Il mega sito cinese punta sui prezzi stracciati per far concorrenza al prodotto di Bezos. E intanto inizia a geolocalizzare i milanesi con il servizio di bike sharing

Hai voluto la bicicletta? E adesso pedala. Ma non prima di averci lasciato la carta di credito e facendoci sapere dove vai. Benvenuti nell’era digitale - e sostenibile - della mobilità su due ruote. Non serve più essere proprietari della bici, ma bastano uno smartphone, un conto corrente con carta di credito, un indirizzo email, un computer, e un po’ di pazienza per registrarsi su un sito. Poi bisogna trovare una bicicletta per strada aiutandosi con una mappa che si apre da una app sul proprio cellulare, bloccarla, andare a prenderla, sbloccarla e finalmente montare in sella. E a Milano il successo del bike sharing è realmente tangibile. Sono le flotte di biciclette disseminate in tutta la città che si utilizzano solo per il percorso da fare, si parcheggiano ovunque e saranno a disposizione del prossimo utente, atti vandalici a parte com’è successo nei primi giorni del loro lancio. Il tutto per pochi centesimi di euro.

Sono due le società che offrono questo tipo di servizi, entrambe sono cinesi e la più vistosa è certamente Ofo, che dopo aver invaso Milano con migliaia di biciclette, è sbarcata anche a Varese ed è partita alla conquista dell’hinterland lombardo. Ma le bici giallo intenso della società fondata nel 2014 da Dai Wei, oltre a spostare i milanesi, rappresentano il segno più tangibile della presenza di Alibaba in Italia. Ovvero il colosso cinese del commercio online, che è anche il più importante e famoso tra i finanziatori di questa realtà su due ruote.

Alibaba, per intenderci, è il sito che ha battuto ogni record di vendite durante il “giorno dei single” – l’11.11 nel gergo usato dalla società – con 25 miliardi di dollari di ricavi in 24 ore (17,7 miliardi nel 2016) e milioni di consumatori che in tutto il mondo hanno acquistato di tutto di più sui suoi siti.

Dietro all’utile servizio reso a pochi centesimi da Ofo, si cela la grande intuizione della società: raccogliere un’enorme mole di dati sensibili dai suoi utilizzatori - carta di credito e indirizzo email su tutti - e geolocalizzare gli utenti. Ovvero sapere dove siamo, dove ci spostiamo, in che orari lo facciamo. Il tutto per sfruttare commercialmente queste microinformazioni, conoscere i nostri gusti e quindi inserirsi - come venditore - nel grande mercato della vendita personalizzata on line.

Su questa strategia la società cinese preferisce non esprimersi, così come sul fatto che questi dati possano essere accessibili ad Alibaba per rinforzare il suo parco consumatori anche in Italia. D’altronde del colosso asiatico non si sa molto, se non che è deciso a non essere più solo il motore dell’ecommerce in Cina, da cui trae ancora il 90 per cento circa dei suoi ricavi, ma anche nel resto del mondo. E l’Italia rappresenta una tappa importante, a partire dall’incontro a Palazzo Chigi del maggio 2015 tra l’ex premier Mattero Renzi e il fondatore Jack Ma, ricevuto con gli onori di un capo di Stato, e poi incontrato di nuovo a Vinitaly nel 2016.

Renzi aveva caldeggiato un’apertura di Alibaba alle eccellenze italiane, da portare ai consumatori cinesi grazie alla grande piattaforma. Un percorso che è iniziato grazie anche al team italiano capitanato da Rodrigo Cipriani Foresio, una lunga carriera in Mediaset anche come responsabile di Mediashopping. Le sue prime linee sono Albert Antonini Mangia, anche lui ex Mediaset e Manfredi Minutelli, conosciuto da Cipriani Foresio nella sfortunata avventura di Buonitalia, la società di promozione del made in Italy alimentare voluta dal governatore del Veneto Luca Zaia nel 2010 e fallita dopo un paio di anni. Fa parte della squadra italiana anche Mattia Mor, l’ex Grande Fratello ora in ascesa nel Partito democratico che è responsabile europeo di Mei.com, il sito di ecommerce del lusso di Alibaba, destinato solo al pubblico cinese al momento.

Alla società cinese l’Italia non interessa però solo in chiave di fornitore, ma soprattutto di cliente. Cioè di consumatore. Obiettivo: conquistare il nostro mercato attraverso il sito internazionale di vendite Aliexpress, dedicato ai mercati internazionali, che inizia già a macinare i suoi primi successi europei, stando almeno a quanto ha detto all’Espresso la società: «Aliexpress, che ha raggiunto i 100 milioni di utenti nel mondo, sta diventando un sito di successo anche in Italia. Grazie soprattutto al passaparola, vediamo ancora grandi opportunità di crescita e faremo ancora grandi sforzi per fornire ai consumatori i prodotti e i servizi che credono».

Quanti siano i consumatori italiani, cosa comprano e quanto spendono, è un segreto custodito gelosamente da Alibaba, ma una cosa è subito chiara se si fa un giro sul sito: i prezzi sono talmente stracciati da sembrare inverosimili. Orologi da polso a 2 dollari, telefonini a 13, abiti da donna dai 7 dollari in su, scarpe da uomo tra i 10 e i 15. Com’è possibile? «Aliexpress è un intermediario puro tra venditori e acquirenti», spiega la società. «I prezzi concorrenziali derivano da produttori che vendono grandi volumi di merci, soprattutto di abbigliamento, gioielleria e accessori, e che per questo motivo possono abbattere i costi, inclusi quelli di trasporto. Inoltre il commercio su Aliexpress taglia gli intermediari e questo consente prezzi concorrenziali. E i clienti insoddisfatti possono sempre aprire una procedura per rinviare la merce al mittente».

Aliexpress promette bene, ma stranamente non è ancora pubblicizzato in Italia: quasi che fossimo in una fase “beta”, sperimentale, in vista di un lancio vero e proprio. Con ogni evidenza il competitor contro cui punterà è l’americana Amazon, che finora si è affermato come numero uno in Occidente, senza veri avversari.

Intanto la guerra tra i due colossi è scesa anche sul terreno delle catene di distribuzione fisiche. Amazon è diventata proprietaria del gruppo alimentare Usa Whole Foods mentre Alibaba ha risposto comprando il 36 per cento della catena Sun Art Retail - e diventando così socio del gruppo francese Auchan. Lo scontro sul mercato fisico arriverà anche in Italia? Bisogna interrogare l’oracolo cinese. Nel frattempo non resta che pedalare.