Al terzo anno di pandemia migliaia di classi hanno più di 26 alunni. Lo rivela il dossier di Tuttoscuola: servono 1.570 nuove classi e una spesa di 300 milioni per risolvere il problema. Il governo Draghi ne ha previsti solo 22

Ormai manca poco, i cancelli delle scuole si stanno per riaprire. Ma il governo, forse, avrebbe voluto qualche mese in più. Quello che i presidi si apprestano ad affrontare sarà un anno quanto mai complesso: quarantene, controllo dei Green Pass, organizzazione degli spazi, scaglionamento degli orari di ingresso e di uscita. A queste difficoltà si aggiunge un problema spinoso che a turno, negli anni, i diversi esecutivi hanno promesso di risolvere: il sovraffollamento delle aule. È uno di quei temi di cui si torna a parlare ciclicamente, ma con l’emergenza sanitaria non può più essere rimandato. Secondo un dossier elaborato dalla rivista Tuttoscuola, in Italia le classi con più di 26 alunni, quelle che vengono spesso definite “classi pollaio”, sono 13.761 su un totale di oltre 365.000. Nel dettaglio: 2.032 all’infanzia, 771 alle elementari, 984 alle medie e 9.974 alle superiori.


Nell’ultimo anno scolastico, nonostante moltissimi istituti venissero di volta in volta chiusi per improvvisi focolai, circa 382.000 studenti e quasi 25.000 insegnanti sono stati costretti a svolgere le lezioni in aule riempite più del dovuto. Le criticità maggiori si sono verificate alle superiori, in particolare al primo anno. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha annunciato un piano sperimentale per le aule sovraffollate, ma le risorse stanziate, 22 milioni, sembrano insufficienti.


Attualmente in Italia ci sono diverse leggi che disciplinano il numero massimo di studenti che non dovrebbe essere superato all’interno di una classe. Secondo quanto ha stabilito l’ultimo decreto approvato nel 2009 (la ministra dell’Istruzione era Mariastella Gelmini) per le scuole materne il limite è di 29 alunni per sezione, per la scuole elementari è di 27, per le medie 28 e per le superiori 30. Questi numeri sono in contrasto con altre due norme tuttora in vigore: il provvedimento del ministero degli Interni del 1975 e il decreto ministeriale sulle misure antincendio del 2017, che prevedono in ogni aula una presenza massima di 26 persone (25 alunni più l’insegnante). Di recente il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha parlato genericamente di un limite di 27 persone.

 


In qualsiasi caso, anche se si tengono in considerazione i parametri di Gelmini, nel 2020 quasi 1.800 classi hanno registrato un affollamento superiore alle indicazioni fissate (quindi superando i 30 studenti). In italia la questione delle “classi pollaio” non è nuova. Se ne parlava anche nel contratto di governo sottoscritto da Lega e Movimento Cinque Stelle nella formazione del primo governo Conte, nel 2018. Ma come ricorda Tuttoscuola, nonostante il riferimento al sovraffollamento sia sempre stato uno dei tormentoni dei discorsi politici sulle scuole, i provvedimenti attuati per migliorare la situazione sono stati praticamente nulli.


Lo dimostrano i numeri, visto che negli ultimi cinque anni le classi eccessivamente numerose sono continuate ad aumentare. Tra Nord e Sud le differenze sono poche. Al liceo scientifico “Galileo Galilei” di Catania nell’ultimo anno scolastico c’erano 61 classi con più di 26 alunni: cinque anni prima, nel 2016, erano 43. Situazioni simili anche all’istituto commerciale “Enrico Tosi” di Busto Arsizio, in provincia di Varese, (59 “classi pollaio” nel 2020, 15 nel 2016) e al liceo delle scienze umane “Levi” di Marano, provincia di Napoli (38 nel 2020, zero nel 2016).


È difficile immaginare come sia stato possibile mantenere le distanze di sicurezza in queste condizioni. Il timore è che gli stessi disagi quest’anno possano diventare di gran lunga più problematici. La situazione preoccupa maggiormente rispetto al 2020/21, perché le distanze di sicurezza non saranno più obbligatorie. Nel protocollo d’intesa firmato dal governo e dai sindacati, il Comitato tecnico scientifico ha raccomandato la distanza di un metro tra i banchi, ma ha anche sottolineato che, quando non sarà possibile rispettarla per le condizioni logistiche della struttura, basterà l’utilizzo della mascherina. Le classi in cui non sarà possibile saranno migliaia.

 


L’indicazione semplificherà l’organizzazione, ma renderà più pericoloso il sovraffolamento. Anche perché nelle aule il ricambio d’aria sarà garantito solo manualmente, cioè aprendo le finestre.
Come sottolinea Tuttoscuola, gli istituti superiori sono quelli che hanno maggiori problemi: nel 2020 su 6.424 strutture 587 si sono trovate nella condizione di dover gestire classi con più di 27 studenti. In totale, le classi troppo numerose sono state quasi 10.000: significa che in un’aula su quattro gli studenti erano molti di più rispetto alle indicazioni stabilite dai provvedimenti.


