La nostra tradizione gastronomica, tripudio di diversità bioculturale e sostenibilità, è candidata all’importante riconoscimento. Perché non si tratta solo di “mangiare”

Giovedì 23 marzo 2023 si è trasformato in un giorno importante per gli storici della gastronomia italiana e non solo: il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e il ministro dell’Agricoltura e Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, hanno annunciato la candidatura della «cucina italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale» come Patrimonio immateriale dell’Unesco. Il dossier relativo alla candidatura, promossa congiuntamente dai due ministeri e approvata dalla Commissione nazionale presieduta da Franco Bernabè, sarà presentato dal ministero degli Esteri all’Unesco per l’iter di valutazione, che dovrebbe concludersi entro il 2025. L’evento non solo costituisce il primo passo di un tragitto che potrebbe condurre il nostro Paese a un riconoscimento importante, ma, soprattutto, rappresenta l’approdo di un sentito percorso, iniziato nel 2020, che testimonia l’ambiziosa iniziativa della testata “La Cucina Italiana” diretta da Maddalena Fossati, unita all’entusiasta partecipazione di imprenditori e chef in qualità di ambasciatori nazionali, nel patrocinio del valore della gastronomia italiana a livello universale.

 

«È una decisione che valorizza quello che consideriamo un patrimonio nazionale, anche di tanti italiani che vivono all’estero e di tutti gli stranieri che amano il nostro stile», ha commentato Sangiuliano, che si sta muovendo in un territorio tanto noto mediaticamente quanto lasciato a sé stesso dalla politica. La cucina come elemento di aggregazione: è anche intorno al concetto di tavola che converge l’inconfondibile, irripetibile, modo d’essere italiani. Una cucina sommatoria di tante cucine – anche microlocalizzate – che sono pari alla straordinaria ricchezza linguistica (ergo: dialettale) del nostro Paese. Così che le differenze culturali all’apparenza più insignificanti e disparate proiettano le complesse realtà geografiche, storiche, sociologiche e antropologiche in un articolato alfabeto, costituito da materie prime uniche che si trasformano, dopo la manipolazione, in opere di assoluto ingegno.

 

La candidatura, oltre a riflettere la biodiversità culturale del Belpaese, implica l’affermazione dell’importanza del nostro peculiare vivere culinario, da sempre sostenibile e tanto amato quanto imitato in tutto il pianeta, rappresentativo nella sua essenza di un insieme di pratiche sociali, rituali e gestuali le quali manifestano un patrimonio socio-culturale che va ben oltre il mero “mangiare”. Sono, infatti, il frutto storico di tradizioni millenarie, in cui ciascun italiano può riconoscersi, che indubbiamente merita di essere preservato per le generazioni future.

 

DOLCE
Il governo

Il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e il ministro dell’Agricoltura e Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, i quali hanno dato un’accelerata a una proposta che rischiava di essere lasciata in balìa di sé stessa.

 

E AMARO

Gli insetti
Non certo per le proprietà nutrizionali o il gusto: li assaggiamo da anni e nulla c’è da ridire sull’ingrediente in sé. Quello che lascia perplessi è l’impellenza di questa esigenza per accelerarne il consumo. Queste svolte improvvise fanno pensare.