A Viale Mazzini si combatte una lotta accuratissima per deporre Re Auditel. E nel mirino del governo Meloni sembrano esserci proprio le teste coronate che hanno il maggior gradimento del pubblico

L’Italia è una Repubblica. Questo recita l’incipit del primo articolo della Costituzione, che poi continuerebbe con altri dettagli sul lavoro ma si tratta, appunto, di dettagli. Una Repubblica democratica, che nasce sulle ceneri della monarchia, a cui il Paese in tempi lontani ha voltato le spalle con fermezza. Ciò premesso si capisce bene quali siano le motivazioni che vedono il governo ragionare su interventi drastici in quel della Rai, dove da tempi antichi dominano i principi degli ascolti. E cercare di non mascherare in alcun modo la gioia per le uscite eccellenti.

 

Basta con questo strapotere delle percentuali, devono essersi detti durante le sei estenuanti ore di incoronazione in diretta, e mentre Re Carlo III esibiva ermellini e corone, il pensiero su viale Mazzini si protraeva in avanti, verso una rivoluzione rigorosamente repubblicana.

 

Se si guardano infatti nomi e programmi su cui il nuovo vento vuole passare con forza, appare evidente lo stretto legame con il desiderio di abbattere il temibile regno Auditel. I record di Fabio Fazio in primis.

Con “Che Tempo che fa” il conduttore e il suo gruppo di lavoro domenica dopo domenica ha osato trattenere davanti al piccolo schermo un paio di milioni abbondanti di spettatori festanti, consegnandogli di fatto uno scettro mal visto, come dimostra l’evidente soddisfazione di Matteo Salvini che alla notizia del passaggio a Discovery di Fazio proprio non ce l’ha fatta a trattenersi e ha salutato lui e Luciana Littizzetto con un elegantissimo “Belli ciao”.

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Perché in fondo, a chi vuoi che importi che un solo programma sia riuscito ad ospitare nomi nazionali e internazionali di primissima grandezza, una di quelle liste che farebbero invidia a qualunque produzione, e dare una veloce occhiata alla pagina di Wikipedia rende bene l’idea: 

Michail Gorbačëv, Bill Gates, Oasis, Condoleeza Rice, Hugh Grant, Zygmunt Bauman, Diego Armando Maradona, Meryl Streep, Anthony Fauci, Greta Thunberg, Barack Obama, Lady Gaga, Emmanuel Carrère, Papa Francesco...

E a chi vuoi che interessi un salotto educato che affronta con garbo temi civili, porta avanti sane battaglie, incontri premi Oscar e premi Nobel, che si trascini dietro un carrozzone di sponsor e addirittura osi persino mandare in onda un’intera serata con uno speciale come “Binario 21” in compagnia di Liliana Segre.

Meglio brindare alla fuoriuscita di un professionista che aveva appena festeggiato i vent’anni di un programma di successo e che abitava con mamma Rai da quaranta. Sì, meglio salutare e goderne persino.

Perché poi, aggravante delle aggravanti, non di trattava solo di un successo di prima serata. Fabio Fazio era riuscito a nobilitare persino il cosiddetto tavolo, uno spazio inventato dal nulla, che con la sola, quanto inedita forza delle idee aveva riportato il pop autentico in televisione, unendo l’utile al dilettevole, ripescando nomi perduti, maschere ironiche e gradevolezze indistinte.

Ora, mentre si attendono a breve le sorti di Amadeus, direttore artistico del principato del Festival che ha ottenuto risultati incredibili a detta dei suoi sudditi e che di conseguenza non può che vedere vacillare il suo trono, fuori dal piano repubblicano resteranno fuori il calcio e le fiction. Ma se si va avanti di questo passo siamo fiduciosi che persino gli arancini di Montalbano verranno destituiti dal trono culinario. Basta aspettare.