Con una nuova rubrica, L’Espresso amaro e L’Espresso dolce, vogliamo fare luce su storie di crisi e di eccellenze che si trovano in Italia. In un periodo in cui la vita di chi ha meno è sempre più dura, c’è chi resta per non arrendersi

«Finita la festa, gabbato lo santo». È un vecchio adagio a cui si rifà anche il nostro Ray Banhoff, osservatore pungente, nella sua rubrica Bengala, mettendolo il relazione alla festa del 1° Maggio. In effetti abbiamo ascoltato un sacco di proteste, puntualizzazioni, proposte dal palco di Potenza, dove i sindacati si sono ritrovati uniti sotto la pioggia; abbiamo ascoltato la buona musica del concertone del 1° Maggio a Roma con la solita appendice di polemiche, anche se meno corrosive di altri anni; abbiamo ascoltato anche la voce del governo che, proprio il 1° Maggio, ha prodotto un decreto sul costo del lavoro, che mette qualche soldo in più in busta paga agli occupati che guadagnano fino a 35 mila euro sull’onda di quello che avevano fatto i governi precedenti da Renzi a Conte a Draghi, accompagnato però da una stretta sui contratti dei precari.

 

E allora, «passata la festa», cerchiamo di non «gabbare lo santo». Continuiamo a parlare di lavoro, di occupazione, del lavoro che c’è e del lavoro che non c’è. Per questo L’Espresso inaugura da questa settimana una nuova rubrica, suddivisa in due parti, che si intitola “L’Espresso amaro” e “L’Espresso dolce”. Scandaglierà le due facce dell’Italia: quella amara, dura, drammatica delle crisi aziendali che purtroppo costellano il nostro Paese; quella dolce che produce occupazione, novità tecnologiche, crescita.

 

Cominciamo da due aziende simbolo: per “L’Espresso amaro” racconteremo le vicende della GKN di Firenze, dove un licenziamento collettivo quasi due anni fa ha lasciato a casa 430 lavoratori che non si sono arresi e stanno lottando per riaprire lo stabilimento. Per “L’Espresso dolce”, invece, la storia del nuovo villaggio digitale a Mogliano Veneto delle Assicurazioni Generali, un’azienda storica e florida italiana che sta portando avanti un processo tecnologico nei rapporti con i clienti e uno di welfare aziendale molto avanzati. Ogni settimana racconteremo almeno una storia o dolce o amara e ci sarà sempre una pagina-vetrina, curata da Gloria Riva, che sintetizzerà il panorama dolce-amaro del Paese.

 

Sarà anche un’occasione per continuare a discutere della dignità del lavoro. Infatti, molte persone, soprattutto molti giovani, non trovano un lavoro dignitoso ma al massimo un lavoro per avere uno stipendio, spesso misero e umiliante, ma indispensabile. La vita di chi ha meno è sempre più dura. L’inflazione è di nuovo in crescita. L’Istat in aprile ha registrato un incremento dello 0,5% su base mensile che porta il dato annuo a +8,3%. Una delle voci di incremento maggiore è quella degli affitti: ci sono città come Milano dove affittare casa è praticamente impossibile per chi ha uno stipendio “normale”, per gli studenti, per i pensionati. Secondo il Codacons, l’inflazione all’8,3% equivale a una spesa maggiore di 2.428 euro annui per una famiglia tipo. Sullo sfondo, una situazione del genere lascia immaginare un nuovo aumento dei tassi: significa denaro più caro, ma soprattutto, per le famiglie, mutui più cari.

 

Se comprare casa è un problema e lo è altrettanto affittarla, se il lavoro è soprattutto precario e malpagato, che futuro si prospetta per i nostri giovani? L’alternativa è tra andarsene e restare per non arrendersi. In tutti e due i casi ci vuole coraggio, ma restare è anche un atto di orgoglio e di fiducia verso sé stessi e il proprio Paese. Una sfida. E le sfide si affrontano perché si vogliono vincere.