La giornalista assassinata fu la prima a scoprire 17 Black, la misteriosa offshore del miliardario Yorgen Fenech, ora in carcere come mandante. L’Espresso e The Times of Malta pubblicano le carte che svelano il movente del delitto: tangenti ai ministri e traffici di gas e petrolio. Da Dubai una scia di milioni porta a una società italiana

Si chiama 17 Black. È la società offshore al centro delle indagini sull'omicidio di Daphne Caruana Galizia. Appartiene al miliardario maltese arrestato come presunto mandante e finanziatore dell'assassinio della giornalista anti-corruzione. Era la sua cassaforte segreta: una tesoreria anonima utilizzata per pagare politici e, come ora emerge, per gestire affari riservati, senza comparire. Con bonifici effettuati perfino nello stesso periodo dell'omicidio. Soldi che scottano. E che portano in Italia, a una società petrolifera coinvolta in altri intrighi e scandali giudiziari di casa nostra.

 

Per capire la notizia bisogna fare due passi indietro. Daphne Caruana Galizia è stata uccisa con un'autobomba il 16 ottobre 2017 davanti alla sua casa a Bidnija, nella parte nord dell'isola. Il figlio Matthew, anche lui giornalista, ha sentito il tremendo boato ed è stato il primo ad accorrere. I tre presunti esecutori, Vince Muscat e i fratelli George ed Alfred Degiorgio, legati alla criminalità maltese, sono stati arrestati nel dicembre 2017. Due anni dopo, il 20 novembre 2019, è finito in carcere il sospetto mandante: Yorgen Fenech, uno dei più ricchi imprenditori di Malta, che è ancora in attesa di giudizio e si proclama innocente.

 

Tra le prove a suo carico pesa la testimonianza di un tassista, Melvin Theuma, che ha ammesso di avere fatto da tramite fra il mandante e i killer, ottenendo l'immunità legale in cambio della confessione. Nel febbraio 2021 anche il pregiudicato maltese Vince Muscat si è dichiarato colpevole e ha patteggiato una condanna ridotta a 15 anni.

 

Il tassista ha spiegato che i killer hanno chiesto 150 mila euro: trentamila come anticipo, gli altri da versare dopo il delitto, tutti in contanti. Fenech gliene parlò per la prima volta («Voglio uccidere Daphne Caruana Galizia») nell'aprile 2017. In giugno, quando il governo laburista dell'ex premier Joseph Muscat convocò le elezioni anticipate, l'omicidio fu rinviato per non danneggiare i politici legati a Fenech. Titolare del colosso immobiliare Tumas e di catene di alberghi, centri commerciali e casinò, Fenech aveva ottenuto dal governo maltese la concessione statale, firmata dal ministro dell'Energia, per realizzare Electrogas, la più grande centrale privata di Malta, rifornita di gas dalla società statale azera Socar.

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Daphne, una giornalista indipendente, senza padroni, che pubblicava Running Commentary, una delle più popolari testate online di Malta, ha firmato i primi scoop su quell'appalto già nel 2016. E ha rivelato che il capo di gabinetto del governo, Keith Schembri, e il ministro dell'energia, Konrad Mizzi, avevano due società offshore a Panama, mai dichiarate pubblicamente. Nell'aprile 2016 l'inchiesta giornalistica Panama Papers, coordinata dal consorzio Icij, per cui lavorava suo figlio Matthew, ha confermato che Daphne aveva scritto la verità: quelle offshore appartenevano ai due politici maltesi. Che stavano cercando di aprire conti esteri per incassare almeno due milioni di dollari da un'altra società estera, anonima e segreta: 17 Black.

 

Daphne ha pubblicato la notizia che probabilmente le è costata la vita nel febbraio 2017, otto mesi prima di morire. Un lancio, solo il preannuncio di un'inchiesta giornalistica in corso. Un titolo con quattro foto. «17 Black: il nome di una società costituita a Dubai». Sotto, le immagini di Schembri, Mizzi e altri due big del governo maltese.

