I contratti-scandalo del re delle mense. I soldi all’avvocato diventato vicepresidente del Csm. Le soffiate dal capo dei servizi. Indagini e intercettazioni svelano favoritismi e reti di potere del super-manager veneto che ora controlla gli ospedali di tutta Italia

Il 14 agosto 2020 un potente manager pubblico, Domenico Mantoan, direttore generale della sanità veneta da oltre un decennio, prende la macchina e sparisce, lasciando un messaggio laconico: ha appuntamento con «uno molto informato». A metà pomeriggio si ferma a Brendola, un paese della provincia di Vicenza, e spegne il telefonino. Qui viene raggiunto da un uomo di mezza età, arrivato anche lui da solo, su un’auto noleggiata. L’incontro dura tre ore, fino alle otto di sera. Poi Mantoan riaccende il cellulare e chiama la sua convivente, funzionaria della sanità regionale, usando un linguaggio in codice, come avverte lui stesso. Per le notizie più riservate, le manda dei disegni, protetti con messaggi a scomparsa. Il senso, secondo i magistrati di due procure, è comunque chiarissimo: allarme rosso, c'è una nuova inchiesta a Padova, attenzione alle telefonate, di questo e altri problemi dobbiamo parlare di persona. La settimana dopo Ferragosto, negli uffici della Regione a Venezia, i suoi più stretti collaboratori cominciano a preoccuparsi, a discutere di indagini in corso e a confidare di sentirsi controllati.

 

I carabinieri, che stanno effettivamente intercettando Mantoan e il suo staff per una grossa istruttoria sulla sanità veneta, in teoria ancora segretissima, avvertono la Procura di Padova della fuga di notizie, che rischia di bruciare anche altre indagini, collegate alla prima.

 

Urge identificare il misterioso interlocutore del super manager regionale, che gestisce un budget di spesa da dieci miliardi all’anno. Una telecamera ha ripreso la targa della sua auto, noleggiata a Roma: il contratto è intestato alla Presidenza del Consiglio, la partita Iva fa capo al Dis, la direzione centrale dei servizi segreti. Quella macchina risulta assegnata al capo dell’Aise per tutto il Nordest. Dunque il sospettato, S.M., non è un agente qualsiasi: è il numero uno dei servizi segreti militari con competenza su tre regioni. L’ufficiale viene indagato per rivelazione di segreti d’ufficio. La sua abitazione viene perquisita. I magistrati lo accusano di aver abusato del suo ruolo per carpire «notizie e documenti» da una fonte interna al palazzo di giustizia, mai identificata: la talpa è tuttora «ignota». E sul caso ora incombe una mossa difensiva di portata istituzionale: il segreto di Stato.

 

Il procedimento per la presunta soffiata anti-intercettazioni, trasmesso per competenza a Vicenza, è solo l’ultimo atto di una trama giudiziaria più ampia e complessa: un fascio di indagini su maxi-appalti sanitari, parcelle d’oro, truffe sull'emergenza Covid, rapporti con i servizi. Inchieste derivate dalle stesse intercettazioni, che sono arrivate a coinvolgere anche l’avvocato della Lega che oggi è vicepresidente del Csm.

 

Tutto parte da una querela temeraria. Il giornalista Renzo Mazzaro spiega sul Mattino di Padova come un imprenditore vicentino, Mario Putin, classe 1949, cinque figli e 45 nipoti, gran lavoratore, titolare della Serenissima Ristorazione, «ha raggiunto il monopolio degli appalti» per i pasti negli ospedali veneti. La sua azienda controllava il 61 per cento delle forniture già nel 2010, quando il governatore leghista Luca Zaia è subentrato al berlusconiano Giancarlo Galan (poi condannato per le tangenti del Mose). Nel 2018 è sempre Serenissima Ristorazione a stravincere la gara bandita da Azienda Zero, la centrale regionale delle spese sanitarie, per la bellezza di 303 milioni di euro. Il principale concorrente, Dussmann Italia, denuncia all'Autorità anticorruzione (Anac) di essere stata penalizzata da una clausola «su misura»: vietato usare le cucine degli ospedali, bisogna avere un mega-centro esterno di cottura. L’unica che lo possiede è la società di Putin, che peraltro l’ha costruito con fondi della stessa Regione.

 

Prontamente querelato da Azienda Zero, il giornalista viene assolto con una sentenza trionfale: il giudice definisce l'articolo «un esempio di giornalismo d'inchiesta» ed evidenzia che «i fatti riportati sono tutti veri!». Quindi l’Anac boccia la clausola su misura e il Consiglio di Stato, nel 2020, ordina di rifare la gara. La Regione, a quel punto, fissa un tetto: la stessa società non può ottenere più di metà degli appalti. Intanto la Procura fa partire le intercettazioni. L’indagine si chiude nel 2022 con il rinvio a giudizio dei responsabili di due società che hanno vinto 5 appalti su 6: Serenissima Ristorazione ed Euroristorazione. Le intercettazioni, secondo l'accusa, mostrano che Putin sarebbe il «dominus effettivo» di entrambe. Le due aziende avrebbero fatto «offerte concordate», presentandosi «falsamente» come separate e concorrenti, ma a comandare era sempre lui. Le intercettazioni fanno scattare anche un’accusa di truffa allo Stato: gli stipendi di cinque dipendenti sarebbero stati scaricati sulla «cassa integrazione Covid», anche se in realtà lavoravano in azienda a tempo pieno. L’imprenditore Putin e gli altri indagati respingono tutte le accuse e con i loro legali contestano la validità e l’interpretazione delle intercettazioni. Vanno tutti considerati innocenti fino alla sentenza finale. E la lentezza dei processi, soprattutto in appello a Venezia, gioca a loro favore, con alte probabilità di prescrizione o «improcedibilità sopravvenuta».

