Il film di Bryan Fogel sull’assassinio di Jamal Khashoggi, acclamato al Sundance, esce su Miocinema. Forse i grandi gruppi hanno, come dire, altre priorità

Anatomia di un omicidio. La vittima, Jamal Khashoggi, era un influente giornalista saudita, un tempo vicino alla famiglia reale ma da anni in esilio negli Usa dove sferzava il suo paese dalle pagine del Washington Post. Gli esecutori un gruppo di tagliagole di regime volati a Istanbul da Riad che il 2 ottobre 2018, quando Khashoggi entrò nel consolato saudita per sbrigare le pratiche necessarie a risposarsi, lo uccisero e lo fecero a pezzi smaltendo i resti un po’ alla volta mentre il governo saudita negava tutto e la folla davanti al consolato aumentava giorno per giorno. Questa la cronaca. Ma nell’appassionante documentario dedicato da Bryan Fogel (già Oscar per “Icarus”) a uno dei crimini politici più atroci di questi anni c’è molto di più.

 


Accanto alle intercettazioni raccolte dalla polizia turca, che ricostruiscono tutto fin nei dettagli più raccapriccianti inchiodando il principe saudita Mohammed bin Salman nel ruolo del mandante, Fogel scolpisce infatti un vibrante spaccato del contesto politico e emotivo del delitto, dando ampio spazio al giovane attivista Omar Abdulaziz, che con Khashoggi si batteva sui social (in Arabia Saudita, in assenza di libera stampa, 8 persone su 10 usano Twitter. Negli Usa sono 2 su 10). Ma anche a Hatice Cengiz, la donna che Khashoggi doveva sposare e che oggi si batte in sua memoria. Ricollegando tutto a un quadro più ampio per trarne conclusioni agghiaccianti.


Com’è possibile che malgrado le mille prove contro Bin Salman l’Occidente, non solo Trump ma la Francia e l’Europa, non abbia mosso un dito per non guastare i rapporti con i ricchi sauditi? Perché l’azienda israeliana che ha creato il Pegasus, uno spyware che trasforma gli smartphone in cimici potentissime, lo ha venduto ai sauditi senza il minimo scrupolo? E come mai “The Dissident”, acclamato al Sundance nel 2020, esce su Miocinema.it, non su Netflix o Amazon? Forse i grandi gruppi hanno, come dire, altre priorità. E sì che Jeff Bezos fu costretto al divorzio da una campagna di diffamazione partita da un Pegasus che penetrò il suo smartphone con un whatsapp inviatogli da Bin Salman in persona (non fosse terrificante sarebbe da ridere). Di recente Matteo Renzi ha vantato le doti “rinascimentali” del principe saudita senza arrossire. Chissà che un giorno non veda questo film.

 

“The Dissident”

di Bryan Fogel,
Usa, 118’