Ne servirebbero di più, ma quando il bambino sta male il problema ricade sempre sui genitori. All’estero hanno pensato ad alcune soluzioni, come il babysitting d’emergenza. Parla l’economista dell’Ocse Andrea Garnero

Economista Ocse, Andrea Garnero, 36 anni, da 20 mesi ha cambiato le sue “policy raccomandation”, ovvero i suggerimenti strategici ai governi. Perché?

«La nascita di mio figlio ha stravolto la mia prospettiva di analisi. Se prima ritenevo sufficiente un asilo nido per garantire buoni livelli occupazionali, oggi mi rendo conto che questa misura non basta».

 

Spenderemo un quinto dei soldi del Pnrr per i nidi, nell’ottica di favorire l’occupazione femminile e migliorare la qualità di vita dei piccoli. Sta dicendo che la strategia non darà i frutti sperati?
«Premesso che l’applicazione di quel piano continua ad essere complessa, dico che la creazione dei nidi non risolverà il gender gap e la disoccupazione femminile».

 

Dunque, cosa ha scoperto in questi 20 mesi di paternità?
«Che gli inverni sono lunghi e costellati di malattie di varia natura. Che ci si sveglia la mattina e il bimbo ha la febbre o l’ennesimo virus e al nido non ci può andare. E se i nonni non sono disponibili, recuperare una babysitter all’ultimo minuto è impresa complessa. Dunque, partendo dall’analisi del bisogno concreto, serve qualcosa in più dell’asilo nido».

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Ovvero?
«All’estero funziona diversamente. In Lussemburgo e in Belgio c’è un sistema di emergenza babysitting. In Francia ci sono gli assistent maternel. A Parigi si organizzano fiere per la piccola infanzia che funzionano da open day per far incontrare domanda e offerta nei quartieri e creare rapporti stabili fra assistenti di cura e famiglie. In generale, al di là delle Alpi c’è un approccio più tollerante verso le malattie dei bambini, accolti anche con qualche linea di febbre, monitorati e tenuti in ambienti dedicati. Insomma il nido offre un servizio al genitore, che ha il problema di dover mantenere il posto di lavoro».

 

E in Italia?
«Si è provato a mettere una pezza con lo smartworking, ma stare a casa ad occuparsi di qualcuno non è né smart né working. La verità è che da noi il problema ricade interamente sulle spalle delle famiglie (troppo spesso delle madri) che, alla disperata, ricorrono al lavoro nero».

 

Le babysitter pagate in nero. Un classico.
«Esiste il Libretto di famiglia dell’Inps, che ha sostituito i voucher. Non si tratta di una soluzione complessa, ma non è neppure il modo più semplice di gestire una piccola collaborazione».

 

Tutti costi che ricadono sulla famiglia.
«E in base ai dati Ocse l’Italia ha il record di spesa per la cura di un figlio a carico: il 27 per cento del reddito famigliare serve ad accudire i piccoli. Contro il 25 della Gran Bretagna, il 20 degli Usa, il 15 della Francia (valore allineato alla media dei paesi Ocse) e il 2 per cento della Germania. I nidi italiani costano troppo rispetto ai redditi medi e questo scoraggia fortemente le famiglie a farvi ricorso. È vero, c’è il bonus nidi, ma copre solo una piccola quota».

 

C’è poi il problema degli orari. In Italia il nido chiude alle 17, quando va bene. All’estero?
«In media attorno alle 19, ma affronterei la questione da un altro punto di vista. Se in Italia è necessario lavorare h24, come dice la stilista Elisabetta Franchi, allora non è possibile avere una famiglia. Uscire dall’ufficio alle 17 continua ad essere un demerito, mentre nel centro e nord Europa non è accettabile programmare una riunione dopo le 16. In Italia manca un dibattito serio sul time management. È una cosa seria, perché senza quel tempo a disposizione i giovani non possono avere figli».

 

Liberare gli orari serali dagli obblighi di lavoro: basta questo a ridurre il gender gap?
«Creare policy a favore delle donne è utile ma non sufficiente. È dal lato maschile che è necessario intervenire. Perché quando un uomo chiede il part time è additato come un fannullone, mentre, se è la donna a chiederlo, allora è una buona madre? La parità di genere si raggiunge investendo su politiche di conciliazione sia per le donne sia per gli uomini».