 

La seconda indagine nasce nell’aprile 2020, in piena emergenza Covid. Le intercettazioni vanno ancora a gonfie vele, quando Mantoan chiama la dirigente dell’ufficio legale della Regione e le dice, papale papale, di pagare più parcelle possibili a un avvocato della Lega, Fabio Pinelli. La dirigente sa che il legale difende politici come Armando Siri e altri big del partito che guida la Regione Veneto, ma gli risponde che non si può fare: è lecito usare legali esterni solo in casi eccezionali e motivati, per ardue procedure amministrative, mentre Pinelli è un penalista e non è neppure nella lista dei consulenti autorizzati. E poi la legge vieta di dare incarichi diretti, a trattativa privata, sopra i 40 mila euro. Mantoan però rilancia: le propone di frazionare le fatture e pagargli tante parcelle sotto i 40 mila. E per rassicurarla aggiunge che, con tutti i miliardi che la Regione spende per il Covid, nessuno andrà a controllare. La dirigente resta spaventata e chiede consigli ad altri avvocati veneti, sentendosi dire che Pinelli avrebbe una pessima fama: un maneggione, un raccomandato salito sul carroccio della Lega. Le parole testuali sono molto più pesanti, ma un’apposita legge-bavaglio intitolata alla ministra Marta Cartabia vieta ai giornalisti di virgolettare le intercettazioni, anche se vere e dichiarate rilevanti dai giudici.

 

L’otto aprile 2020 viene intercettata in diretta la stesura di una delibera a favore di Pinelli. L'incontro è organizzato da Mantoan. La dirigente regionale scrive il testo insieme a Pinelli che ne beneficia. Il giorno stesso inizia la festa: l’avvocato della Lega emette una fattura di 39 mila euro. La seconda, con la stessa data, è di altri 19 mila. La Guardia di Finanza conteggia, fino alla fuga di notizie del 2020, un totale di 21 parcelle deliberate da Azienda Zero, «con affidamento diretto», a favore dell'avvocato Pinelli, in qualche caso insieme a un altro legale, per cifre comprese fra 2.990 e 35 mila euro, con due eccezioni: due fatture da 95 mila e 47 mila euro, che risalgono però al settembre 2019. Nella fase più tragica della pandemia, Pinelli ottiene dalla Regione anche un incarico a percentuale: il 15 per cento di tutte le tasse da recuperare sulle bollette elettriche delle Asl, con parcella massima finale di 465 mila euro.

 

La chiusura dell’indagine è un'archiviazione con una coda velenosa. I magistrati spiegano che le ultime riforme dell'abuso d'ufficio, invocate da legioni di sindaci e funzionari perseguitati, hanno raggiunto l'eccesso opposto: se c’è un potere discrezionale, anche il favoritismo più smaccato non è più reato. Con tutte quelle parcelle all’avvocato Pinelli, lo staff di Mantoan «ha violato i doveri di imparzialità, selezione e rotazione degli incarichi», scrivono i giudici, ma l’accusa penale è stata abolita. La Procura di Padova però trasmette gli atti alla Corte dei Conti, per valutare possibili risarcimenti. E il giudice del tribunale denuncia Pinelli all’Ordine degli avvocati, per la sua mega-tariffa a percentuale, ritenuta un illecito disciplinare. Il decreto finale ordina anche nuove indagini su Mantoan e il suo staff, per una parte delle parcelle di favore.

 

Intanto l’avvocato e il super manager, che si sono sempre proclamati innocenti, hanno fatto fortuna a Roma. Pinelli è stato eletto vicepresidente del Csm, il primo con la targa della Lega e il plauso di Matteo Salvini: «È un amico». Mantoan è diventato il direttore generale dell’Agenas, l’agenzia nazionale che controlla le spese di tutti gli ospedali italiani.

 

Peggio di tutti se la passa l’ex capo del servizi nel Nordest, per ora sospeso dall'incarico. Ma anche lui confida in una riabilitazione totale. Il suo avvocato, Virio Nuzzolese, ha presentato una memoria difensiva che contesta le intercettazioni: sono state fatte in un’indagine diversa e non sono utilizzabili per provare una fuga di notizie. L’ufficiale però si difende anche nel merito: conferma di aver incontrato Mantoan, ma giura di non avergli rivelato indagini giudiziarie, che i servizi nemmeno conoscevano. E di cosa ha parlato con Mantoan? È vero che l’ufficiale potrebbe opporre ai giudici il segreto di Stato? «Non posso confermare né smentire», è la risposta del difensore.