 

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Il tassista ha testimoniato che Fenech decise l'omicidio proprio in quel periodo. Daphne stava lavorando su Electrogas. Sempre tra il 2016 e il 2017 la giornalista aveva ricevuto una massa di documenti, circa 600 mila atti, sulla centrale di Fenech. Nell’estate 2017 l'imprenditore, mentre consegnava al tassista le buste con i primi soldi per i killer, insisteva per accelerare i tempi: «Dovete ucciderla in fretta. Fate in fretta e uccidetela. Deve smetterla di pubblicare quelle informazioni». Daphne si è così trovata nella situazione più pericolosa per un giornalista d'inchiesta: nominando 17 Black, ha toccato un nervo scoperto dei rapporti fra economia e politica, ma non sapeva (o non poteva provare e quindi scrivere) chi manovrava quella offshore. La cronista è stata eliminata, secondo i risultati delle indagini, proprio per evitare che potesse arrivare fino a Fenech smascherando quella sua tesoreria anonima.  

 

Oggi gli affari segreti della 17 Black vengono finalmente svelati da una serie di documenti interni ottenuti da L'Espresso e The Times of Malta. C'è la conferma che Yorgen Fenech è titolare non solo di quella società, ma anche di altre offshore collegate, che trafficano in gas e petrolio. Ci sono bonifici bancari e prelievi in contanti nei giorni dell'omicidio e dei pagamenti ai sicari. E c'è anche la reazione di Fenech agli scoop di Daphne. Poco dopo il primo articolo, 17 Black ha cambiato nome. Da quella offshore sono nate due società gemelle, Wings Development e Wings Investments. Entrambe hanno sede a Dubai, sono gestite dagli stessi fiduciari e si scambiano soldi. Insomma, sono il nuovo sistema offshore, appoggiato alla Noor Bank di Dubai, creato da Fenech per continuare a tenere nascosta la sua tesoreria di fondi neri. Da lì partono almeno due bonifici a favore di un gruppo petrolifero italiano. Il primo viene ordinato da Fenech dodici giorni dopo l'omicidio di Daphne.

 

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Il 28 ottobre 2017, infatti, la Wings Investments Ltd (cioè la società gemella dell'ex 17 Black) versa un milione e 326 mila euro alla Napag IT Limited. È una società di Dubai controllata dall’omonimo gruppo italiano. Lo stesso che è poi finito al centro di delicate indagini, a Roma e Milano, per presunti rapporti illeciti con l'avvocato Piero Amara, il grande corruttore di magistrati e inquinatore delle inchieste sull'Eni.

 

Dall'estratto conto della Wings Investments emerge anche un altro bonifico, di pochi giorni dopo: 1 milione e 190 mila euro versati nel novembre 2017 sempre alla Napag Limited di Dubai.

 

I versamenti al gruppo italiano vengono segnalati come anomali dall'ufficio antiriciclaggio della Noor Bank, che chiede spiegazioni a Fenech. La banca di Dubai osserva che la Wings non è una compagnia petrolifera e sta pagando le fatture di una società diversa, World Bunker Suppliers (Wbs), intestata a fiduciari. Fenech risponde di essere titolare di entrambe le offshore. Spiega che la Wings è la sua tesoreria personale e precisa di averla usata per pagare debiti della Wbs, perché anche questa è sua: «Ho fatto una iniezione di liquidità, come azionista».

 

Anche i revisori dei conti della Wbs contestano i bonifici al gruppo italiano, ma sotto il profilo dei costi. «Le fatture sono state pagate non dalla società, ma dal suo titolare, e i pagamenti sono registrati nei bilanci del 2017 come "prestiti dell'azionista YF", produttivi di interessi». Si scopre così che Fenech si è fatto pagare dalla sua società 18.750 euro al mese di interessi, «in contanti», a partire dall'ottobre 2017, almeno fino a dicembre. Secondo i revisori, i versamenti sono proseguiti nel 2018, probabilmente, per cifre superiori. In questo modo l'imprenditore maltese ha potuto incassare almeno 56 mila euro senza lasciare tracce, utilizzando le sue offshore segrete, proprio nel periodo in cui aveva urgente bisogno di contanti, secondo l'accusa, per pagare e tacitare gli assassini di Daphne.

 

Nei bilanci della Wbs sono registrate altre due fatture italiane. Sono intestate alla Napag Italia srl, la capogruppo, nata a Reggio Calabria ma cresciuta a Roma trasferendosi nello studio dell'avvocato Amara. Riguardano due carichi di petrolio. La prima fattura, per un milione e 432 mila euro, è datata 9 novembre 2017: 24 giorni dopo l'omicidio. La seconda, del 17 gennaio 2018, è di un milione e 311 mila euro. Sono date e cifre diverse rispetto ai bonifici della Wings - 17 Black. Ma i revisori sollevano lo stesso problema: anche qui è a pagare è Fenech come azionista, che presta soldi alla sua società e si fa restituire gli interessi in contanti.

