Secondo i dati, oltre la metà del terreno in Europa è in condizioni di degrado a causa di pratiche agricole inadatte, inquinamento, urbanizzazione e cambiamenti climatici. Un progetto di Barilla e Davines prova a intervenire

Un’agricoltura che metta al centro il suolo e la sua capacità d’immagazzinare carbonio e restituire fertilità. Se n’è parlato al “Mantova Food&Science Festival”, dove si sono affrontati i temi della salute del terreno e dei nuovi modelli produttivi. E all’agricoltura rigenerativa guarda il progetto triennale “Bello e Buono”, promosso dal colosso alimentare Barilla e da Davines Group, che opera nei mercati internazionali della cura di capelli e pelle, entrambi con sede a Parma. Consistenti i loro investimenti in ricerca e sostenibilità: su un’area di 10 mila metri quadrati sperimentano la coltivazione in rotazione di cereali quali grano tenero, grano duro e cece, oltre che di essenze impiegate nell’industria cosmetica come melissa, calendula e lavanda.

 

«Il concetto di agricoltura rigenerativa, sviluppatosi negli anni ’70, non ha ancora una definizione ufficiale, anche se l’argomento suscita sempre più interesse», spiega Elena Bertè, agronomy research manager del gruppo Barilla: «Rigenerare significa superare il concetto di riduzione dell’impatto ambientale per arrivare al ripristino. Questa collaborazione porterà nuove conoscenze scientifiche e contribuirà alla diffusione di pratiche rigenerative nelle colture tipiche del nostro territorio, sostenendo la transizione green. A proposito dei disastri idrogeologici che hanno colpito l’Emilia-Romagna, il progetto intende contrastare le tecniche intensive utilizzate per decenni e finalizzate all’aumento della produttività, spesso a scapito della biodiversità. Senza parlare dell’industria chimica che ha alterato l’equilibrio naturale del terreno causandone l’impoverimento e l’erosione. Quest’ultima, specie nei terreni lasciati incolti fra un raccolto e l’altro, provoca il dilavamento degli strati superficiali, i più impregnati di sostanze nutritive: un suolo malato non può produrre cibo sano. Inoltre, i suoli in salute rappresentano il più grande deposito di carbonio del pianeta e aiutano a ridurre i rischi di siccità e allagamenti».

 

Oggi il 60/70 per cento dei suoli europei è in condizioni di degrado a causa di pratiche agricole inadatte, inquinamento, urbanizzazione, cambiamenti climatici. «La biodiversità è importantissima per i processi degli agro-ecosistemi. Ad esempio, il rilascio dei nutrienti nel terreno per alimentare le piante avviene grazie al lavoro di organismi che interagiscono con le radici delle piante stesse. Quando usiamo pesticidi, diserbanti, fertilizzanti sintetici, alteriamo queste interazioni», sottolinea Dario Fornara, research director dell’European Regenerative Organic Center di Davines. «Fondamentale è favorire l’accumulo di sostanza organica nel suolo: se ciò avviene, si parla di rigenerazione del terreno agricolo. La sua qualità migliora con la capacità di fornire servizi ecosistemici. L’obiettivo del progetto “Bello e Buono” è non solo misurare la salute del terreno, ma anche dare soluzioni ai coltivatori che vogliono realizzare filiere più sostenibili. Per farlo, oltre agli investimenti in ricerca e sviluppo, è necessaria un’alleanza fra addetti ai lavori e istituzioni. Così come un mercato più attento alla qualità delle produzioni».