Accade tanto nelle grandi aree metropolitane quanto nelle provincie più piccole. Il primato per il 2020-21 spetta a Roma con 1.961 classi delle superiori che superano i 26 studenti. Seguono Napoli con 1.246, Milano (985), Torino (607) e Bari (120). Tra le province invece emergono Varese (723), Bergamo (535) e Verona (484).


Il sovraffollamento delle scuole superiori deriva dalle regole fissate per la formazione delle classi, che prevedono un numero minimo di 27 alunni. Quindi per fare un esempio concreto: se gli iscritti al liceo per un determinato anno sono 38, non è possibile formare due classi. In questo modo inevitabilmente si eccede il numero massimo di 30: «Nel 2020-21 sono state formate 13 classi con addirittura 40 studenti e 75 con un numero di alunni compreso tra 31 e 39», spiega il dossier. Sorge spontaneo chiedersi come sia possibile che dopo due anni di pandemia, con 4 miliardi di euro spesi per la messa in sicurezza degli istituti, non sia stato possibile intervenire in maniera strutturale per risolvere i sovraffollamenti, per esempio ritoccando i criteri di formazione delle classi nelle scuole superiori.


Il ministro Bianchi a luglio ha assicurato di aver iniziato a lavorare insieme agli uffici scolastici regionali per organizzare «classi con numeri inferiori». A detta di Bianchi il problema delle “classi pollaio” esisterebbe soprattutto negli istituti tecnici, ma i dati raccolti da Tuttoscuola dimostrano che in realtà sono soprattutto i licei scientifici a dover convivere con questa criticità. Durante l’ultimo anno le classi oltre il limite sono state infatti 3.899, il 13% del totale. Anche i licei classici, in termini di incidenza percentuale, hanno classi più sovraffollate rispetto agli istituti tecnici (il 9,4% del totale contro il 7,1%).


Con il passare degli anni gli studenti diminuiscono. Durante il 2020 al quinto anno delle superiori ci sono state soltanto 462 classi con più di 26 alunni. Per questo motivo secondo Tuttoscuola l’intervento del ministero dovrebbe essere rivolto al primo anno delle superiori e privilegiare i licei classici e scientifici, in cui i disagi sono maggiori.


Bisognerebbe farlo subito, almeno per evitare la didattica a distanza, che nell’ultimo anno e mezzo ha molto danneggiato l’apprendimento degli studenti: i risultati delle ultime prove Invalsi hanno fatto capire la gravità della situazione.


«Dobbiamo modificare la normativa che disciplina la formazione delle classi e agire perché a settembre ci siano tutti i docenti in cattedra. Se i dirigenti scolastici non hanno a disposizione spazi aggiuntivi e personale disponibile, come possiamo garantire il distanziamento e l’attuazione dei protocolli di sicurezza anti-Covid?», si chiede il segretario confederale della Cisl, Angelo Colombini.


Per eliminare “le classi pollaio”, secondo le stime di Tuttoscuola, servirebbero 300 milioni di euro l’anno. Affinché sia garantito il numero massimo di 27 studenti per aula, nel 2021 dovrebbero essere formate 1.570 nuove classi e dovrebbero essere assunti 2.826 insegnanti in più. Se gli interventi fossero limitati alle superiori, sarebbero necessarie 708 nuove classi. Il governo Draghi ha stanziato 22 milioni, ma le risorse sono insufficienti in entrambi i casi: anche se si intervenisse soltanto sulle scuole superiori, servirebbero tra i 36 e 44 milioni di euro.


I 22 milioni potrebbero rappresentare, quindi, l’inizio di un programma serio e organico che porti ad avere il giusto numero di alunni. Anche perché con gruppi numerosi l’apprendimento diventa più difficile, soprattutto per i ragazzi e le ragazze fragili che hanno bisogno di percorsi personalizzati.


Il sovraffollamento influisce negativamente anche sugli altri gravi problemi che si citano sempre a proposito della scuola italiana: non aiuta a ridurre l’abbandono scolastico e non favorisce l’insegnamento che coinvolge tutti gli studenti.


I problemi sono gli stessi da molti anni: tutti i politici a turno ne parlano, ma nessuno li risolve. Il tempo sospeso della pandemia non è servito a riorganizzarsi. Tuttoscuola cita due registri di un istituto elementare del 1916 in cui veniva annotato che la stessa maestra insegnava in una classe del primo anno con 57 alunni e in una del terzo che ne aveva 58; non si chiamavano ancora “classi pollaio”, ma gli effetti erano comunque preoccupanti: la metà degli studenti era ripetente.