La commedia noir di Cristi Puiu, vista a Cannes lo scorso anno e ambientata a Bucarest, cattura letteralmente lo spettatore. Un lungo ed esilarante piano-sequenza, sulle note di Maledetta primavera
Non vinse nessun premio al Festival di Cannes, l’anno scorso, ma il film di Cristi Puiu era stato fra i più amati di quell’edizione. E, nonostante la durata, uno dei più appassionanti, divertenti perfino. Già, perché pur essendo un film di quasi tre ore su una veglia funebre, “Sieranevada” (titolo misteriosissimo, in realtà) è una commedia nera, sociale, dal ritmo assai singolare ma che cattura lo spettatore.
Alla morte del vecchio patriarca, in una casa di Bucarest arrivano tutti i componenti della famiglia allargata: sorelle, figli, nipoti. C’è il trentenne complottista che rimbecca tutti ripetendo: «Ah, no? Controlla su Internet!». C’è il cognato della vedova che sbotta, riferendo particolari irripetibili sui tradimenti e le abitudini sessuali del marito. C’è la ragazza che porta in casa un’amica ubriaca in stato quasi comatoso. C’è un’anziana amica di famiglia con una specie di colbacco, che rimpiange il comunismo e insiste fino a far piangere una delle donne. C’è un pope che non arriva. E c’è un dottore un po’ protagonista e molto spettatore, comprensivo e distaccato, cui scappa da ridere, ma che si scoprirà enormemente fragile (in una scena in auto che è l’unica uscita dalla casa, e l’unica parte un po’ esplicativa del film).
Lo stile del regista, che aveva mostrato una propensione all’umor nero in altri film come “La morte del signor Lazarescu”, dapprima sembra allontanare lo spettatore. La macchina da presa, sempre fissa, ruota intorno con delle panoramiche, mostrando quello che avviene in una o più stanze: a volte è piazzata nel corridoio, e passa da una situazione all’altra.
I piani-sequenza valorizzano i bravissimi interpreti, e man mano che si impara a conoscere i personaggi si è risucchiati in questo groviglio familiare, che è anche una specie di rappresentazione teatrale delle contraddizioni della Romania a 28 anni dalla caduta di Ceausescu. La colonna sonora, composta esclusivamente dalla musica di sottofondo di una radio, appena percettibile, è per noi italiani è un ulteriore motivo di curiosità: a un certo punto, infatti, arrivano le note di “Dolcenera” di De Andrè, e poi di “Maledetta primavera” cantata da Loretta Goggi. L’effetto è simpaticamente straniante.