È morta a 85 anni la presidente onoraria di Agedo. Dopo il coming out del figlio una vita al fianco della comunità. Dagli incontri con il Presidente Napolitano agli scontri con Silvio Berlusconi

«Mio figlio mi aveva confessato che era gay e io non potevo permettermi del disorientamento, l'amore di mamma non mi dava scampo». È morta oggi a 85 anni, Rita De Santis, dopo una breve malattia. Presidente di Agedo, l'associazione di genitori Lgbt, attivista storica per i diritti del movimento arcobaleno. Nel 1982 il coming out del figlio che la porta a lottare, senza sosta per i diritti di tutta la comunità.

 

«È stata fino all'ultimo una combattente indomita, curiosa, appassionata con moltissimi interessi sociali e culturali e che molti di noi ricordano per l'empatia e l'esempio mai venuti meno», ricorda Fiorenzo Gimelli, oggi presidente di Agedo Nazionale

 

Mamma Rita era un punto di riferimento per la comunità arcobaleno, sempre presente, sempre lì a indicare il punto esatto dove ripartire. Dai Pride alle piazze per i Pacs, i Dico, le unioni civili, il ddl Zan. Più di trent’anni di storia, scontri e battaglie. Dal 2007 al 2013 ha guidato Agedo, Associazione di genitori di omosessuali, di cui è diventata la presidente onoraria. Una donna di ferro che sorrideva sempre. Ogni sua parola risuona ancora, esatta, dolce e gentile, sapiente.

Il momento in cui cambia tutto
La sua battaglia inizia quando si separa dal marito. «Avevo cinque figli, uno di pochi mesi, gli altri di sette, undici, dodici, quindici. Chiesi al giudice della separazione che i figli dovevano essere affidati tutti a un coniuge. Mio marito non li voleva. E così diventai capofamiglia di un nucleo di cinque maschi». Rita De Santis era di origine molisana, tre figli nati in Calabria, uno a Chieti, e un altro a Napoli. Dopo il divorzio decide di andare al Nord. «Parto per mettere una distanza da Napoli e ricominciare con i miei cinque ragazzi. Scelgo il Nord immaginando che per loro sarebbe stato meno difficile trovare lavoro. E in qualità di insegnante di filosofia, con specializzazione in filosofia delle Scienze, chiedo il trasferimento. Ottengo un posto in provincia di Brescia».
«Ho sempre preferito il dialogo al comando. Eravamo alla fine degli Settanta, il terrorismo e la diffusione delle droghe erano trappole in cui i ragazzi potevano cadere. Decido di parlare in ogni occasione per creare quei legami che avrebbero resistito a ogni minaccia». Ci riesce, i figli crescono uniti. In casa parla di emozioni, sessualità  cultura e politica. Alla vigilia dei diciotto anni, Francesco, undicenne al momento della separazione tra i genitori, le scrive una lettera. «Mi sono innamorato di Denis, ho paura che questo mi divida dai miei fratelli, che loro possano non capire». Denis...«All'inizio mi sembra il nome di una ragazza, e leggendo la lettera mi chiedo: ma se parla d'amore perché sembra così disperato? E come scrive male! È disortografico. Ha accordato tutti i pronomi al maschile...». Poi, con la lettera in mano, Rita si ferma. Riflette. Denisè il nome di un ragazzo. Si apre allora dentro di lei il sentiero del rammarico, quella fitta di specialissimo dolore che può colpire i genitori.

«Abbiamo sempre parlato di tutto e io non mi sono accorta di nulla, non ho avuto nessuna intuizione. Ma dov'ero io mentre mio figlio soffriva? Rifletto ancora. La società non ci istruisce. Per noi i figli sono tutti etero, fino a quando l'omosessualità non ci tocca direttamente. Allora li chiamiamo diversi. Ma non c'è nessuna diversità, nessuna enormità. È amore e basta».

Rassicura Francesco. «Riunirò i tuoi fratelli, non temere. Nella nostra famiglia non cambierà nulla». Rita Riflette. «Il coming out di Francesco non era rivolto a me, sapeva che da me sarebbe stato accolto, ma era rivolto alla famiglia, lui non voleva nessuna spaccatura. Allora parlo con i miei quattro, li trovo un po' perplessi, presi da quel disorientamento che io non mi ero permessa, perché l'amore di mamma non mi dava scampo».

