I carichi di polvere bianca intercettati in Italia grazie alle indagini sono più che raddoppiati nel 2019. E nettamente aumentati anche nel resto della Ue: si viagga verso le 200 tonnellate in 12 mesi. Segno che gli affari dei narcos, con la ndrangheta in prima fila, sono in crescita continua. La droga dal Sudamerica passa da Spagna e Belgio. Mentre nella Penisola, le nuove rotte del traffico puntano su Genova e Livorno al posto di Gioia Tauro 

È un fiume in piena. Uno tsunami di polvere bianca che invade il ricco mercato europeo dello spaccio. In Europa, e in Italia, non c’è mai stata tanta cocaina pronta per il consumo. Un’inchiesta dell’Espresso in edicola da domenica 10 novembre e già online su Espresso +, realizzata insieme ai giornali del consorzio Eic (European Investigative Collaborations), ha ricostruito gli affari dei narcotrafficanti, scoprendo che i carichi di cocaina bloccati nelle dogane del Vecchio Continente hanno fatto segnare nei mesi scorsi un aumento senza precedenti: quest'anno il conto complessivo potrebbe sfiorare le 200 tonnellate, contro le 150 del 2018. Nei soli porti italiani, dal primo gennaio al 31 ottobre, ne sono state sequestrate più di cinque tonnellate. Il 168 per cento in più rispetto al 2018.

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Da Roma a Berlino, da Zurigo a Parigi e Londra il consumo di droga è d’altronde in continua crescita e aumentano di conseguenza anche gli affari delle organizzazioni criminali. In base alle stime dell’Europol, su scala globale il business della cocaina vale ricavi per almeno 300 miliardi di euro l’anno per una produzione complessiva stimata intorno alle 2 mila tonnellate, di cui 700 finiscono in Europa, mentre il resto va quasi per intero a rifornire il mercato Nordamericano.

L’enorme afflusso di droga proveniente dall’America latina, in primo luogo dalla Colombia, ha finito per modificare anche la geografia dei traffici.
In Italia, per esempio, il porto calabrese di Gioia Tauro, a lungo il centro logistico preferito dalla ndrangheta, ha perso importanza a favore di altri scali come Genova e Livorno. Nel capoluogo ligure nel gennaio scorso è stato intercettato un carico di 2 tonnellate, il singolo sequestro più ingente negli ultimi 25 anni. Le cosche calabresi sono ormai in grado di giocare su più tavoli, di gestire le spedizioni di cocaina su porti diversi a seconda delle esigenze del momento.

I carichi provenienti dal Sud America vengono così suddivisi fra tutte le principali destinazioni del continente. Sono due le principali rotte verso l’Europa. Una conduce ai porti spagnoli di Algeciras, Valencia e Barcellona. L’altra punta in direzione Nord, cioè Rotterdam e Anversa, dove nel 2018 sono stati bloccate 51 tonnellate di cocaina nel 2018 e altre 41 tonnellate fino a settembre del 2019. Anche in Spagna la polvere bianca in arrivo nei principali scali del Paese sembra in continua crescita. Nel 2018 sono stati sequestrati carichi per 48 tonnellate, sette tonnellate in più rispetto all'anno precedente.

Diversificare i punti di sbarco serve a ridurre i rischi. Nord o sud Europa poco importa, perché la capacità delle mafie di infiltrarsi negli scali marittimi conosce pochi limiti. Le indagini di polizia hanno dimostrato che i narcos possono contare su complici tra i portuali addetti allo scarico delle merci. Esemplare a questo proposito la storia dell’olandese Gerrit Groenheide, dipendente delle dogane di Rotterdam a libro paga dei trafficanti. Groenheide, che si occupava dei controlli sui container in arrivo nel porto, fra il 2012 e il 2015 ha guadagnato 250 mila euro come ricompensa per aver lasciato transitare i carichi di cocaina nascosti nei container in arrivo. Alla fine il portuale corrotto è stato arrestato e condannato, ma gli investigatori si fanno poche illusioni: la multinazionale della cocaina avrà trovato in fretta un suo sostituto. 

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