperienza per un governo centralizzato che non è abituato a contenere stranieri ben organizzati ed esperti nel campo dei media, i quali lavorano attraverso organizzazioni non governative internazionali altamente decentralizzate che sanno come mobilitare l'opinione pubblica per promuovere le loro cause. Il Gulliver cinese può essere intrappolato e messo in imbarazzo da uno sciame di attivisti globali del XXI secolo armati di telefonini cellulari, messaggi e videomessaggi che possono farla in barba a un vasto, ma datato apparato di polizia. I Giochi olimpici del 2008 promettono di essere un grande spettacolo. E noi tutti staremo a guardare.

traduzione di Rosalba Fruscalzo