Sta vivendo uno dei momenti d’oro della sua carriera e ora ha due commedie al cinema. Mentre a teatro esplode la verve politica. «La libertà ha un valore inestimabile, soprattutto in questo periodo»

Il colmo per un’attrice allergica alle feste comandate è uscire a Capodanno con un film che parla di San Valentino. Succede a Valentina Lodovini, che vive uno dei periodi d’oro della sua carriera quasi ventennale: mentre al cinema la commedia “Vicini di casa” spicca sul podio al botteghino, il primo gennaio è uscito “I migliori giorni” di Massimiliano Bruno e Edoardo Leo. Un film corale a episodi per raccontare, tra ironia e amarezza, come gli italiani affrontino le feste.

 

Il 2023 sarà per lei un anno intenso: tornerà sul palcoscenico con gli spettacoli “A Futura Memoria” e “Karaoke Femminista”, poi la rivedremo al cinema nelle opere prime “Conversazioni con altre donne” e “La terra delle donne”.

 

Partiamo da “I migliori giorni”. Ha un cast che definire corale è poco.
«Un progetto come questo rappresenta il tentativo da parte di un gruppo di professionisti di contribuire attivamente alla ripresa dei cinema. Mi è piaciuta subito l’idea di essere un gruppo, ci siamo dati la missione di riportare il pubblico in sala».

 

Che tipo di commedia è?
«Un ritratto degli italiani come si faceva un tempo, senza risparmiarne gli aspetti più cinici e crudeli. La definirei una commedia amara con personaggi veri, ora teneri, ora cinici, analizzati attraverso il pretesto delle feste comandate».

 

L’episodio che interpreta lei riguarda San Valentino. Che rapporto ha con quella ricorrenza?
«Non amo celebrarlo, come non amo granché celebrare le festività prestabilite, ma mi ha divertito raccontarlo al cinema tramite una riflessione sul terzo incomodo di una relazione: il tempo. La mia Sonia è una donna in carriera che dopo 25 anni di matrimonio (con Luca Argentero, Ndr.) si rende conto che l’amore cambia volto. E Sonia non riesce a cambiare, ha troppa paura, al dolore del tradimento preferisce l’abitudine. Bello portare sullo schermo una volta tanto anche la mancanza di coraggio di una donna che non se la sente di rischiare. Siamo umane».

 

Con Argentero siete al quarto film insieme.
«“A casa nostra” era il primo film per lui, poi abbiamo interpretato “La donna della mia vita”, “Cosa fai a Capodanno?” e ora questo. Luca è il più leale, dolce e serio dei colleghi. Anche con Greta Scarano, con noi ne “I migliori giorni”, ci siamo trovate bene, ha una dedizione al lavoro che ispira».

 

Diceva di non amare le feste comandate. Quindi neanche Natale, Capodanno, Epifania...?
«No, non li festeggio. Intendiamoci, non faccio muro, mi lascio coinvolgere dai miei cari, ma di mio non le sento tanto. L’unica data che mi garba celebrare sin da piccola è il 25 aprile, la sola veramente degna di festeggiamenti. Ogni anno il 25 ascolto Piero Calamandrei e il suo discorso agli studenti sulla Costituzione. Lo faccio sempre, anche se mi trovo fuori dall’Italia».

 

Tre motivi per cui celebra la Festa della Liberazione?
«Perché dovremmo ricordarci che la libertà è tutto e non è mai scontata. Perché è fondamentale coltivare la memoria. Perché anche chi come me vive il presente e crede nel futuro in senso evolutivo deve tenere a mente la lezione del passato».

 

Cosa pensa di chi al governo ha detto pubblicamente che non festeggerà il 25 aprile?
«Penso che la libertà sia un valore gigante e non possiamo permetterci di trattarla con superficialità. Soprattutto oggi. Io sono grata di essere nata libera e non ringrazierò mai abbastanza la mia famiglia per avermi insegnato a conoscere per crescere e dato ampia libertà di opinione ed espressione. Sono stata libera di studiare ciò che volessi, di diventare un’attrice, di scegliere come vestire e chi frequentare. Libera nelle mie idee, nella religione, nella sessualità. Nulla è scontato, dobbiamo tenere a mente tutti il valore inestimabile della libertà, specie di fronte a quello a cui assistiamo in questo periodo e che mi lascia allibita».

