Il clan dei Casalesi si era totalmente inserito nell’Azienda Ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano di Caserta. E vinceva gli appalti grazie agli appoggi politici. E' quanto emerge dall'inchiesta della Dda di Napoli battezzata "Croce Nera" che ha portato in carcere dieci persone. Il referente era Nicola Cosentino

La politica al servizio dei clan della camorra.  Una struttura sanitaria gestita dagli emissari dei boss di Gomorra e dei padrini locali delle clientele. Nell'ultima inchiesta della procura antimafia di Napoli, il pool coordinato dall'aggiunto Giuseppe Borrelli e della Direzione investigativa antimafia partenopea guidata dal capocentro Giuseppe Linares, lo schema classico dell'inquinamento mafioso fa un salto di qualità. «Un saldo connubio tra pubblici amministratori, imprenditi, politici e camorristi per l’affidamento e gestione degli appalti di lavori e servizi, in particolare all’interno dell’Azienda Ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta», scrivono i magistrati nella richiesta di misura cautelare.

La sanità in mano ai clan.
Nella Campania, che vanta la prima Asl sciolta per camorra, nel lontano 2005, il quadro di compromissione, che emerge dall'inchiesta, è impressionante. Basti pensare che Francesco Zagaria, cognato del superboss Michele e sua emanazione, partecipava alle riunioni e aveva un ufficio a disposizione nell'ospedale.

«Si è accertato – si legge nella richiesta di misura cautelare - l’assoluto potere e controllo della attività imprenditoriali da parte della fazione facente capo all’allora latitante Michele Zagaria».
Questi i presupposti della retata che ha portato in carcere 10 persone e ai domiciliari altre 14. Le indagini iniziate nel 2011 hanno svelato un sistema criminale nato sei anni prima. Il totale ‘inserimento’ del clan dei Casalesi, fazione Zagaria, nell’Azienda Ospedaliera S. Anna e S. Sebastiano di Caserta. Un controllo totale che ha permesso all'ex latitante una fonte di enorme potere economico, politico e sociale. Aveva il monopolio su appalti e affidamenti di lavori all'interno dell'ospedale.

La politica- camorra un solo corpo
Noti esponenti politici hanno lottizzato l'ospedale. Nomine, lavori, assunzioni. Tra questi il solito Nicola Cosentino, Nick 'o mericano. Secondo i pm il sistema « è molto più ampio e le responsabilità sono ben lungi dall’essere limitate ai camorristi. Questo è il sistema che opera nell’Ospedale di Caserta, in mano a Cosentino e Zagaria». Cioè l'ex sottosegretario e il reggente del clan. L'abbraccio politica - camorra per la gestione dell'azienda ospedaliera nasce nel 2006 e fa impressione la capacità di trovare, cambiati i governi nazionali e regionali, sempre nuovi referenti. Il primo abbraccio è tra Francesco Zagaria, cognato dell'allora latitante Michele, e Nicola Ferraro, quell'anno segretario campano dell'Udeur, poi arrestato e condannato per camorra. Insieme fanno nominare Luigi Annunziata, loro uomo di fiducia, dirigente generale dell'azienda ospedaliera. Piove oro sul clan con tutti i lavori pubblici sotto il controllo della malavita.

Quando crolla il centro-sinistra, la camorra cerca un nuovo intelocutore, la copertura politica la garantisce Nicola Cosentino. E la grande abbuffata di affari e appalti continua. La politica nominava dirigenti compiacenti e in cambio otteneva appoggi elettorali. Il sistema, infatti, ha sostenuto al congresso del Pdl nell'ottobre 2012 la corrente cosentiniana. Per truccare i bandi di gara c'era un ufficio ad hoc, quello dell'ingegnere Bartolomeo Festa, anche lui finito in galera. Festa, scelto da Francesco Zagaria, insieme ad alcuni suoi collaboratori si occupava di favoriva gli imprenditori del sistema.

A fornire la copertura politica ai casalesi anche altri due politici, di fede cosentiniana, il consigliere provinciale di Forza Italia Antonio Magliulo, finito in carcere, e l'ex consigliere regionale del partito azzurro Angelo Polverino, ai domiciliari. Proprio Polverino, insieme all'ex manager dell'Asl di Caserta Francesco Bottino, anche quest'ultimo finito oggi ai domiciliari, erano già stati coinvolti in una inchiesta sul clan Belforte.

