Il Covi, comitato speciale post pandemia del Parlamento Europeo, sostiene che l’Europa ha mancato di trasparenza sui vaccini e che serve un’infrastruttura pubblica europea per la ricerca sulla salute nell’interesse pubblico

Dopo lunga gestazione, il Covi, il comitato speciale creato dal Parlamento Europeo, ha approvato il rapporto sulle lezioni da trarre dalla pandemia e sulle raccomandazioni per il futuro. Il testo è programmato per la discussione in plenaria al Parlamento europeo l’11 luglio prossimo.

 

Ho letto con interesse questo lungo testo, avendo contribuito come esperto indipendente agli studi di supporto, preparati con Chiara Pancotti, Simona Gamba e altri colleghi.

 

Anche se il rapporto non ha un valore legislativo, potrebbe avere un impatto su vari piani: la revisione della legislazione europea sui farmaci, l’ambizione a creare un’Unione Europea della Salute, le iniziative della Commissione e di altre istituzioni quali Ema, Ecdc e la neonata Autorità per le emergenze (Hera).

 

Il Rapporto afferma con una certa chiarezza che ci sono stati problemi di trasparenza e di coordinamento sui vaccini e che occorre investire maggiori risorse pubbliche condizionandole al “massimo ritorno pubblico, alla disponibilità e accessibilità delle medicine e di altre tecnologie sanitarie”. In questa prospettiva si chiede alla Commissione Europea e agli Stati Membri, fra molte altre proposte, di creare un’infrastruttura pubblica pan-Europea per la ricerca sulla salute che “operi nell’interesse pubblico per produrre medicine di importanza strategica per le cure sanitarie, nell’assenza di una produzione industriale”.

 

Finalmente parole chiare sul fatto che non si può delegare “tutto” alle imprese orientate al profitto, in qualche modo nella direzione suggerita come riflessione dai nostri studi per il Parlamento Europeo sulla ricerca e sul mercato del farmaco.

[[ge:rep-locali:espresso:406642284]]

In secondo luogo, si chiede alla Commissione di rivedere la nuova Health Emergency, Preparedness and Response Authority (HERA), oggi nulla più che un direttorato della CE, con un bilancio inadeguato, una missione non ben definita, senza una vera autonomia e con procedure di acquisti non trasparenti. Occorre quindi creare un’istituzione comunitaria più ambiziosa. Non posso che essere d’accordo.

 

A fronte di questi messaggi chiari, ho trovato contraddittoria la difesa dell’attuale regime dei brevetti sui farmaci, con un fraseggio che talvolta sembra scritto sotto dettatura della lobby del settore. Un esempio: “Si nota che il sistema di protezione dei brevetti incentiva le imprese a investire in innovazione e a produrre nuovi strumenti che dovrebbero (should) essere al servizio dei cittadini e promuovere l’interesse pubblico”. Una proposizione senza senso, dato che il sistema dei brevetti serve a stabilire un monopolio legale sulle innovazioni sviluppate dalle imprese, che hanno obiettivi di profittabilità e non di interesse pubblico. Subito dopo, infatti, lo stesso paragrafo osserva che i meccanismi di esclusione che derivano dai brevetti possono ridurre l’offerta di mercato e l’accessibilità. Da una parte si dice poi che una sospensione temporanea sui brevetti durante una pandemia dovrebbe essere considerata dalle procedure dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, ammettendo che è stata conseguita largamente con finanziamenti e ricerca pubblica, dall’altra ci si affanna a dire che tutto va bene in un sistema che privatizza la conoscenza.

 

Eppure sappiamo qual è il costo sociale di non avere avuto un vaccino Covid 19 come bene pubblico globale. Ce lo suggerisce la stima recente di The Economist: nei paesi ricchi dal gennaio 2020 al maggio 2023 la mortalità “in eccesso” è stata di 3,8 milioni, nei paesi poveri di 17,9 milioni. Anche se non tutta la mortalità anomala va attribuita direttamente alla pandemia, resta il fatto che in Europa e negli Usa abbiamo pagato 20 dollari a dose vaccini che ne costano 2 e la cui ricerca è stata finanziata dai contribuenti, escludendo il resto del mondo. Mi auguro che il Parlamento Europeo in occasione della plenaria abbia uno scatto di autonomia e, ribadendo la necessità di un’infrastruttura pubblica no-profit per la ricerca biomedica nei campi inadeguatamente coperti da Big Pharma, cancelli quelle ‘frasette’ sui brevetti, che meritano una riflessione più seria ed equilibrata.

 

Massimo Florio è professore di Economia all’Università di Milano e membro del Forum Disuguaglianze e Diversità

 

In occasione della discussione e del voto al Parlamento europeo del Rapporto sugli insegnamenti tratti dalla pandemia di Covid-19 e sulle lezioni per il futuro, (attualmente programmato per l’11 luglio), il Forum Disuguaglianze e Diversità ha lanciato con un documentario la campagna “Salute bene comune” per portare all’attenzione degli europarlamentari l’urgenza di orientare maggiormente la ricerca nell’interesse pubblico e al tempo stesso sensibilizzare tutti i cittadini e le cittadine su un tema così cruciale, invitandoli a scrivere ai loro rappresentanti e a firmare una petizione a sostegno della proposta di creare un’infrastruttura pubblica europea autonoma e senza finalità di profitto per lo sviluppo di nuovi farmaci e vaccini, idea avanzata dal Forum nel 2019 e adesso contenuta nel Report elaborato dalla Commissione COVI che arriverà in plenaria tra pochi giorni.