Nel campo di sterminio ogni Paese ha un suo luogo simbolo. Il nostro, realizzato dall'architetto Belgiojoso, è in stato d'abbandono. E' ora che si trovino i soldi per restaurarlo in loco

Il Memoriale dei deportati italiani ad Auschwitz fu inaugurato nel 1980 per ricordare i caduti di questa tragedia. Da decenni il Memoriale è in stato d’abbandono ed è proprietà del Governo italiano che ne dovrebbe tutelare l’integrità ?in loco. Invece la soluzione ?che si prospettò è quella di trasferirlo e ricomporlo a Fossoli. Idea molto azzardata, considerata la difficoltà ?e i costi per trasferire un manufatto così delicato.

Il memoriale è un’opera d’arte totale, in cui convivono architettura, pittura, letteratura e musica. Il progetto è di Lodovico Belgiojoso, tra i maggiori architetti del Novecento, tra ?i sopravvissuti del campo. ?Nel memoriale l’intento di Belgiojoso, Primo Levi, Luigi Nono, Nelo Risi e Pupino Samonà fu quello di non separare le diverse deportazioni politiche e razziali e di illustrarne le motivazioni all’interno della storia italiana ed europea.

L’opera è una spirale a elica nel Blocco 21 che coinvolge lo spettatore in una narrazione spazio-temporale visiva e sonora di struggente intensità. Anche l’Accademia di Belle Arti di Brera ha lanciato un appello per il restauro e la conservazione in situ. ?L’appello ha avuto come esito interrogazioni alla Camera e al Senato. Primo Levi nel testo per il Memoriale scrisse: «La storia della Deportazione e dei campi di sterminio, non può essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa… Noi, figli di cristiani ed ebrei (ma non amiamo queste distinzioni) di un paese che è stato civile, e che civile è ritornato, dopo la notte del fascismo, qui lo testimoniamo».

Sarebbe scandaloso se non si trovassero le modeste risorse necessarie affinché l’opera e la baracca che la contiene possano essere restaurate in loco.