La crescita dell'Africa, la disoccupazione persistente, le nuove multinazionali, i problemi del clima. Una breve lista di fenomeni che caratterizzano senza ombra di dubbio il nuovo anno

Senza una palla di vetro, è azzardato predire il futuro, per quanto prossimo sia. Ma sui quaderni di bordo dell’Astronave Terra - oggi che ha iniziato l’ennesimo, maestoso giro di valzer intorno al Sole - c’è già scritto qualcosa sul percorso ellittico dell’umanità nei prossimi dodici mesi. Così, senza la pretesa che siano come il trailer del film che accadrà, fra gli appunti della cronaca planetaria si possono provare a decrifrare otto trend globali per il 2014.

Disoccupazione persistente. Secondo la International Labour Organization, l’agenzia dell’Onu che si occupa di lavoro, la media planetaria dei disoccupati a lungo termine è salita dal 24% del 2007 a oltre il 30% dell’anno scorso. Mentre la popolazione umana aumenta, robot, computer e sensori rimpiazzano un crescente numero di posti di lavoro: un recente paper dell’Università di Oxford sostiene che, con le future evoluzioni dell’intelligenza artificiale, metà delle buste paga americane rischiano di scomparire.

Nel 2014, la disoccupazione su scala globale - in mezzo agli alti e bassi su scala locale - potrebbe farsi persistente. Non tanto per i lavori ben pagati o poco pagati, ma per quelli a metà strada. Negli Stati Uniti, a fronte di un tasso di disoccupazione del 7,2%, c’è un numero spaventoso di posti vacanti, 200mila solo nel manifatturiero. Se la domanda di lavoro non incontra l’offerta, vuol dire che è tempo di ripensare i sistemi educativi e formativi. Come Cina e Corea del Sud sembrano aver capito meglio di altri, c’è bisogno di più matematici, ingegneri e computer scientist, nel futuro. Sennò che futuro è?

Calcolo dappertutto. Non a caso, il 2014 è l’anno in cui la capacità di calcolo penetra il nostro mondo fino alle radici. Fra poche ore, Google annuncia a Las Vegas l’introduzione del sistema operativo Android nelle automobili Audi: le app arrivano anche sul cruscotto. Si sa per certo che anche la Apple, dietro la consueta cortina di segretezza, sta studiando un’operazione analoga per il suo iOs. Però quest’anno debuttano sul mercato anche i Google Glass, il primo esempio di computing indossabile commercializzato su larga scala, peraltro in attesa di vedere se il mercato gli tributerà un applauso all’altezza del battage pubblicitario. Di tutta risposta, è atteso anche l’iWatch della Apple che, più che un orologio, dovrebbe essere un concentrato di connettività con iPhone e altri device, ma soprattutto con il corpo umano: controllo del battito cardiaco, del livello di attività, della qualità del sonno e via dicendo.

Ma la tendenza verso il computing ubiquo non finisce qui. Adesso che ci sono termostati e bilance, telecamere e lampadine che si controllato con le app del telefono, nel 2014 ci si può attendere un ulteriore passo avanti verso l’interconnessione degli oggetti. Secondo la Intel, nel 2020 i chip diventeranno così piccoli e così poco costosi da poter finire potenzialmente dappertutto.

Il peso delle Megacittà. La capacità di calcolo distribuita sarà una bella risorsa per una gestione più razionale dei giganteschi aggregati urbani che, nel 2014, assumeranno ancora più rilevanza. Due anni fa, quando per la prima volta nella storia il numero degli abitanti delle città ha superato quello delle campagne, c’erano 22 megalopoli con più di 15 milioni di abitanti. Oggi sono 24. Nel 2025, secondo l’Onu, saranno 35.

Dato che nelle megacittà si concentrano consumi energetici e rifiuti, la gestione “intelligente” del sistema urbano farebbe fare un salto da gigante al panorama della sostenibilità. Certo, è molto più facile costruire una città a basso impatto ambientale partendo da zero, come stanno facendo con Masdar (Abu Dhabi) e a Sejong (Corea), ma sensori e computer sono comunque una risposta possibile agli squilibri causati dall’addensamento umano. Il quale, è innescato dalle moltiplicate opportunità che le megacittà offrono. Nel 1979, Shenzhen aveva 315mila abitanti, fra poco supererà la soglia dei 15 milioni ed entrerà nei ranghi delle megacittà. Ma Lagos, capitale della Nigeria, potrebbe arrivarci già quest’anno.

L’Africa cresce. Con 180 milioni di abitanti, la Nigeria è il più popoloso dei paesi africani ma, grazie alle riserve petrolifere di cui dispone, è anche diventato il più ricco (ufficialmente è dietro al Sudafrica, solo perché il suo Pil è ancora calcolato sui prezzi del 1990). Ma il bello è che non è una mosca bianca. Negli ultimi dodici anni, il Pil dell’Africa ha battuto la media mondiale: solo l’Asia ha saputo fare di meglio, Cina in testa. Fatto sta che, proprio grazie all’espansione del commercio con la Repubblica Popolare, numerose nazioni del Continente Nero hanno visto un miglioramento delle sorti economiche, perdipiù con un’inflazione ai minimi storici. Così, l’Economist Intelligence Unit arriva a stimare per il 2014 una crescita del prodotto interno lordo panafricano del 5,5%, il doppio di quello americano e una chimera per quello italiano. In prospettiva, molte economie africane potrebbero uscire dalla categoria “paesi in via di sviluppo”, per entrare in quella più prestigiosa dei “paesi emergenti”.

