Una curiosa biografia del leader del movimento gay Usa. Firmata da Piergiorgio Paterlini. Per raccontare ai ragazzi la lezione del politico statunitense che sopravvive alla sua stessa morte

Un personaggio dell’altro secolo, un essere umano battagliero, si affaccia nel nuovo millennio, e cerca interlocutori. Ragazzi e ragazze che nel Novecento non hanno messo piede, nemmeno anagraficamente. Prova ad aprire un dialogo con loro. Si presenta: «Mi chiamo Harvey. Harvey Milk».

E comincia a raccontare. Piergiorgio Paterlini, con “Il mio amore non può farti male” (Einaudi Ragazzi, pp. 140 , € 11 ), costruisce una curiosa biografia in forma dialogica. Lascia che a raccontarsi sia Milk: il politico statunitense, che ha militato nel movimento di liberazione omosessuale ed è stato ucciso nel novembre di quarant’anni fa, discute di fama («Non volevo essere famoso, volevo essere felice»), di coraggio, di rischi. Si interroga sul prezzo di ogni scelta - un prezzo che non si conosce mai prima.

È una confessione a cuore aperto; il Milk a cui dà voce Paterlini parla d’amore e di sesso senza giri di parole, racconta la condanna all’invisibilità per un ragazzo che, come lui, si era accorto di amare i ragazzi. La sensazione che senza una lotta per i diritti si resterà imprigionati nel sesso-nascondino. La voglia di liberarsi, di vivere liberi fino in fondo.

E in tutto questo, trova la necessità della politica: «Ho capito che, insieme, potevamo essere molto forti. Non sarebbe stata una passeggiata, ma potevamo farcela. Insieme. E questa era la politica».

Il bello di questa storia per ragazzi è la voce: energica, positiva. La voce di una lezione che sopravvive e - letteralmente - continua a parlare. La voce, sembra suggerire Paterlini, di chi non si è arreso nemmeno alla propria stessa morte.