Mezzi vecchi, servizi inadeguati, stazioni inaccessibili: l’odissea degli utenti è quotidiana. A Roma c’è il record di spostamenti con veicoli privati e tempo perso nel traffico, ma anche le altre città perdono il confronto con l’Europa. Ora tutti sperano nei 3,6 miliardi previsti dal Pnrr

Tra il 2003 e il 2020, l’azienda del trasporto pubblico di Roma (Atac) ha bruciato fra debiti e sussidi 9 miliardi di euro: come il costo dell’Apollo che portò il primo uomo sulla Luna. Nonostante il record di denaro pubblico, ancora oggi un pendolare non riesce a muoversi nella Capitale. L’incubo che esasperati cittadini e turisti affrontano ogni giorno è emblematico di una libertà che non viene garantita nel nostro Paese.

 

Dalla Costituzione Italiana a quella Europea, il diritto alla mobilità è sacro. Almeno in teoria. Perché nella pratica la situazione è disastrosa. Non basterebbero le infinite pagine di “Alla ricerca del tempo perduto” per elencare tutti i problemi dei trasporti capitolini fra ritardi, interruzioni, sprechi, scioperi, vandalismo, manutenzione inesistente, mancanza di sicurezza. Per non parlare dei mezzi così vecchi da andare a fuoco: oltre 300 in 5 anni. Da quando esiste l’agenzia che monitora i servizi pubblici romani, i residenti non hanno mai dato la sufficienza.

 

Senza uscire dai confini nazionali, già il confronto con l’Atm meneghina restituisce un abisso. Nel 2016, lo Spiegel descrisse l’Atac come la «peggiore azienda d’Europa». L’anno scorso la Commissione Ue ha certificato che i pendolari romani sono i più insoddisfatti. In questo imbarazzante contesto, non sorprende sapere che Roma sia la città con più spostamenti effettuati con mezzi privati e con maggiore tempo perso nel traffico. E in generale, l’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di auto circolanti in rapporto ai residenti (Napoli in testa per numero di veicoli registrati).

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Se le difficoltà sono lampanti per chi non ha problemi di mobilità, i diversamente abili sono ancora più svantaggiati. Lo scorso 15 marzo una turista americana affetta da Sla è rimasta bloccata alla stazione Colosseo davanti alle scale mobili guaste. Cinque anni fa quelle della stazione Repubblica crollarono provocando 29 feriti. Una turista è rimasta ferita venerdì 2 giugno alla fermata Barberini per un pannello di copertura che si è improvvisamente staccato dal soffitto. Disagi perfino per raggiungere una delle sette meraviglie del mondo moderno, figuriamoci per spostarsi in periferia. Le barriere architettoniche non possono neanche essere superate dagli ascensori: sulla Metro B1 nove su 10 sono rotti, sulla A il 60%.

 

«Chi utilizza l’Atac viene umiliato. Il sindaco Gualtieri? Un ologramma», sintetizza il blog romano Rfs (Roma fa schifo). L’assessore capitolino Eugenio Patanè, e il direttore di Atac, Alberto Zorzan - che hanno accettato di parlare con L’Espresso a bordo dei mezzi pubblici – valutano con una sufficienza il servizio (gestito senza bando, «ma se ci fosse una gara ci presenteremmo»). Zorzan addossa i problemi a una «passata gestione poco attenta e alla mancanza di risorse» e ricorda: «Quando sono arrivato mancava il direttore operativo, finanziario e quello del personale». Patanè promette quattro nuovi tram e due stazioni metro entro tre anni ma annuncia anche un possibile aumento del costo del biglietto.

 

Fuori dal baratro capitolino la situazione migliora, ma per gli utenti risulta comunque problematica. Giovanni Santarelli da Milano lamenta scioperi e mancanza di sicurezza, Marco D’Amico da Palermo vorrebbe autobus puntuali e controllori presenti, Enzo Ciniglio dalla Campania denuncia di essere isolato per colpa di un servizio indecente e vergognoso, mentre Marco Picinotti dalla Toscana evidenzia la frustrazione dei treni cancellati all’improvviso e senza motivo. «Il diritto alla mobilità non è affatto garantito, c’è ancora molto da fare», conferma il presidente di Fish Onlus (Federazione italiana per il superamento dell'handicap) Vincenzo Falabella.

