La canzone di Lucio Dalla “Futura” è l’icona del mondo di ieri. Quando bastava una canzone per sognare. Le nuove canzoni sono prodottini usa e getta da consumare e poi dimenticare

Fateci caso, è scomparsa l’idea del futuro. O meglio si è ristretta, è un orizzonte che al massimo arriva a tra pochi giorni, mesi, grasso che cola se si arriva a un anno o due, non si fantastica più su come sarà il mondo, forse perché nulla di quello che ci circonda incoraggia a pensare che il futuro possa essere migliore del presente. Le invenzioni fantascientifiche, le serie tv che provano ad azzardare qualche visione del futuro prossimo sono sempre più descrizioni appena distorte del presente. E la musica naturalmente non sfugge a questa amara vocazione dei tempi.

 

La nuova musica è poco speranzosa, poco visionaria, è saldamente impiantata nelle esigenze e nelle miserie del tempo presente. «Nel 2000», cantava Bruno Martino negli anni Sessanta, «noi non mangeremo più né bistecche nè spaghetti col ragù, prenderemo quattro pillole e con gran semplicità la fame sparirà». Predizione fortunatamente non avverata, ma è solo un esempio giocoso di un meccanismo diffuso. Le canzoni immaginavano viaggi nel tempo e nello spazio, proiettavano la nostra identità su uno schermo di immaginazione.

 

Uno dei casi più clamorosi è un pezzo di Lucio Dalla intitolato “Futura”. Al di là della ricca aneddotica prodotta dallo stesso Dalla sull’origine della canzone, secondo la quale sarebbe stata inventata su una panchina sotto il Muro di Berlino, storia probabilmente falsa perché Dalla era anche un gran bugiardo o meglio uno che amava imbellire le cose della vita, la canzone era il racconto di una scopata, ma questo la dice lunga sul potere di trasformazione di cui erano capaci alcuni autori. Un lui e una lei fanno all’amore e immaginano che da quella notte possa nascere un figlio: «È una notte di fuoco, dove sono le tue mani, nascerà e non avrà paura nostro figlio. E chissà come sarà lui domani, su quali strade camminerà, cosa avrà nelle sue mani, le sue mani, si muoverà e potrà volare, nuoterà su una stella, come sei bella», e poi lo scarto geniale: «E se è una femmina si chiamerà Futura».

 

Un nome che in una notte così mette già paura. Ecco di cosa erano capaci le canzoni, di spingere il nostro sguardo più avanti, di allargare l’orizzonte, immaginare una nuova cittadina del mondo dal metaforico nome di Futura. Questo è il motivo per cui non dobbiamo dimenticare. Le canzoni di oggi hanno il sacrosanto diritto di voler essere un prodottino usa e getta da consumare e poi dimenticare rapidamente. Ma non dobbiamo dimenticare mai che le canzoni, volendo, possono essere qualcosa di molto più grande, una scommessa sulla nostra identità, una visione, e perché no anche un indizio su quello che saremo.

 

UP
Rockin 1000 nasce otto anni fa, quando si riunirono in mille per suonare “Learn to fly” dei Foo Fighters per convincere la band a tornare a Cesena. Cosa che poi avvenne. Poi ci hanno preso gusto hanno fatto il giro del mondo, e il 29 luglio si esibiranno di nuovo a Cesena per raccogliere fondi per gli alluvionati.

 

& DOWN
Dopo aver smentito la sua partecipazione a un evento in Russia, Pupo ha invece confermato quella a un festival in Bielorussia amato dal presidente Lukashenko. Ha rivendicato la sua scelta dicendo che lui fa il cantante che a quel festival ha già cantato in passato. E che ha il diritto di andare dove crede.