L’intrattenimento spesso gioca sul corpo delle donne. Esibite e rigorosamente sorridenti. Capaci di sedurre attraverso un vetro. Come racconta il documentario di Netflix, specchio acquatico della televisione commerciale

Esiste un mondo meraviglioso, che vira dal rosa all’azzurro, in cui donne rigorosamente svestite, dalle forme generose e i lunghi capelli che coprono appena i seni in bella vista, ammaliano e seducono, spalancando con un solo gesto voluttuoso le porte argentate dell’immaginazione altrui. E no, non è la tv commerciale costruita a tavolino in quel degli anni ’80 ed esaltata in questi giorni come un’invenzione miracolosa, quella che il corpo femminile l’ha esibito come un oggetto da mettere all’asta dell’Auditel, splendida cornice di una televendita, orpello silente di un banco redditizio chiamato sponsor.

Qui parliamo del mondo magico delle sirene, raccontato con malinconia dolente in un documentario sui generis disponibile su Netflix. In cui le creature immaginifiche che hanno goduto di cattiva stampa per colpa di Omero e che sono state prontamente rivalutate dalla Disney persino in tempi recenti, si mostrano in “MerPeople” in una sorta di disvelamento progressivo della realtà, assai nuda ma anche cruda. Esattamente come nella televisione di cui sopra, all’ombra di un caimano che le guardava a bordo vasca.

 

Così si scopre l’esistenza di un mondo bizzarro, di persone che provano a sbarcare il lunario delle illusioni indossando code costosissime dalle pinne argentate e che, come operaie della fabbrica dell’intrattenimento, si tuffano nelle vasche gelate sfidando imperterrite le infezioni da cloro, il rischio ipotermia, la compagnia giocosa di squali e pesci urticanti. E alla fine, portano tra le squame un salario da fame. Perché fare la sirena è un lavoro come un altro, basta indossare un costume, sorridere sempre e fingere che il tutto sia quantomeno plausibile per amor di scena.

Diretta da Chyntia Wade, la docuserie racconta cinque storie di trucco, parrucco e difficoltà generalizzate, dove il business prepotente detta le regole in un giro d’affari da milioni di dollari.

E mentre si seguono le vicissitudini delle protagoniste, che attraversano gli Stati Uniti in cerca di una piscina in cui fare pratica per affrontare le selezioni durissime dei parchi acquatici, si sovrappongono inevitabilmente le immagini degli spettatori che le guardano sedotti attraverso il vetro a quella dei (tele)spettatori che si sono fatti incantare dal canto spesso stonato di un piccolo schermo. Dove l’apparenza ha mascherato, e continua imperterrita a farlo, la crudezza quotidiana, in un fascinoso accavallamento tra illusione e realtà. Perché tra veline, ragazze fast food, letterine, madri natura, meteorine e sirene, alla fine la differenza si annida nei dettagli. Come il diavolo.

 

DA GUARDARE
Passano gli anni ma un programma come “Blob” continua a sfornare colpi di genio sera dopo sera senza voglia di fermarsi. Nella commemorazione strabordante del lutto nazionale che ha occupato ogni fotogramma, lo speciale su Rai Tre era intitolato “A Silvio”. Quando si dice: un programma, una garanzia.

 

MA ANCHE NO
Lo chiamano reality thriller e già fa ridere così. Per la quarta stagione (quarta…) di “Celebrity Hunted” è stato ultimato il nuovo cast con Belen in testa. Quindi, vip in fuga per il Paese che devono nascondersi dagli occhi indiscreti per essere guardati solo dalle telecamere. Tanto lo spettatore è scemo, questo lo sanno tutti.