La Ue avvia una procedura per abuso di posizione dominante e intanto la procura di Genova indaga su una maxi-evasione

Nel 2022, secondo i dati Eurostat, i turisti che hanno visitato l’Europa sono stati oltre 2,7 miliardi, e secondo uno studio della Commissione Europea, nel periodo tra il 2017 e il 2021, il 44% delle vendite degli alberghi indipendenti è avvenuto attraverso le agenzie di turismo online, le cosiddette Ota.

 

La concorrenza che non c’è
Tra le Ota spicca Booking.com. Nel 2019, secondo il sito tedesco Statista, oltre il 67% delle stanze affittate attraverso le Ota è passato da Booking. Il portale - che fa parte del gruppo Usa Booking Holdings - ha sede ad Amsterdam dove, grazie al sistema fiscale olandese, dividendi, guadagni da cessioni di partecipazioni, royalties e plusvalenze non hanno alcuna tassazione. Un bel vantaggio rispetto al 26% applicato in Italia. La società ha 198 uffici in 70 Paesi, ma poiché tutte le entrate arrivano ad Amsterdam, le tasse vengono pagate solo in Olanda e non nei Paesi dove operano, privandoli di fatto di milioni di euro che potrebbero essere spesi per produrre ricchezza o per tutelare i beni artistici, culturali e naturalistici che sono moltiplicatori per il turismo.

 

Il mancato versamento IVA in Italia
Sulle scelte fiscali di Booking.com indaga la Procura di Genova che accusa la società di aver evaso l’Iva in Italia per 153 milioni di euro tra il 2013 e il 2019. Dall’esame dei documenti fiscali è emerso come la società olandese fosse solita emettere fatture senza Iva, applicando il meccanismo del “reverse charge” anche quando la struttura ricettiva non aveva partita Iva. Il risultato? L’imposta non veniva dichiarata né versata in Italia. L’esame dei dati forniti dalla multinazionale e relativi alle commissioni applicate a 896.500 posizioni di clienti in Italia ha portato alla ricostruzione di un fatturato da quasi 700 milioni di euro, sempre nel periodo che va dal 2013 al 2019. Gli accertamenti sono ancora in corso, ma se l’evasione dell’Iva dovesse essere provata, Booking rischierebbe sanzioni dal 90% al 180% dell’imposta evasa.

 

Il caso eTraveli
La posizione predominante nel mercato non ferma Booking Holdings, che continua ad aggiungere pezzi al suo impero. È il caso della proposta d’acquisto di Flugo Group Holdings AB, che opera con il nome commerciale "eTraveli". Questa manovra ha allarmato la Commissione Europea, preoccupata dall’eventualità che Booking possa detenere una posizione ancor più dominante sul mercato. Sul tema, la stessa Commissione Europea è intervenuta a novembre 2022 con una nota stampa e con una pubblicazione sul Giornale Ufficiale dell’UE, che ha formalizzato l’avvio della procedura.

 

Margrethe Vestager, Commissaria europea per la concorrenza, ha dichiarato che «data la forte posizione di Booking in Europa, dobbiamo valutare attentamente se questa fusione rafforzerà ulteriormente la posizione di Booking o distorcerà la concorrenza in alcune parti del settore dei viaggi». La Commissione ha tempo fino al 30 agosto per svolgere un'indagine approfondita.

 

I correttivi europei
L’Europa negli ultimi anni è intervenuta per cercare di ridimensionare i giganti dell’e-commerce, tra cui le Ota. Le ultime norme approvate sono il Digital markets act e il Digital services act, entrati in vigore rispettivamente l’1 novembre e il 16 novembre 2022. Il primo mira a garantire un controllo maggiore da parte degli utenti, con la possibilità di escludere la profilazione. Il Digital Markets Act, invece, ha lo scopo di garantire condizioni di parità per tutte le aziende digitali, indipendentemente dalle loro dimensioni, per far sì che le grandi piattaforme non impongano condizioni inique a imprese e consumatori.

 

La dipendenza dalle OTA
Le strutture ricettive, soprattutto quelle piccole, dipendono dalle Ota. Non avendo grandi mezzi di promozione non possono far altro che essere presenti sui siti di questi colossi del settore. Ma la visibilità ha un prezzo: una commissione che va dal 15% al 20%, ma che può arrivare a percentuali maggiori per una posizione più alta nelle ricerche. Tutto questo spesso ricade sull’utente finale.