Hanno paghe che consentono a stento la sopravvivenza e in tanti casi arrivano anche in ritardo. L’Espresso racconta il lavoro povero: inviateci le vostre storie sui social o a dilloallespresso@lespresso.it

950 euro per soli 9 mesi. Nessuno stipendio durante l’estate, quando le scuole sono chiuse. «La prima paga completa, in realtà, la riceviamo a novembre, relativa al lavoro svolto il mese prima», racconta Enrico, autista di scuolabus da 24 anni. «Siamo impegnati tutto il giorno dalle sette di mattina alle cinque di pomeriggio, con un paio d’ore di pausa in tarda mattinata che, però, non sono abbastanza per svolgere un altro lavoro. Portiamo in classe gli studenti delle scuole materne, elementari e medie, abbiamo la loro responsabilità quando sono a bordo, di circa 200 bambini al giorno. E anche quella del mezzo, qualsiasi danno ci viene imputato in percentuale in base al contratto di lavoro. Ma non ci viene riconosciuto niente di tutto questo. Il contratto nazionale a cui facciamo riferimento è quello degli autoferrotranvieri. Non ne abbiamo uno nostro. Oggi, con il costo della vita che aumenta, è impossibile andare avanti a queste condizioni: chiediamo almeno che ci venga pagato lo stipendio durante l’estate. Come giustamente avviene anche per gli altri lavoratori della scuola con contratto a tempo indeterminato. Siamo un servizio essenziale per la cittadinanza».

 

Come Enrico sono molti gli autisti di scuolabus, in Italia, nelle stesse condizioni. Paghe basse che consentono a stento la sopravvivenza. Che in tanti casi, testimonia la cronaca locale, arrivano anche in ritardo. A Teramo, in Abruzzo, denuncia la Filt Cgil: «I dipendenti della ditta che ha vinto la gara d’appalto con il Comune sono rimasti senza stipendio a ferragosto», quello, però, che aspettavano da giugno. E manca anche il Tfr. Il problema va avanti da tempo, tanto che il Comune ha deciso di non prorogare l’affidamento. Ma i ritardi nei pagamenti delle mensilità si verificavano anche prima, con le altre imprese. Ecco perché Cgil chiede alle istituzioni di valutare la possibilità di riappropriarsi del servizio in modo diretto, facendo marcia indietro sull’esternalizzazione.

 

«Lo stesso problema c’è anche nelle città di Pesaro e di Fano», spiega Luca Polenta, segretario generale della Filt Pesaro Urbino: «Da molti mesi ormai succede che i dipendenti dalla ditta Scoppio, che gestisce il servizio scuolabus, non ricevono lo stipendio il giorno in cui dovrebbero. Di solito, però, non appena il Comune manda all’azienda la lettera in cui intima di pagare gli stipendi, entro 15 giorni i soldi arrivano ai lavoratori. Così il ritardo medio è di circa 7-10 giorni». Questa volta, però, qualcosa è andato più storto del solito. E circa 40 lavoratori non ricevono lo stipendio da giugno. «È impossibile vivere così», spiega uno di loro che preferisce restare anonimo. «Sto cercando un altro lavoro. Come me anche altri colleghi vorrebbero non tornare a settembre. Così il servizio scuolabus è a rischio e i genitori degli studenti sono preoccupati per chi verrà dopo di noi, se qualcuno verrà».

 

Mario, nome di fantasia, al contrario di Enrico, ha un contratto a tempo determinato, che scade a giugno. E che oggi anno, grazie alla clausola sociale, gli viene rinnovato con l’inizio della scuola: «Ho uno stipendio di circa 1100 euro per nove mesi l’anno, lavoro 6 giorni su 7 con turni che vanno dalle 4 alle 6 ore a giornata. Durante l’estate percepisco il sussidio di disoccupazione. Quello almeno arriva puntuale», scherza con amarezza.