Il nuoro
Francesco intanto va a vivere in Liguria, e poi si trasferisce a Londra. Rapito dalla passione degli aerei. E torna a casa con il suo nuovo amore, Robert. Rita prepara i suoi ragazzi. E intanto pensa: come lo presenterò in famiglia? Cosa dirò alla nuora dell'altro figlio, alla mamma di lei? Chi sarà per loro Robert?

«Nella mia famiglia avevano tutti una collocazione, persino il patrigno, Robert invece non aveva un nome, oltre a quello di battesimo. E da qui nasce una mancanza. Se non sei nominabile, non esisti in società. Non tanto nel rapporto a due, ma nella famiglia più allargata che è già una società. Allora lo chiamai dinanzi a tutti: mio nuoro». Era un altro mondo dove i legami tra le persone dello stesso sesso non venivano riconosciute, ma osteggiate. Su questo scrive un libro. Il nuoro.  Illumina l'orizzonte sociale, ove senza nomi,anche la vita più giusta e intensa, rischia di diventare uno zero. Poi Robert e Francesco si separano. E per qualche tempo di Robert Rita non sa nulla. Finché arriva una telefonata. Un interprete l'invita a un incontro con i genitori di lui. Robert è morto, ma nel testamento ha lasciato le sue volontà: desidera che «Il nuoro» venga pubblicato. Il libro vede la luce. Attraverso quelle pagine Rita e Robert continuano a parlare, questa volta al mondo. «Quando nel ‘96 vado a Milano per saggiare la distribuzione del libro, incontro Paola Dall'Orto ed entro in Agedo». Paola Dall'Orto ha fondato e presieduto l'associazione con coraggio e illuminazione. Rita accetta. Per quel mandato che Robert le ha lasciato in eredità. «Rita, ti prego, dialoga con il mondo. In nome dei tanti amori senza nome». Continuerà per tutto il resto della sua vita. In nome di Robert. 

La mamma di tutte le persone Lgbt
De Santis incontrò il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e con quello della Camera Gianfranco Fini, primo incontro istituzionale in occasione della giornata mondiale contro l’omotransfobia. A livello internazionale riuscì a instaurare rapporti con alcuni testimoni delle persecuzioni verso le persone LGBT in Uganda e con Ivan Zamudio in Cile in memoria del figlio Daniel barbaramente ucciso per via della sua omosessualità. Nel 2010, dopo una battuta omofoba di Silvio Berlusconi - «meglio essere appassionati di belle ragazze che gay»  si scontrò apertamente con l’allora Presidente del Consiglio:  «Ho un figlio gay e ne sono fiera e come me tantissimi genitori lo sono, in barba alle sue dichiarazioni e del consenso che gode presso alcuni parlamentari e presso una parte della Santa Madre Chiesa. Spero che l’Europa illuminata che ha fatto dei gay motivo di orgoglio sappia sanzionarla laddove io posso solo cercare di non farla rieleggere mai più».

 

«Io mi sento la mamma e l’insegnante di tutte le persone Lgbt che ci sono in Italia, mi assumo una responsabilità davanti a loro e chiedo anche al resto della società di farlo: non si può relegare in un Lager 6 milioni di persone», diceva spesso Rita. «Perché è così che vivono gay, lesbiche ed eterosessuali in Italia. Non sono tutelati né dalla scuola, né dalla Stato, né dalla Chiesa e spesso nemmeno dalla famiglia. Hanno gli stessi doveri, ma non pari diritti. La scoperta della propria identità di genere e dell’orientamento sessuale avviene in una fase delicata, quella dell’adolescenza e spesso i ragazzini si trovano ad affrontare tutto da soli. Siccome non prendono parte ai corteggiamenti ai compagni del sesso opposto sono esclusi o derisi; le insegnanti non hanno le competenze e le conoscenze per aiutarli e i genitori molto spesso non sospettano nulla. Vivono in un vortice di solitudine e isolamento per molto tempo e chi non è abbastanza forte arriva a pensare di togliersi la vita e in alcuni anche a farlo».

Rita adesso è andata via ma resta nelle storie, nella storia del movimento e nelle vite della comunità Lgbt. «Una delle persone più dolci, determinate e coraggiose che abbia mai incontrato. Nel 2012 mi diede l'ultima spinta a fare coming out con i miei, e dopo aiutò mia madre nella creazione della sezione Agedo di Novara. L'impatto del suo attivismo è incalcolabile», racconta Alessandro. Fiorenzo Gimelli aggiunge: «Il suo percorso ha lasciato il segno in molti e che proseguiremo le battaglie comuni con la stessa convinzione».