Multinazionali emergenti. Nel 2014 è facile attendersi un consolidamento delle grandi corporation nate nei paesi Brics (Brasile-Russia-India-Cina-Sudafrica) e la contestuale apparizione di nuove. Nell’ultimo decennio, il 60% della crescita dell’economia planetaria è venuta da lì. Fra il 1994 e il 2003 le multinazionali emergenti avevano effettuato solo il 4% delle fusioni e acquisizioni su scala globale. Ma fra il 2004 e il 2010, la percentuale è salita al 17, pari a un esborso di 1.100 miliardi di dollari. Nel 2007 c'erano 47 nuove multinazionali nella classifica Global 500 di Fortune - le prime 500 imprese mondiali per fatturato - oggi sono 127.

I nuovi arrivi, com’è facile immaginare, cambiano lo scenario competitivo, modificando di conseguenza la geopolitica della produzione industriale, del commercio planetario. Chi avrebbe potuto immaginare che la cinese Lenovo sarebbe diventata la prima produttrice di personal computer al mondo? Se è per questo, è incredibile anche che la compatriota Huawei abbia superato Ericsson  negli impianti di telefonia cellulare, peraltro senza fatturare granché in America. Il Comitato di Intelligence del Congresso americano ha suggerito al governo di non fare affari con Huawei per «motivi di sicurezza digitale».

Cyberguardie e cyberladri. Così com’era successo dopo il caso Wikileaks, l’ancor più clamorosa vicenda di Edward Snowden, l’uomo che ha rivelato al mondo le sconfinate vie dello spionaggio digitale, nel 2014 i sistemi informativi alzeranno ancora l’asticella della sicurezza. Il che, porterà alla scoperta di soluzioni ancor più spericolate e ingegnose per accedere a email, telefonate e a quel tesoro di tante piccole informazioni personali che seminiamo ogni giorno, semplicemente vivendo.

È la stessa, continua rincorsa fra le cyberguardie e i cyberladri del mondo digitale: ogni software e sistema operativo viene continuamente aggiornato per chiudere le falle usate dagli hacker (ma anche da spie e malviventi) per prendere possesso di computer remoti. Ma poi i “cattivi” - fra i quali vanno annoverati i Governi che sviluppano armi sotto forma di virus digitali - riescono puntualmente a trovare una soluzione più raffinata per lo stesso obiettivo. Resta però da vedere se, nel 2014, nascerà una protesta globale contro lo stato di sorveglianza digitale applicato in numerosi paesi, Stati Uniti in testa.

Clima avanti tutta. Nessuna protesta popolare è attesa per le condizioni climatiche del pianeta. Come risultato, nel 2014 non si prevede che i Paesi del mondo arrivino a qualche decisione su come ridurre le emissioni di gas-serra che, trattendendo la radiazione infrarossa del pianeta, lo riscaldano. Ufficialmente, tutto è rimandato al vertice che si terrà a Parigi nel dicembre dell’anno prossimo. Così, le emissioni di anidride carbonica supereranno quest’anno i 35 miliardi di tonnellate. La concentrazione di CO2 nell’atmosfera che l’anno scorso aveva brevemente superato le 400 parti per milione (il valore oscilla col variare delle stagioni nell’emisfero settentrionale), nel 2014 lo scavalcherà stabilmente. Così, fatalmente, è realistico prevedere che anche le cronache del 2014 registreranno eventi meteorologici estremi, come quello nelle Filippine pochi mesi fa, e che la tendenza al restringimento estivo dei ghiacci al Polo Nord, andrà avanti incontrastata. Il pianeta sarà (poco poco) più caldo.

Tensioni in Medio Oriente. Qualcuno obietterà che non è una novità che faccia troppo caldo in Medio Oriente, che è fra le “tendenze” di ogni anno. Ma c’è poco da fare: in un sondaggio del World Economic Forum (Wef), le incertezze post-Primavere Arabe dominano le preoccupazioni per l’anno appena cominciato. L’iniziale speranza che le trasformazioni popolari in Egitto, Libia e Tunisia aprissero la strada a democrazia e sviluppo economico, è stata tradita. Se aggiungiamo la guerra civile in Siria, l’instabilità palestinese, l’eterna incognita della successione saudita e la dubbia tregua fra Iran e Stati Uniti, lo scenario non può che essere fosco. Secondo gli esperti consultati dal Wef le vere spine dell’area araba sono due: l’instabilità politica e l’elevata disoccupazione.

È come un cerchio, che avvolge gli eventi di un mondo sempre più piccolo, digitale, interconnesso, caldo e senza privacy. Eppure così affascinante da osservare e da scoprire. Il 2014 è qui. Adesso la cronaca può cominciare.