Servono obiettivi chiari e scelte giuste. A partire dalla produttività del sistema e dal ruolo dello Stato

Nella recente assemblea di Assolombarda sono emerse due proposte per combattere l’inflazione: una è rivolta al governo, affinché spinga Bruxelles a escludere «gli investimenti strategici dal Patto di stabilità perché gli industriali con le mani legate non investono»; l’altra riguarda «la spinta a investire delle industrie, perché solo così si crea un’offerta produttiva adeguata a contrastare l’inflazione futura».

 

Due proposte che attribuiscono all’offerta di beni e di servizi la chiave per risolvere i gravi problemi posti dall’inflazione da costi. Se la ragione fosse legata a una maggiore offerta di prodotti, la soluzione sarebbe semplice. Le cose, però, non stanno così.

 

È la riduzione strutturale della domanda aggregata il vero vulnus dell’inflazione da costi. Infatti, nonostante la fortissima riduzione dei prezzi del gas e della luce, il loro costo incide tuttora sul bilancio di famiglie e imprese tre volte di più di prima della crisi del Covid e della guerra in Ucraina.

 

È una situazione destinata a durare nel tempo. La guerra in Ucraina, in qualsiasi modo si chiuda, e la de-globalizzazione hanno mutato le ragioni di scambio alla base del bassissimo prezzo dei prodotti energetici. Uno stato di fatto che ha favorito, in primis, la Germania, ma anche l’Italia, consentendo loro di recuperare in breve tempo i dieci punti di Pil persi nel periodo 2009-2012.

 

Il costante rialzo dei tassi di interesse, inoltre, aggrava l’inadeguatezza della domanda aggregata. È difficile capire la ratio del comportamento della Banca centrale europea, che ci pare abbia il solo pregio di fare da contraltare alle mosse della Fed, ritenendo la banca centrale americana l’unico regolatore del mercato finanziario internazionale.

 

In questo scenario, il governo deve evitare di buttare via il bambino con l’acqua sporca. Nessuna remora ai nuovi investimenti propugnati da Assolombarda, anzi. Bisogna, però, che governo e produttori abbiano piena consapevolezza di che cosa fare. L’inflazione da costi, infatti, si può battere solo a condizione che si abbiano chiari gli obiettivi specifici di una nuova fase di investimenti, in un mondo che non è più globalizzato.

 

Il primo obiettivo concerne l’incremento della produttività del sistema che deve consentire, da un lato, di recuperare la perdita del 15 per cento subita dai redditi reali negli ultimi due anni, dall’altro, di mantenere la capacità di acquisto dei redditi reali stessi fintantoché l’inflazione continuerà a mordere il paniere della spesa.

 

Il secondo obiettivo, invece, concerne il ruolo dello Stato: gli investimenti avranno l’efficacia indicata dagli industriali solo se il governo si impegnerà a rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale, se gli incentivi di Industria 4.0 saranno rifinanziati adeguatamente e se l’incremento subito dai mutuatari a tasso variabile per l’acquisto della prima casa potrà trovare una sponda nelle deduzioni fiscali.

 

Il combinato disposto di queste azioni potrebbe consentire la chiusura del cerchio. L’essenziale è che il governo sappia compiere scelte adeguate all’obiettivo da conseguire, sia per quanto riguarda il pieno utilizzo dei fondi del Pnrr sia nella gestione del bilancio pubblico.