 

Si riferisce alle proteste delle donne iraniane?
«Certo, ma non solo. Penso anche a giovanissimi costretti a fare l’università a tutti i costi o a fidanzarsi con una determinata persona perché così è stato deciso per loro».

 

Porta la sua verve politica anche sul palcoscenico, penso allo spettacolo “A Futura Memoria” dedicato ad Anna Politkovskaja.
«Noi attori non possiamo cambiare il mondo, ma farlo conoscere attraverso il nostro mestiere sì. A qualche chilometro da casa nostra accadono cose terribili, dovremmo svegliarci tutti e renderci conto che molto di ciò che viviamo è già accaduto. Il fatto che non succeda a noi non significa che dobbiamo girarci dall’altra parte. Per questo farò delle letture dai diari della giornalista russa Politkovskaja (uccisa nel 2006 il giorno del compleanno di Putin, Ndr.) con l’orchestra che suonerà brani di musicisti censurati. Dopo la tappa di Napoli lo porteremo in giro per l’Italia, a febbraio saremo a Settimo Torinese. Peppino Impastato diceva che la conoscenza ci salverà . Oggi più che mai urge ricordare la sua lezione».

 

Nel 2023 porterà in giro anche “Karaoke Femminista”, di tutt’altro genere: una stand up comedy.
«Monica Nappo è geniale. Insieme esaminiamo famose canzoni italiane, dagli anni Sessanta fino alla trap, che hanno testi agghiaccianti. Eppure le abbiamo cantate tutti trascinati dalle musiche, e magari hanno influenzato il nostro modo di vivere e amare, perché siamo fatti di tutto ciò che ascoltiamo e vediamo».

 

“Teorema”, per fare un esempio: “Prendi una donna, trattala male”.
«Anche “Meschina” dei Modà non scherza (“Devi dirmi scusami e feriscimi /E implorarmi di non ucciderti”), pare ispirata alle cronache dei femminicidi, con l’uomo di turno impazzito che minaccia la partner. Le canzoni che prendiamo in considerazione sono tante, le trattiamo con quell’ironia pura che diventa anche dolorosa e dà da pensare. Ma nello spettacolo portiamo anche esempi positivi: “E se ti lascia lo sai che si fa? Trovi un altro più bello”, cantava giustamente Raffaella Carrà».

 

Nel 2023 la vedremo in due opere prime: “Conversazioni con altre donne” e “La terra delle donne”.
«Nel primo sarò “le donne” del titolo, in realtà è una sola che prova tantissime cose, come tutte noi. È piena di dubbi, paure, turbamenti, amore, sete di vendetta. Io e Francesco Scianna interpretiamo due amanti che si rincontrano dopo dieci anni e hanno tanto da raccontarsi. Ne “La terra delle donne” sono invece ossessionata dall’avere un figlio senza riuscirci. Un’ossessione che degenera in follia».

 

La sensazione è che allo stereotipo delle donne inossidabili contrapponga volentieri la forza di quelle vulnerabili, è così?
«Mi è capitato spesso di portare sullo schermo una sicurezza e una forza poco raccontate al cinema, ma ultimamente mi piace approfondire anche la vulnerabilità dell’essere donna. Le fragilità sono preziose e fanno tenerezza, non hanno nulla di negativo. Poi viviamo in un momento storico in cui siamo tutti talmente spaventati e disorientati che mi pare siano anche più attuali. La recitazione è uno strumento per raccontare le sfumature degli esseri umani, io passo la vita a fare continui sopralluoghi emotivi. E nei miei personaggi cerco tutto ciò che non è retorica e cliché, per raccontare donne vicine alla realtà che possano suscitare empatia in chi le guarda».

 

Quando non è impegnata a recitare a cosa si dedica?
«Mi trovate in una sala cinematografica o in un museo. Sempre. Ci vado anche da sola, più volte al giorno. Spero si torni tutti a riappropriarsi della bellezza dell’arte e di quell’esperienza della collettività di cui abbiamo bisogno, specialmente dopo l’isolamento che abbiamo vissuto a causa della pandemia».