Ex killer neofascista, poi sicario della ‘ndrangheta, condannato in primo grado per la bomba in stazione del 2 agosto 1980: secondo l’accusa progettava di uccidere l’ex moglie. È stato intercettato nella nuova inchiesta sugli attentati del 1992-93

Paolo Bellini, l'ex killer nero condannato in primo grado per la strage di Bologna, è stato riarrestato per un nuovo piano omicida: secondo l'accusa, progettava di uccidere l'ex moglie, Maurizia Bonini, che ha testimoniato nell'ultimo processo in corte d'assise facendo crollare il suo alibi.

 

L'ex neofascista, poi diventato killer della 'ndrangheta e infiltrato in Cosa Nostra, era libero in attesa del processo d'appello, ma è stato intercettato dalle Procure di Firenze e Caltanissetta, che indagano sulle stragi di «terrorismo mafioso» del 1992 e 1993. L'ordinanza d'arresto è stata emessa dai giudici della Corte d'assise d'appello di Bologna. Ora Bellini è in carcere a Spoleto.

 

L'ex killer nero ha confessato di aver commesso una lunga serie di omicidi politici e poi mafia, dal 1975 al 2000, ma ha sempre negato qualsiasi complicità nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, il più grave attentato della storia d'Italia, che ha causato 85 vittime e oltre 200 feriti gravi. Già indagato nella prima istruttoria, dove emerse la sua straordinaria somiglianza con un sospettato che fu visto uscire in fretta dalla stazione poco prima della bomba, era stato salvato da un alibi, che all'ora della strage lo collocava a Rimini con la famiglia. Nella nuova indagine, gli avvocati dei familiari delle vittime hanno recuperato un filmino amatoriale, girato da un turista tedesco su un treno in arrivo, che ha documentato la presenza sul luogo della strage di un uomo identico a Bellini, secondo le perizie. Nel nuovo processo, chiuso nel maggio 2022 con la condanna all'ergastolo, la stessa ex moglie lo ha riconosciuto con certezza in quel video, spiegando che all'epoca aveva mentito: «Avevo solo 25 anni e pensavo fosse innocente, che non fosse capace di commettere omicidi come poi lui stesso ha confessato».

 

Dalle intercettazioni dell'antimafia, secondo le prime indiscrezioni, emerge anche un'inquietante attività di Bellini per trovare notizie sul luogo di lavoro e residenza del figlio del presidente della corte d'assise che ha guidato l'ultimo processo e scritto le motivazioni della condanna. Oltre all'alibi crollato, la sentenza evidenzia una lunga serie di prove a suo carico, dalle testimonianze di due ex detenuti (che furono in carcere insieme a lui e a suo fratello), alle intercettazioni dello stragista neofascista Carlo Maria Maggi (colpevole della strage di Brescia), ai rapporti con altri terroristi di destra coinvolti nella strage di Bologna, che l'imputato aveva sempre negato.

 

Bellini è il quinto neofascista condannato per la strage di Bologna. Per Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, all'epoca terroristi dei Nar e già dichiarati colpevoli di molti altri omicidi, la sentenza è definitiva da anni. Nel 2020 è stato condannato in primo grado anche Gilberto Cavallini, armiere e tesoriere oltre che killer della stessa banda armata, che era collegata alla P2 e ai servizi segreti deviati. Tutti si sono sempre proclamati innocenti, come lo stesso Bellini.

 

L'arresto di oggi apre un nuovo capitolo nell'allucinante storia nera del criminale emiliano. Bellini stesso ha confessato di aver commesso il suo primo omicidio nel 1976, quando era un neofascista di Avanguardia Nazionale: ha ucciso a colpi di pistola uno studente emiliano di sinistra, pacifista e disarmato, alla vigilia delle elezioni. Il delitto è rimasto impunito e Bellini è passato alla criminalità, tra rapine, furti di opere d'arte e nuove accuse di tentato omicidio, ma è sfuggito all'arresto scappando all'estero. Prima del 1980 è tornato in Italia con un passaporto brasiliano di copertura e, da latitante sotto falsa identità, è diventato pilota d'aereo a Foligno, dove era ospitato da due parlamentari del Msi e portava in volo gratis anche l'allora procuratore di Bologna, Ugo Sisti, poi risultato collegato ai vertici piduisti dei servizi segreti e quindi promosso capo delle carceri.

 

Prima delle stragi mafiose del 1992-93, Bellini si è inserito anche in Cosa Nostra, in Sicilia, per conto di un carabiniere del Ros che voleva recuperare capolavori dell'arte rubati dalla mafia, e ha incontrato in particolare il boss stragista Antonino Gioè, che si è poi ucciso in carcere in circostanze oscure, accusandolo in uno scritto di essere un infiltrato dei servizi. Tra una missione e l'altra, come ha poi confessato lui stesso, Bellini è diventato un killer della 'ndrangheta emiliana e ha commesso omicidi anche in Calabria. Arrestato alla fine degli anni '90, si è dichiarato pentito ed è stato scarcerato con lo status di collaboratore di giustizia.

 

I magistrati di Bologna e gli avvocati di parte civile spiegano in numerosi atti che Bellini è stato sicuramente protetto e coperto per molti anni da apparati di sicurezza e servizi segreti deviati. Se dopo l'arresto di oggi dovesse pentirsi veramente, una sua confessione piena e totale potrebbe chiarire e forse riscrivere tutta la storia delle stragi, dalle bombe neofasciste degli anni Settanta agli attentati della mafia siciliana e calabrese mentre crollava la prima Repubblica.