«Dicono di essere artisti e fanno cose carissime. Per me la moda è vestire le persone divertendosi e stando in mezzo alla gente. Chi si chiude in una torre d'avorio, come creativo è morto». La provocazione di Lagerfeld

Il rischio, con Karl Lagerfeld, è di prenderlo molto più sul serio di quanto non faccia lui stesso, che è uomo intelligente e di un sense of humour raro nel mondo della moda. Sarà la kappa che intimidisce, tanto più doppia nel nomignolo "Kaiser Karl". Poi lo incontri, e ti trovi faccia a faccia con un signore che ti ripete che l'importante, nella vita, è divertirsi. Non lo capisci in francese? Te lo rispiega in inglese, volendo in tedesco.

"È stato divertente anche collaborare con Hogan, abbiamo già deciso che faremo insieme un'altra collezione. È interessante, oggi, lavorare sul co-branding. È divertente studiare come comunicarlo, inventare la presentazione, una mostra, uno spot... Per le foto ho voluto facce che rappresentassero tutti i tipi di persone che possono indossare Hogan. Non volevo l'effetto "celebrities"".

L'annoia?
"Sì. Nel mondo stanno succedendo tante cose, dal Giappone alla Libia, il "bling bling" mi appare vecchio e stupido. Quello che succede, indirettamente trasforma anche il mondo della moda. Che non può essere solo vip e tappeti rossi, ma deve sforzarsi di far parte del mondo in cui la gente vive. Per questo in passato ho fatto collaborazioni con H&M, ora con Hogan: bisogna pensare cose che la gente possa indossare nella vita reale. Grazie a nuovi materiali e tecniche di lavorazione oggi uno stilista può fare cose bellissime a prezzi ragionevoli. È assurdo atteggiarsi ad artisti che, in quanto tali, fanno cose necessariamente carissime: essere designer significa vestire la gente, diceva Chanel. Non c'è da rimpiangere il passato. L'eleganza non è morta: ha cambiato immagine. Eleganza è cambiamento".

E che altro?
"Per me è "divertissement". Io odio star fermo, la cosa che mi preme è andare avanti, fare libri, mostre, pubblicità, foto, esprimermi, sperimentare. Stare a contatto con altra gente. Nel mio vocabolario non esiste l'espressione "andare al lavoro", per me è vivere, è divertimento, piacere. Non mi sono mai sentito un creatore isolato dal resto del mondo. Io voglio stare in mezzo alla folla".

Si vede: fa il designer, ma è anche fotografo, collezionista d'arte, editore...
"Mi viene naturale. Le mie scelte coincidono con quello che so fare al meglio, non ci sono tanti ragionamenti dietro. Mi fanno migliaia di proposte, ma io scelgo solo quello che so di poter fare al meglio, con le persone che mi piacciono, come Diego Della Valle, e in condizioni di lavoro piacevoli. Mi piace essere ovunque succedano delle cose. Chiudersi in una torre d'avorio ti uccide, come persona e come creativo. Io sono fortunato: incontro gente che fa cose interessanti, faccio fotografia e pubblicità, ne ho persino realizzata una per il lancio di una marca di gelati in America, sono protagonista dello spot Volkswagen... sono opportunità e divertimento".

Che cosa le è rimasto, di tedesco?
"La Germania che mi piace non esiste più: è uno spirito, una cultura, quella di uomini come Harry Ulrich Kessler, conte, scrittore, diplomatico e patrono delle arti. Avevo una bella casa ad Amburgo e un appartamento a Berlino, ma li ho venduti. Ormai sono straniero in Germania, anche se sono uno dei tedeschi più famosi del mondo".

Ma per tutti resta Kaiser Karl.

"Fosse per me, no. Odio i titoli, odio i re solitari. Grazie a Dio non sono un uomo solo e non sono re di niente. Del resto, non ci sono più regni".