Anna Maria Becherini, puericultrice, racconta che in passato ci fu un tentativo di creare la figura della Mother Assistant. Ma nonostante il corso il progetto sfumò. Perché la loro professionalità non fu mai riconosciuta. «In fondo siete colf da sei euro l'ora»

Nell'inchiesta Partorirai con Dolore, pubblicata su L'Espresso, è stata messa in luce la tendenza tutta italiana a lasciare sole le donne nella delicata fase del post parto. Le neo mamme, almeno quelle che non sono affiancate dalle ostetriche dei consultori, o seguite privatamente da professioniste dell'allattamento, restano in balia dei propri dubbi, dei propri dolori, della stanchezza fisica e mentale che si accompagna all'evento del parto.

La puericultrice, oggi in pensione, Anna Maria Becherini racconta a L’Espresso come all'inizio degli anni Duemila ci fosse stata una spinta alla creazione di una figura professionale per l'assistenza alle neo mamme, che tuttavia non ha mai preso piede, sconfessata e boicottata dalla politica e dal mondo dell'ostetricia.

 

 

Nei primi anni Duemila fu realizzato a Perugia un corso – finanziato dalla Comunità Europea - per la creazione di figure professionali femminili, non sanitarie, denominate Mother Assistant, cioè Assistenti alla Maternità. Il fine era duplice: offrire un'occasione di qualificazione professionale a donne – ragazze più o meno giovani – interessate a entrare nel mondo del lavoro o a rientrarvi dopo esperienze di inattività o licenziamento per promuovere la cultura dell'occupazione; e promuovere la cultura dell'assistenza domiciliare individuale, prima, durante e dopo il parto, ovvero dell'affiancamento alla neo madre nei primi complicati mesi di vita del neonato.

Il corso fu strutturato in 700 ore, la metà composto da lezioni frontali fornite da ostetriche di ampia esperienza, pediatri ospedalieri, antropologi, psicologi, ginecologi, la restante parte di tirocini pratici in reparti nascita, nidi, al domicilio di donne in molti casi in difficoltà, sole o straniere o impreparate, o legittimamente spaventate.

Le aspiranti Mother Assistant furono preparate essenzialmente ad affinare l'attenzione ai bisogni della coppia madre-bambino, a quella del nucleo familiare e furono anche accuratamente formate in merito ai diritti delle madri durante il travaglio, il parto, la scelta del tipo di nutrizione (allattamento al seno o latte artificiale), l'avvio dell'allattamento al seno. La Mother Assistant sarebbe stata «presenza competente e rassicurante» al fianco della neomadre. Un aiuto pratico personalizzato anche nella gestione dell'attività quotidiana di vita: per esempio offrendo un supporto nel disbrigo delle commissioni, organizzazione dei pasti, attaccamento al seno, supporto nelle visite mediche specialistiche, ascolto e consulto psicologico, tramite con il team di medici e infermieri specialisti a fronte di evidenti disturbi fisici e psichici.

L'ordine delle ostetriche ci osteggiò, perché non comprese che la Mother Assistant non sarebbe stata una concorrente, non essendo una figura sanitaria.

Finito il corso, incassata con esame finale la qualifica, il funzionario regionale incaricato di definire i termini economici delle nostre prestazioni, laconicamente, disse che in fondo eravamo colf, magari un po' più competenti, e che sei euro l'ora sarebbe stato il giusto compenso. Fummo lasciate sole, scopo e spirito del corso vanificati. Organizzammo convegni pubblici per promuovere la figura della Mother Assistant e, soprattutto, l'essenza "politica" dell'evento nascita.

Poi, incontrando resistenze e muri, in breve ciascuna prese altre strade.