 

In Italia il gruppo Napag è finito sotto inchiesta, tra il 2018 e il 2019, dopo i ripetuti arresti di Amara per corruzione di magistrati. L'indagine ha spaccato le Procure di Roma e poi di Milano, con liti e denunce incrociate. Ora la Napag e il suo titolare, Francesco Mazzagatti, devono rispondere di tre accuse, con altri imputati: frode, corruzione di manager privati e auto-riciclaggio.

 

Sono accuse che riguardano affari milionari di portata strategica: contratti petroliferi truccati per nascondere rapporti con nazioni ad alto rischio. La presunta frode è stata denunciata dall'Eni, che nel 2019 respinse una nave carica di petrolio, in apparenza iracheno, perché in realtà risultava contrabbandato dall'Iran, violando l'embargo americano. Mentre l'accusa di riciclaggio riguarda 25 milioni utilizzati dalla Napag, nel 2018, per acquistare il 60 per cento di un impianto petrolchimico in Iran, mettendosi in società con la Repubblica islamica di Teheran. L'avvocato Amara, che aveva aperto a Mazzagatti le porte dell'Eni, secondo l'accusa sarebbe socio occulto della Napag.

 

Interpellato da L'Espresso e The Times of Malta, il signor Mazzagatti, fondatore e dominus della Napag, ha risposto a tutte le domande. E ha spiegato di non avere mai saputo chi fosse il proprietario delle due offshore, Wings e Wbs: «Di prassi, nel settore del gas e petrolio, le interlocuzioni sulla fornitura o sull’acquisto di prodotti avvengono direttamente fra i responsabili degli uffici commerciali delle società interessate, e mai direttamente fra gli azionisti. I nostri erano esclusivamente rapporti commerciali, non abbiamo mai avuto la disponibilità di documenti sul loro assetto societario».

 

Mazzagatti nelle sue risposte non nomina mai Fenech. E non ha problemi a confermare di aver fatto molti affari con la offshore petrolifera che oggi risulta sua: «Mi preme evidenziare che fra la Napag Italia e la Wbs sono intercorse numerose operazioni commerciali di fornitura di prodotti petroliferi. Il rapporto non si è limitato alle fatture da voi citate». Il titolare della Napag precisa che «le fatture avevano come oggetto la vendita di carburante per le navi. La Wbs poi provvedeva a caricarlo su proprie imbarcazioni e a consegnarlo ai suoi clienti, prevalentemente armatori. Il petrolio proveniva dall’Azerbaijan. Il nostro fornitore era l'azienda statale azera Socar».

 

Sulle indagini a suo carico, Mazzagatti è ottimista: «I miei difensori hanno già depositato alla Procura di Milano una corposa memoria difensiva con documentazione allegata che attesta l'assoluta liceità e legittimità di tutte le attività della Napag».

 

Yorgen Fenech, alle domande inviategli in carcere tramite il suo avvocato, ha risposto che si tratta di «operazioni commerciali perfettamente legittime, realizzate da soggetti privati attraverso imprese private». L’avvocato ha rimarcato che «il signor Fenech respinge fermamente tutte le accuse e insinuazioni di comportamenti illegali o scorretti». 

 

Nella breve risposta l'imprenditore non fornisce chiarimenti nel merito degli affari petroliferi e non smentisce di essere titolare della 17 Black – Wings e della World Bunker Suppliers. A Malta le sue offshore sono al centro di nuove indagini, che riguardano anche gli affari con la Socar, la società statale dell’Azerbaijan, che controlla un terzo della centrale Electrogas. Sono istruttorie aperte soltanto dopo l'arresto di Fenech per l'omicidio. E riconfermano le denunce della giornalista. Un esempio riguarda proprio la Wbs: la società anonima con cui Fenech nel 2016 è entrato (segretamente) nel mercato del petrolio, ha beneficiato di una concessione statale firmata, guarda caso, dall'allora ministro Mizzi. Uno dei politici con le offshore, amici di Fenech e nemici di Daphne.