La telefonata con il senatore Barbato
Nelle carte dell'inchiesta spunta anche il nome di Tommaso Barbato, ex senatore dell'Udeur, non indagato, oggi sostenitore della corsa alle regionali di Vincenzo De Luca, Pd, sindaco di Salerno.
“A Francesco Zagaria (...)– si legge nella richiesta cautelare – si rivolgevano anche senatori della Repubblica, come il senatore Tommaso Barbato”. E' il 23 novembre 2007.

Sen. Tommaso Barbato:oh.....!

Franco Zagaria:uehe.....

Sen. Tommaso Barbato:allora.... senti ti devo parlare un momento..... tu dove stai.....?

Franco Zagaria:eh io.... adesso... ma tu stai ancora a Roma....? O stai per di qua....

Sen. Tommaso Barbato:no.... sto a casa.....!!

Franco Zagaria:allora ci vogliamo vedere piu? tardi da te....?

Sen. Tommaso Barbato:se puoi venire subito e? meglio....!!

Franco Zagaria:ah... adesso vedo un poco..... dammi il tempo.... eh... una mezz'oretta.....

Sen. Tommaso Barbato:va bene

Franco Zagaria:va bene

Sen.Tommaso Barbato:ciao, ciao

Franco Zagaria:ciao.

“Dalle successive conversazioni - scrivono i magistrati - emergeva che, effettivamente, Francesco Zagaria si era recato a Marigliano e che della vicenda era stato interessato anche il Coordinatore Regionale dell’Udeur Antonio Fantini. Quest’ultimo aveva, a sua volta, contattato Remo D'Amico affinche? riportasse allo Zagaria le sollecitazioni del Senatore”.

Le imprese amiche e le denunce finte
Da quando Michele Zagaria è stato arrestato però le redini della famiglia sono state prese, secondo gli inquirenti, dalla sorella Elvira, oggi finita in carcere. Di mestiere casalinga, secondo i pm, la regina del Clan, dopo l'arresto di tutti i maschi di famiglia. Negli ultimi due anni insomma a lei era toccato il compito di gestire affari, relazioni e quattrini della cosca. Un patrimonio enorme accumulato in vent'anni di dominio assoluto.

Un potere che passava anche dal controllo delle imprese locali, apparentemente pulite. Alcune di queste, come raccontato da “l'Espresso” qualche mese fa, che non riuscivano a ottenere il certificato antimafia decidono a un certo punto, e con il padrini dietro le sbarre, di denunciare alcune estorsioni. Il fatto però mette in allerta i pm della procura antimafia secondo i quali quelle denunce rientrano in una strategia precisa: promuovere una “primavera” casertana per poi ripulirsi e ottenere dalla prefettura il bollino antimafia.

« Essi sono venuto alla ribalta nella primavera del 2013,quando numerosi imprenditori originari del paese natale di Michele Zagaria, come fulminati sulla strada di Damasco, hanno reso dichiarazioni accusatorie nei confronti del boss e di alcuni suoi affiliati sostenendo di essere stati per anni sottoposti ad estorsione. Le indagini in corso, nel procedimento di cui il presente è stralcio, hanno evidenziato la assoluta strumentalità di queste dichiarazioni ed il tentativo di orchestrare addirittura la creazione di una associazione antiracket con lo scopo di ripulirsi dalle vecchie origini mafiose e provare di salvare la cassa del boss che utilizzava ed utilizza questi imprenditori come bancomat privati.

Una nuova strategia, dovuta a due eventi drammatici per il clan Zagaria e per il suo tessuto imprenditoriale, accaduti nel giro di una ventina giorni, prima del Natale 2011: la cattura di Michele Zagaria e la morte improvvisa di Franco Zagaria: Un colpo mortale a cui reagire con la mossa del cavallo» scrivono gli inquirenti. E il clan piazza sempre le mosse giuste, capace di controllare un'azienda ospedaliera per 8 lunghi anni, grazie all'abbraccio con professionisti e politici collusi.