Il rischio di conflitto atomico, il potere delle multinazionali. Nella nuova serie “Citadel” Tucci interpreta uno 007 esperto di informatica. E sulle piattaforme di streaming: «Sono una svolta democratica: offrono uno spazio alla diversità»

«Per diventare un grande attore non bisogna mai imitare nessuno, solo essere la versione migliore di se stessi: è l’unico modo per avere una lunga carriera». Se lo dice Stanley Tucci c’è da credergli, quarant’anni di carriera non hanno mai incrinato l’attenzione e la stima del pubblico nei suoi confronti. Attore, regista, scrittore ed esperto di arte culinaria, oltre ad aver condiviso la sua passione per il cibo e la cucina italiana prima con il documentario “Searching for Italy”, poi con il libro “Ci vuole gusto. La mia vita attraverso il cibo”, ha saputo infilare uno dopo l’altro una serie di ruoli di rilievo.

 

Alla performance da Oscar nei panni del maniaco stupratore e assassino di “Amabili Resti” e a quella memorabile del modaiolo braccio destro di Meryl Streep di “Il diavolo veste Prada” hanno fatto seguito il convincente ruolo di avvocato delle vittime di abusi sessuali de “Il caso Spotlight” e il commovente scrittore malato di Alzheimer di “Supernova”. Ora Tucci è pronto a mostrare in oltre duecento Paesi il suo nuovo personaggio, Bernard Orlick, superspia esperta di informatica nella nuova serie “Citadel”, disponibile su Prime Video. Una storia sul mondo dello spionaggio costata quasi 300 milioni di dollari, firmata dai fratelli Russo del Marvel Cinematic Universe.

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Mr. Tucci, chi è il suo Bernard?
«Tre personaggi in uno: è il supervisore che gestisce gli agenti speciali, è un agente speciale lui stesso ed è anche un super esperto di informatica e tecnologia. In genere queste tre figure sono distinte nei tradizionali film di spionaggio, il bello di questa serie è aver sparigliato le carte fino a risultare spiazzante: guardandola non saprete mai bene chi è chi, o perché faccia certe cose».

 

Si è divertito a fare una sorta di James Bond?
«Bond mi è sempre piaciuto e mi sarebbe anche piaciuto interpretarlo, non lo nego. In generale mi divertono i film di spionaggio anche da spettatore, così ricchi di azione e suspense, li guardo spesso anche con i miei figli (cinque: Isabel Concetta, Matteo Oliver, Nicolo Robert, Camilla e Emilia Giovanna, ndr)».

 

Si mangiava bene sul set?
«Insomma».

 

Allora la serie deve essere stata proprio scritta bene per averla convinta.
«Lo è, ho accettato proprio per la complessità della sceneggiatura e il fatto che i personaggi fossero pluridimensionali e lontani da ogni rischio caricaturale. Ennesima dimostrazione che il mondo dell’intrattenimento sta cambiando in meglio».

 

In meglio, dice?
«Certo, lo streaming ha consentito di ampliare orizzonti e possibilità, dando uno spazio sempre maggiore alla diversità».

 

Con “maggiore” intende “più di quanto fatto finora”?
«Intendo più di sempre, lo streaming è una svolta storica: consente a molte più persone di realizzare film e farli vedere ovunque nel mondo, oppure di interpretarli e farsi vedere. Faccio un esempio pratico: quando si faceva un film fino a qualche tempo fa capitava di rado di vedere una donna protagonista, le poche volte che accadeva se il film non andava bene al botteghino dopo poco i progetti simili venivano accantonati e “ciao ciao”(lo dice in italiano, ndr), chissà quando se ne sarebbe riparlato».

 

Però, parla bene l’italiano.
«Non benissimo, ma l’amore che ho per il vostro Paese lo sento fin dentro le ossa, me l’ha trasmesso mio padre».

 

Dicevamo: erano pochi quelli che osavano scommettere sulle donne a Hollywood, oggi sono molti di più.
«Prima era visto come un rischio troppo grande, temevano di fallire scegliendo una donna per protagonista. Per fortuna oggi è diverso, lo streaming consente anche di tentare e ritentare: se qualcosa non funziona ci sono tempi, modi e possibilità per riprovare, e riprovare ancora».

 

Sta dicendo che lo streaming rappresenta un’apertura democratica a quelle che fino a poco tempo fa venivano considerate delle minoranze?
«Parlo per esperienza diretta. In America c’è sempre stato un grosso pregiudizio contro gli italoamericani o gli americani che come me avessero origini italiane. Fino a qualche tempo fa Hollywood ci proponeva solo ruoli da criminali e malavitosi, certi pregiudizi secolari sono duri da smontare, lo stesso è accaduto a Hollywood a tanti altri gruppi etnici. Oggi finalmente è tutto diverso: vedo sempre più donne, persone di colore e artisti provenienti da culture diverse trovare spazio per realizzare quello che da anni sognavano di fare. Siamo parte di un processo innovativo, sono cambiate più cose negli ultimi cinque anni che negli ultimi cento».

 

Non solo nel mondo dell’intrattenimento. Citadel è un’agenzia indipendente di spionaggio che mira a tutelare i cittadini di tutto il mondo, in un salto brutale alla vita reale pensa che le istituzioni oggi tendano a fare altrettanto?
«Stiamo assistendo a un momento di collusione tra le grandi multinazionali e i governi, il fine è sempre lo stesso, accumulare sempre più soldi e potere. Ne è esempio lampante quello che sta facendo la Russia, e non è neanche una novità. Se non erro fu Eisenhower che disse che bisognava stare molto attenti all’establishment dell’industria militare. Detto da lui, che non soltanto era presidente degli Stati Uniti ma anche un generale… Evidentemente sapeva ciò di cui parlava. Però oggi siamo andati veramente troppo oltre».

 

Nella serie si parla anche di minaccia atomica, nella realtà quanto crede sia verosimile?

«Viviamo un momento di grande conflitto, ne abbiamo parlato anche con i produttori della serie, in Ucraina viene combattuta una guerra per procura tra super potenze che dispongono di armi nucleari e i Fratelli Russo sostengono che siamo più vicini oggi a una guerra nucleare di quanto lo siamo mai stati negli ultimi decenni. Mi sento di concordare, anche se c’è da aver paura, viviamo tempi davvero spaventosi».

 

Che cosa si augura?
«La mia speranza è che alla fine prevalga il meglio, quel meglio che è dentro tutti quanti noi».

 

E che cosa si prepara per non pensarci?
«Una bella parmigiana di melanzane».