 

L’assessore alla mobilità di Milano Arianna Censi si dice soddisfatta ma consapevole di poter migliorare l’accessibilità dei mezzi. Sulla stessa linea l’assessore della Lombardia Franco Lucente: «Spostarsi liberamente deve essere la normalità, per tutti». Il delegato ai trasporti della Campania, Luca Cascone, ammette un servizio deludente ma annuncia un miliardo di euro di investimenti su treni e infrastrutture per «dare dignità al cittadino». Il titolare della mobilità fiorentina, Stefano Giorgetti, racconta di lavorare per migliorare «l’appetibilità» del trasporto pubblico mentre fa fronte a una «carenza di autisti». L’Espresso ha chiesto un’intervista anche ai responsabili dei trasporti in Puglia, Sicilia e Palermo: non hanno accettato.

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I gravi ritardi delle infrastrutture urbane e l’insufficiente spesa per il servizio sono sottolineati nel rapporto Pendolaria 2023. «Il gap infrastrutturale rispetto all’estero – spiega Gabriele Nanni di Legambiente – è grandissimo. Ci sarebbero soluzioni immediate, ma spesso l’interesse della collettività viene barattato con il clientelismo di pochi. Inoltre, è inaccettabile che non ci sia attenzione per i disabili». L’associazione chiede al ministro Matteo Salvini che il tema della mobilità pubblica diventi una priorità. Ogni 100.000 abitanti, Roma ha 1,68 stazioni, Napoli 1,2, Torino 1,02, Milano 3,67. Ancora oggi persistono differenze tra le diverse aree del Paese.

 

Il podio delle peggiori linee include Campania, Lazio e Sicilia. La Circumvesuviana vince il premio Caronte ormai da anni a causa di pericolosi incidenti e tagli al servizio. La RomaLido e la RomaNord si confermano al secondo posto tra ripetuti disservizi, tabelle di marcia non rispettate e biglietterie fantasma. Chiude il podio la Catania-Gela che a fronte di aumenti tariffari registra treni sempre più in ritardo. Preoccupano anche le infrastrutture a singolo binario in Lombardia, le cancellazioni in Veneto, il sovraffollamento in Liguria, i tempi di percorrenza dilatati in Emilia, i cantieri infiniti in Puglia e le linee sospese in Piemonte (primato italiano).

 

Secondo Openpolis, nel 2019 la spesa pro capite per il Tpl a Milano è stata 868 euro contro i 100 euro di Bari. Fanalino di coda la Calabria con una media di 0,96 euro. Ma se il capoluogo lombardo è il più evoluto nel Paese, il distacco dall’Europa è elevato. Milano ha 102 km di metro (come la somma di quelli di Roma e Napoli) contro i 291 di Madrid o i 470 di Londra. Ogni 100.000 abitanti a Berlino ci sono 4,28 km di metro, a Roma 1,43. Tra tranvie, ferrovie suburbane e metro l’Italia conta su 1391 km: in Germania sono 4.733 e nel Regno Unito 2747.

 

L’inversione di rotta potrebbe arrivare con il Pnrr, che per il ministero dei Trasporti prevede 60 miliardi di euro: 3,6 miliardi serviranno a rafforzare il trasporto pubblico, rinnovando i mezzi e costruendo nuovi binari. In attesa dei fondi europei, però, il diritto alla mobilità in Italia è un sogno irraggiungibile per troppi, tra carenze strutturali e inefficienze infernali. Un trasporto pubblico veloce, accessibile e competitivo abbatterebbe l’inquinamento e migliorerebbe la qualità della vita. Ma, soprattutto, diminuirebbe le diseguaglianze. Invece questa libertà fondamentale viene ostacolata da mancanza di visione e decisione politica. Con il risultato di un sistema perennemente in tilt che costringe chi deve viaggiare per lavoro o studio ad affrontare una vera e propria odissea epica. Che però non ha nulla di poetico, ma è solo triste.